Pinocchio – Ci prova anche Matteo Garrone

Matteo Garrone approccia la favola di Collodi: vuole dire la sua in proposito. Forte dell’entusiasmo ricevuto per il suo Racconto dei racconti, il regista proverà a fare una trasposizione di Pinocchio che riesca ad annullare il ricordo negativo di precedenti disastrose esperienze italiane in proposito. Ma il rischio è in agguato.


INTERAZIONI: 7

Cosa dovremmo aspettarci dal futuro Pinocchio di Matteo Garrone? Tutto e niente potrebbe essere la risposta più banale e inutile, ma sicuramente anche quella più istintiva. Il fatto è che della celebre favola di Pinocchio ormai ne abbiamo viste di versioni, sia animate che in live action. Ed altre ancora ne vedremo: al momento si sa di due versioni live-action, una targata Disney e un’altra firmata da Ron Howard che ha sostituito Paul Thomas Anderson con Robert Downey Jr. nei panni di Geppetto. Il burattino di legno più famoso del mondo è sempre un ever green insomma.

Con questa new entry di Garrone però, inutile negarlo, un po’ le vene ai polsi a molti tremano. Essenzialmente per due motivi: primo fra tutti i fallimenti di italiche produzioni che hanno drasticamente azzerrato le velleità prima di Francesco Nuti (con Occhio Pinocchio nel lontanissimo 1994) e poi del più “recente” disastro firmato da Benigni, che con la sua versione della favola di Collodi ridimensionò esponenzialmente gli entusiasmi dei precedenti Oscar de La vita è bella, meritandosi addirittura più nomination per i famigerati razzie awards (quella sorta di Oscar all’incontrario per le “ciofeche” più eclatanti). Insomma per ripescare alla memoria immagini più o meno degne e sicuramente cariche di emotività a riguardo del caro burattino, in Italia bisogna risalire al Pinocchio di Nino Manfredi/Geppetto, Gina Lollobrigida/fata Turchina e Andrea Balestri burattino in carne e ossa.

Dicevamo del secondo motivo per il quale si teme un po’ a riguardo di questo progetto di Garrone: è Garrone stesso. Nel senso che il regista ultimamente pare aver (secondo alcuni egregiamente) virato verso un immaginario prettamente fiabesco; operazione non da poco se si considera poi il cambio radicale di ambientazione partendo da Gomorra e Reality.

Anche se, ad onor del vero, questa virata repentina e sicuramente coraggiosa ha per il momento delle solide premesse, testimoniate da Il racconto dei racconti e dal suo bottino di riconoscimenti ufficiali (un Globo d’Oro, 3 Nastri d’argento e 7 David di Donatello, tra i quali quello per la miglior regia). Che sia stato appunto anche questo recente successo a far optare per la costruzione di una Garroniana versione della favola di Collodi è ovviamente più di un fondato sospetto con tutto il suo carico di logica sussistenza. Monta però, allo stesso tempo, l’ansia che l’eccesso di entusiasmo possa far perdere di lucidità necessaria per ottenere un buon lavoro cinematografico. Vedremo cosa ne verrà fuori; nel frattempo pare sia stato ufficialmente annunciata la partenza per il casting.

Roba da tenere d’occhio, poi valuteremo gli step di cui verremo a conoscenza, confidando in una fedele trasposizione del racconto originale, al di là dell’eventuale interpretazione. Anche perché, qui più che in altri temi, le bugie non sono ben accette. A prescindere dai nasi lunghi.