Pericoloso o no il Wi-Fi per la nostra salute? L’ultimo studio

L'utilizzo del Wi-Fi potrebbe non rappresentare una pericolo per la salute umana: lo rivela lo studio del professor Kenneth R. Foster


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Il Wi-Fi costituisce un pericolo per la nostra salute? Il dibattito è sempre aperto, c’è poco da fare. Molti vi sarete chiesti e vi starete ancora chiedendo se è o meno il caso di spegnere tutte le vostre apparecchiature prima di andare a dormire, in modo da non correre rischi inutili. L’ultimo studio condotto da Kenneth R. Foster (docente emerito dell’Università della Pennsylvania, negli USA), e riportato sulle pagine di ‘educationnext.org‘, confuta la tesi secondo cui la connettività rappresenti una minaccia per gli esseri viventi. Se è vero che i device Wi-Fi incrementano l’inquinamento elettromagnetico, è altrettanto vero che il loro apporto in questi termini è di per sé trascurabile. Tali dispositivi trasmettono dati tramite lunghezze d’onda inferiori a quelle della luce, pertanto non si incappa nel rischio che le molecole organiche che compongono i tessuti umani ne vengano alterate. Ad ogni modo, il segnale prodotto da un router Wi-Fi non varca il limite dei 100mW (sembra essere così nella maggioranza dei casi), valore di molto al di sotto della soglia fissata come potenziale pericolo. In realtà sembra essere sufficiente mettere tra sé ed il router qualche centimetro o metro per vedere drasticamente ridotti tali valori (a due metri da 0.1W si arriva a 0.025W).

Volendo fare un esempio più pratico, bisogna pensare che l’insieme delle onde elettromagnetiche prodotte da un hotspot Wi-Fi nell’arco di un anno corrispondono a quelle di una telefonata cellulare di circa 20 minuti (un paragone che ci lascia chiaramente intendere il poco impatto generato da queste infrastrutture sulla nostra salute, che bisogna comunque preservare ad ogni costo). Il professor Kenneth R. Foster, per sgomberare il campo da eventuali dubbi restanti, ha precisato che i device Wi-Fi svolgono le proprie attività nello spettro delle microonde: in termini di input e potenze, un router può paragonarsi, tutt’al più, ad un singolo smartphone utilizzato all’interno di una stessa stanza.

Foster si è avvalso anche dei risultati di uno studio condotto da Lena Hedendahl, in base al quale la quota di esposizione a radiofrequenze dei soggetti presenti all’interno di un istituto scolastico con continuo utilizzo di apparecchiature Wi-Fi corrispondesse a quello intercettato all’esterno della scuola. Risultati sovrapponibili sono stati riscontrati da Elisabeth Cardis e da una cerchia di alcuni altri ricercatori dell’Università di Barcellona, che, dopo l’esposizione di 530 ragazzi circa hanno potuto calcolare livelli di radiofrequenze negli istituti scolastici raffrontabili od addirittura inferiori a quelli ravvisati in altri posti.

Un argomento ancora molto controverso, ed i cui punti di vista continuano a divergere con una certa insistenza. Non si possono certamente ignorare i risultati degli studi sopra menzionati, condotti da veri luminari del settore. In ogni caso, a meno di non poterne assolutamente fare a meno (come purtroppo sempre più spesso avviene in diversi ambienti), sarebbe comunque meglio tenersi al riparo da sorgenti superflue di onde elettromagnetiche, riducendo l’uso di apparecchiature mobili all’indispensabile (una corsa all’aria aperta gioverà di sicuro di più alla vostra salute, su questo sarete tutti d’accordo). Se avete domande specifiche da volerci fare, utilizzate il box dei commenti qui sotto.