Non è che la Monica Vitti comica nasca dal nulla, nel 1968, con La Ragazza con la Pistola, diretto da Mario Monicelli a partire da una sceneggiatura di Rodolfo Sonego (che però non amò il film). Tentativi ce n’erano già stati: a partire addirittura dal 1956, quando a teatro recitò, con notevole successo le Sei Storie da Ridere, atti unici da Feydeau, Ionesco, Roussin. A metà anni Sessanta, poi soprattutto Luciano Salce s’impegnò a svelarne il talento brillante: l’episodio La Sospirosa da Alta Infedeltà (1964), voluta presa in giro delle complicate donne antonioniane; Fata Sabina da Le Fate (1966), nel quale dopo essere sfuggita a degli spasimanti importuni è Monica Vitti a mettersi all’inseguimento del “salvatore” Enrico Maria Salerno; e poi Ti Ho Sposato per Allegria (1967), dalla pièce di Natalia Ginzburg, dove la Vitti mostra già la sua comica inadeguatezza di donna negata come tradizionale angelo del focolare.
Su di un altro versante c’era stato pure, nel 1966, il singolare esperimento camp e pop di Modesty Blaise, sorta di parodia di 007 in gonnella e con la direzione del cerebrale maestro Joseph Losey, in cui la Vitti passa attraverso mille acconciature e cambi d’abito, nonché, appunto, armata, volitiva ed emancipata. Nonostante tutto, però, la leggenda vuole che La Ragazza con la Pistola arrivi nel 1968 all’improvviso, intercettando lo spirito nuovo dei tempi e marcando un segno di discontinuità nella storia dell’emancipazione femminile.
E comunque è vero, come sottolineò lo stesso Monicelli, che quel film rappresentò un “vero sconquasso”, per l’enorme successo di pubblico, quasi due miliardi d’incasso, e una fama che varcò i confini nazionali, guadagnandosi anche una nomination all’Oscar per il miglior film straniero (una delle sue sei candidature di un premio che non vinse mai). È con questo film, insomma, che Monica Vitti diventa stabilmente l’unica “colonnella” di un genere, la commedia all’italiana, maschile e maschilista, diretta e scritta da uomini (Risi, Comencini, Monicelli, Germi, e Scola, Age, Scarpelli, Sonego), e ancor più interpretata da uomini (Sordi, Gassman, Tognazzi, Manfredi e il colonnello spurio Mastroianni) che incarnano le sfide, i successi, più spesso le angosce e i fallimenti dell’Italia del miracolo economico, offrendone un ritratto singolarmente agrodolce tra commedia e tragedia.
Era stato proprio questo uno degli aspetti più problematici che aveva impedito alle donne di conquistare una centralità nel nuovo genere destinato a diventare super-genere del cinema italiano. La difficoltà cioè di trovare una donna capace di essere interprete a tutto tondo, in cui gli accenti comici non la relegassero all’eterno ruolo di seconda fila della caratterista (quelle già c’erano, Titina De Filippo, Ave Ninchi, Bice Valori, Tina Pica, somaticamente condannate a restare un passo indietro rispetto ai protagonisti maschi).
Monica Vitti fu la risposta: sottratta agli ombrosi ritratti dell’incomunicabilità e dell’alienazione di Michelangelo Antonioni – attraverso i quali però aveva sperimentato altri e nuovi modi di essere donna, più sintonizzati sugli interrogativi materiali ed esistenziali dei tempi nuovi –, e trasformata, o meglio finalmente rivelatasi, quale “fatalona comica” (parole di Monicelli), in grado di far ridere con il suo volto, senza interventi posticci che la imbruttissero e rendessero grottesca. Una donna che ha tutta la sfavillante e moderna bellezza della Vitti – filiforme, bionda, con la voce roca, tratti lontanissimi dal modello monodimensionale (e maschilista) della maggiorata fisica delle Loren, Lollobrigida, Pampanini della generazione precedente –, e allo stesso tempo, a partire da e non contro questo dato, irresistibilmente divertente.
