Abbraccialo per me – l’amore materno che sfida chiunque

Non è facile raccontare cosa e quanto ci possa essere di più negativo nel disagio psicologico di un bambino prima e di un ragazzo poi: il male di per sé, o una società che lo giudica a prescindere. Abbraccialo per me cerca di farcelo capire, mediando il racconto con l’amore di una madre che non si rassegna, con un sottofondo che confronta pregiudizi e punti di vista sul concetto di diversità


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Come si può descrivere il rapporto unico fra madre e figlio, se non ricorrendo a termini e sinonimi che possano ricondurre ad un concetto di amore, più o meno, incondizionato? Difficile farlo con esclusione di quest’ultimo punto centrale: quando si parla di figli, l’amore assoluto di una madre è imprescindibilmente il punto di partenza per discuterne in proposito. In questo contesto va collocato anche questo lungometraggio, che si presenta già come un lavoro che va al di là di considerazioni di mercato, box office, etc. Perché non è sicuramente un film commerciale e perché racconta una storia bella ma non facile da apprezzare.

Abbraccialo per me, è la storia di un bambino prima e di un ragazzo poi, preda di quel disagio mentale che viene catalogato come disturbo bipolare. Si chiama Francesco, Ciccio per gli amici, e la sua caratteristica è quella di essere molto vivace, nel suo modo di essere e anche nella sua passione musicale: Ciccio suona la batteria e lo fa con ardore e vemenza, in qualsiasi momento della giornata, anche di notte. La cosa non è ovviamente gradevole per i suoi vicini di casa e comincia a generare malumori e problemi anche in famiglia. Ma Caterina, la madre di Francesco, difende il figlio contro tutti e contro tutto fino a negare l’evidenza di problemi oggettivamente presenti nella psicologia del ragazzo; accade ciò mentre il padre Pietro, è arroccato su posizioni di gelosia per l’affiatamento madre-figlio. Ma fortunatamente la passione di Francesco per la musica risulterà essere, con il tempo, l’unica terapia valida perseguibile per tenere a bada la patologia del ragazzo: ad indicare la direzione giusta sarà Tania, sua sorella, che fra imbarazzi, qualche comprensione e accanimenti da parte di molti, comincerà ad intravedere barlumi di speranza per una normalità inseguita e difficile da percorrere. Sullo sfondo c’è una Sicilia bella come non mai, con tutte le sue sfumature nei paesaggi, nelle persone, nella percezione delle cose e degli umori.

Questa è una storia che dovrebbe piacere “quasi per obbligo morale” perché racconta di amore e diversità: c’è l’amore per antonomasia che è quello materno, ma c’è anche l’amore per la musica che è forte, curativo e universale. Poi c’è la diversità: quella forte che spesso genera contrasti, diffidenze, malumori, per non dire altro, di ben più grave. Ma è quella diversità che però se riconosciuta dalla giusta prospettiva, può innescare quei giusti processi di arricchimento e di valorizzazione, al di là di frasi fatte e concetti di circostanza, perché portatrice sana davvero di qualcosa in più, e non in meno, all’interno di una comunità. Sia essa semplicemente la famiglia, un paese, o uno stato. Sempre che si riesca a tener fermo come collante di partenza quel concetto di cui sopra: l’amore. Che è inclusivo. Di opinioni escludenti, quando se ne può, meglio farne a meno.
Il regista di Abbraccialo per me è Vittorio Sindoni; dirige un cast che comprende Stefania Rocca, Vincenzo Amato, Moisè Curia, Giulia Bertini, Paola Quattrini, Pino Caruso, Paolo Sassanelli, Luigi Diberti, Alberto Lo Porto, Rodolfo Baldini e Loredana Martinez. Il film esce nelle sale italiane il prossimo 21 aprile. A seguire trailer e locandina.
Trailer: