L’uomo che non cambiò la storia – Enrico Caria racconta le memorie di Ranuccio Bianchi Bandinelli

Un film alla prossima 73sima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia per ricostruire un pensiero non concretizzatosi dello storico dell’arte Bandinelli. Ne L’uomo che non cambiò la storia c’è un’ipotesi che avrebbe voluto far svoltare certi eventi, per una fine diversa della seconda guerra mondiale. La storia ebbe però comunque ragione.


INTERAZIONI: 17

Non è il caso di addentrarsi in accese discussioni politiche, ma questo lungometraggio annunciato per la prossima 73sima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto – 10 settembre 2016), presentato in collaborazione con le Giornate degli Autori, inevitabilmente qualche opinione in merito la scatenerà. Si chiama L’uomo che non cambiò la storia ed è un film documentario incentrato sulla figura storica, e per alcuni aspetti controversa, dello storico dell’arte Ranuccio Bianchi Bandinelli. Bandinelli è, in sintesi, uno storico dell’arte di enorme spessore, che ha contribuito con vari studi ad alimentare l’interesse per l’archeologia italiana.

Tuttavia a ben indagare il suo nome non riporta alla mente solo gli studi inerenti l’archeologia. È infatti poco noto il fatto che lo storico studioso, costretto a fare da guida al Führer durante la sua prima visita in Italia, sia stato tentato dall’ipotesi di attentare in quella occasione alla vita dei due dittatori: ghiotta opportunità che avrebbe potuto spazzare via in una sola occasione due principali protagonisti della scena mondiale. Insomma una soluzione violenta per provare a svoltare verso una direzione che si auspicava diversa. Il tutto rimase solo una sorta di velleità rivoluzionaria, un inno imploso all’agire determinato, che per ovvie ragioni non si compì: Bandinelli fu quindi L’uomo che non cambiò la storia, o meglio, che non poté farlo in quel momento.

Tutto ciò è scaturito dai diari dello storico, ai quali è ispirata la stessa sceneggiatura del docu film. Resoconti di un trascorso politico non proprio semplice: Bandinelli aveva si prestato giuramento al fascismo (non era facile in quegli anni negarlo), ma dopo la guerra aderì al PCI: le sue idee in realtà entrarono in contrasto anche con alcune scelte degli stessi comunisti, evidenziando alla fine una libertà di pensiero dello storico avulsa dai legami ideologici, ma soprattutto partitocratici.

L’uomo che non cambiò la storia racconterà quindi, ipotizzerà, ma con un lavoro di finzione intarsiato però sull’accurata ricostruzione storica di Enrico Caria. Una regia che metterà in luce con dovizia di riscontri una sorta di aspetto ambivalente e apparentemente stridulo: da una parte le bellezze enormi della storia culturale e artistica dell’Italia, dall’altra la possente macchina da guerra, pretenziosa e invadente che si dispiegò in molteplici forme. Come sottofondo un’acuta ironia che enfatizza la brutalità dell’intelletto di una invadente presenza scenica: le figure sullo sfondo erano Mussolini e Hitler. Lo scenario era invece supportato da milioni di vittime.