Orrore Puppy Mills non solo Est Europa, allevamento-lager sequestrato nell’anconetano

Lo sviluppo di un focolaio di brucellosi nell'allevamento è inoltre la dimostrazione che le violazioni dei diritti animali si ritorcono anche contro di noi

Photo by ilrestodelcarlino.it


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Quando si parla delle famigerate puppy mills, gli allevamenti intensivi di cuccioli di cane cresciuti come polli in batteria, si pensa che siano una triste realtà dell’Est Europa o degli Stati Uniti. Oggi invece la brutta notizia arriva dall’Italia, di solito destinataria di centinaia di migliaia di cuccioli di “pseudo-razza” e da una Regione conosciuta per le politiche virtuose sul randagismo: le Marche.
Le immagini dell’allevamento di Trecastelli, una località a 40 km da Ancona, stanno facendo il giro del web: l’abbaio incessante degli 859 cani, evidentemente non socializzati e spaventati, e le decine di trasportini impilati suscitano sconcerto. Come è possibile che una struttura denunciata nel 2016 per irregolarità nella gestione degli scarichi fognari, e destinataria nel 2018 di un’ordinanza restrittiva, autorizzata per un massimo di 61 cani, abbia continuato ad ingrandirsi senza che nessuno la fermasse? Chi avrebbe dovuto controllare mentre i cani passavano da 50 a 850?


Non è escluso che una risposta arrivi nelle prossime ore dalla Procura di Ancona, che ha già indagato 5 persone, ma quesiti che pongono per l’ennesima volta il problema della vigilanza da parte delle autorità veterinarie nel nostro paese. Si, perché la segnalazione ai Carabinieri del Nucleo Forestale non è partita dai veterinari preposti al controllo dell’allevamento ma dell’Associazione Amici Animali di Osimo, che ha raccolto le testimonianze di coloro che erano entrati in quel lager. “Negli anni sono stati accumulati centinaia di cani che i titolari non sono riusciti a vendere a causa di difetti fisici – commenta la presidente Manuela Pallotta – e non essendo sterilizzati, hanno iniziato a riprodursi dentro all’allevamento. La situazione è poi completamente sfuggita di mano”.

Ciò che ora impedisce lo spostamento degli animali in altre strutture delle Marche è un’epidemia di Brucellosi, una malattia trasmissibile all’uomo (zoonosi) che va curata sul posto e che impedisce di affidare gli animali alle associazioni protezionistiche. L’ennesimo sequestro, dunque, in cui gli animali restano lì, in mano a chi li ha gestiti in modo scellerato, e un’epidemia di brucellosi che al momento è l’unica registrata in tutta Europa. Qualcosa di cui la locale ASL non può certo andare fiera, dal momento che in pericolo non c’è solo la vita di centinaia di cani ma potenzialmente anche la salute dei coloro che sono entrati nell’allevamento.
Nonostante i cani abbiano bisogno di cure, il telefono di Manuela Pallotta ha iniziato ben presto a squillare all’impazzata: “Mi lascia senza parole che poche ore dopo la diffusione della notizia – commenta avvilita – la nostra associazione sia stata sommersa da centinaia di richieste. Noi volontari promuoviamo senza sosta cani di ogni tipo, tutto l’anno, ma sembra che di fronte a barboncini, chihuahua e maltesi la gente impazzisca. Gli italiani continuano ad essere vittime delle mode, è davvero sconfortante”.
Si stima che siano circa 300.000 all’anno i cuccioli provenienti dall’Est Europa smerciati in Italia tra internet e negozi, 8 milioni in tutta Europa. Mancano dati ufficiali sulle vendite degli allevatori italiani. Una cosa è certa però: le associazioni aspettano da anni e con trepidazione che la vendita di animali nei negozi venga vietata – come è già avvenuto in altri paesi europei più civili – e che ci sia una stretta sull’allevamento di cani e gatti, il cui benessere viene troppo spesso calpestato in nome del profitto. Ma si sa: gli animali sono sempre fanalino di coda nelle agende di Governo. “Prima gli umani”.  Peccato che poi, da Trecastelli, parta un’epidemia di brucellosi pericolosa per la nostra salute, a dimostrazione che le violazioni dei diritti animali si ritorcono – inevitabilmente – contro di noi. Coronavirus docet.