A Monicelli con la Assunta Patané de La Ragazza con la Pistola riesce lo stesso gioco di prestigio del Vittorio Gassman de I Soliti Ignoti. Però, per far digerire Gassman ai produttori che non lo volevano, gli dovette cambiare i connotati e mettergli accanto attori di sicuro richiamo, da Totò a Mastroianni. La Vitti invece resta la Vitti. Certo, in versione bruna e ineditamente siciliana: queste modifiche però non mirano a caratterizzarla caricaturalmente, bensì servono a esasperare, all’interno del racconto, lo scontro di civiltà tra mondi diversi, quello insulare e tradizionalista da cui proviene Assunta e quello anglosassone, prima in Scozia e poi nella swinging London, in cui si trova catapultata per cacciare e uccidere il fedifrago “Macaluso Vincenzo” (Carlo Giuffrè, che ripeterà mille volte lo stesso ruolo) che l’ha disonorata.
“A me interessava fare un contrasto più violento possibile – sottolineò Monicelli – Naturalmente una ragazza che venga dalla Sicilia può trovare un contrasto di mentalità, può modificare la propria mentalità anche andando nel Nord dell’Italia, non c’è bisogno nemmeno che vada in città come Milano e Torino, se va a Biella o a Novara trova costumi e modi di vedere la vita diversi. Però io volevo che la cosa fosse ancora più drastica. Cioè, volevo che ci fosse anche una lingua diversa, poi anche modi propri di vivere, di mangiare, di salutarti”.
E così, ne La Ragazza con la Pistola, Assunta vive lo shock culturale di un mondo altro, nel quale arriva con la sua lunga e punitiva treccia di capelli corvini – che diventa occasione di gag eminentemente fisiche, che sempre più spesso a partire da questo film costituiranno il bagaglio attoriale di un’interprete che diventa sempre più colorata nei suoi accenti, insieme sensuali e goffi, secondo una ricetta tutta sua e quasi inimitabile. Una treccia che a un certo punto dismetterà, provando nuove acconciature e abiti (soprattutto il trench in vinile che segna l’inizio della metamorfosi), ma ancor più studiando l’inglese e, finalmente, conquistando l’autonomia attraverso il lavoro.
Come scrive lo storico del cinema Gian Piero Brunetta, “su Assunta si assiste agli effetti del miracolo economico, con uno slittamento dalla società patriarcale a quella dei consumi”. Ed è grazie al corso accelerato di modernità oltremanica che la donna, e con lei un’intera generazione di donne, trovano la via dell’emancipazione, che non passa più tramite il rapporto obbligato col maschio del quale si è oggetto sottoposto. Il passaggio non è né semplice né indolore: lo testimoniano i continui incubi a occhi aperti di Assunta, che s’immagina svillaneggiata davanti al cupo tribunale di donne siciliane in gramaglie che la giudicano inappellabilmente.
Ma è comunque un percorso da cui non si torna indietro. Un viaggio in Inghilterra che quasi ribalta il viaggio in Italia rosselliniano di quindici anni prima. Lì una coppia di posati borghesi britannici di fronte all’esplosione di vitalità ed emozioni del Sud Italia vede esplodere, e poi ricomporsi, la crisi del proprio stanco ménage. Qui invece Assunta, in un mondo con regole più civili e uno spirito più sobriamente laico trova modo di affrancarsi dai mortificanti rituali patriarcali della sua terra.
La Ragazza con la Pistola è soprattutto un itinerario attraverso il desiderio femminile. Il suo personaggio è ingabbiato dentro un insieme di regole ipocrite che la obbligano, per ottenere il sesso cui pure anela, ad accettarlo solo dopo essere stata aggredita dal maschio. Nella sua nuova dimensione, invece, Assunta scopre di poter accedere al sesso senza dover rispettare dei codici sociali predeterminati e costruiti intorno alla gerarchia del maschio-soggetto e della donna-oggetto. Il che si traduce nella possibilità di viversi il desiderio, come donna libera e soggetto di sé stessa, come in maniera quasi didascalica racconta il finale del film, che costituisce la definitiva resa dei conti, non tanto con Macaluso Vincenzo, ma con un intero antiquato modello culturale.
È così che, come ha detto la studiosa Veronica Pravadelli, Monica Vitti diventa “l’immagine della modernità”: per la donna di nuovo conio che racconta e per il modo in cui lo fa, nell’autonomia di una tastiera espressiva insieme comico-drammatica che s’inventa quasi da sola, in assenza di attrici che le assomiglino (poi arriveranno, Mariangela Melato su tutte), grazie alla quale definisce un diverso modo di essere donna.