Basket: lezioni di vita a spicchi


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Besket
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Il basket spiega la vita meglio della filosofia. Lebron James (Miami) tira da tre meglio di Platone, Kobe Briant (Lakers) stoppa in testa a San Tommaso. Per non dire di Larry Bird (Celtics) che sul parquet era più convincente di Kant.

Ed io posso ben dirlo avendo durante gli anni del liceo classico frequentato tanto il parquet quanto la lettura dei tomi filosofici dai presocratici a Sartre. Il basket è lo sport, a mio giudizio, più filosofico ed esistenzialista. Si attacca e si difende tutti insieme. Nessuno può distrarsi un attimo. Nessuno può vincere una partita da solo, ma un campione può far la differenza. Non ci sono riserve senza speranza come quelle del calcio dopo che l’allenatore ha eseguito il terzo ed ultimo cambio. Sul parquet si entra e si esce in continuazione.

Ogni microsecondo si prendono decisioni coordinate e condivise che possono determinare l’esito della partita. Nel basket si può esser sotto di trenta punti ma in due minuti rimontare l’avversario e vincere la gara. E se non corri, salti, tiri meglio degli altri non hai nessuna speranza di vincere. Il basket è uno sport comunista ma anche liberale perché nella rigidità degli schemi sovietici può anche brillare la creatività dei neri americani. E tutto deve compiersi nel tempo massimo di 24 secondi mentre altri cinque mastini ringhiano contro di te.

C’è qualcosa che spiega meglio la vita? C’è uno sport più formativo del basket ? Peccato che nelle scuole sia negletto e trascurato. Peccato che nelle strade non ci siano più playground con le reticelle sospese. Qualche canestro in più consentirebbe a qualche ragazzo in mezzo di finire nel gorgo della droga e del disagio esistenziale.