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“Io sono Fedra” da Euripide, riscrittura di Marina Salvetti e regia di Gianmarco Cesario: assolutamente da vedere

Uno spettacolo bello e di grande impatto: le voci dei protagonisti sono nette, una scenografia essenziale e una regia asciutta non danno spazio a sbavature

di Diletta Capissi
27/02/2023
INTERAZIONI: 175

INTERAZIONI: 175

Bella e di grande impatto. Così si presenta “Io Sono Fedra” lo spettacolo nella riscrittura della tragedia di Euripide a cura di Marina Salvetti e la regia di Gianmarco Cesario, con interpreti Titti Nuzzolese, Antonio Buonanno, Errico Liguori e Antonello Cossia e gli allievi dei laboratori del Tram.

La contemporaneità è di scena al Teatro Tram benché si tratti dell’antica figura di Fedra, come tratteggiata da Euripide ma anche da Seneca e da Racine. Tuttavia diventa contemporanea grazie alla riscrittura di Marina Salvetti e la personale e intensa interpretazione di Titti Nuzzolese così moderna e palesamente combattuta tra Chiara, con la sua nuova dimensione, che si affianca a quella di un tempo di “Fedra” dal passato non specchiato ma che raffiora perché scatenata da un sentimento puro verso Ippolito, il giovane seminarista. Già, perché la tragedia si svolge in un seminario e non a Trezene, la città del Peloponneso dove è ambientata la versione originaria della storia, ed è tra quelle mura religiose che Fedra viene accolta e ritrova se stessa nella veste di direttrice. È una dimensione “altra” dalla quale dovrà comunque scappare per riaffondare in quella “poco di buono” di un tempo pur di tutelare il giovane seminarista.

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In un ambiente tetro si muovono con sapiente maestria il padre confessore, Antonio Buonanno, e Monsignore, Antonello Cossia, e Ippolito, Errico Liguori e gli altri seminaristi che conducono una vita di studio e di preghiera. Ma il più osservante e meticoloso è proprio Ippolito che sembra osservare e scavare nella vita di Chiara e nel dover combattere tra la legge divina e quella morale dove quella misericordia possibile non trova spazio nella sua durezza, ed è proprio il suo isolamento dagli altri che non gli conferisce umanità.

Una scenografia essenziale e la regia asciutta di Gianmarco Cesario non danno spazio a sbavature, le voci dei protagonisti sono nette: Fedra (Titti Nuzzolese) è delicata e regale, è forte e silenziosa, giudice di se stessa e dunque sa cosa deve fare. Il confronto dialettico tra Monsignore e Ippolito è di grande interpretazione, Antonello Cossia con piglio energico conduce il giovane seminarista dentro la sua rabbia e il suo rancore facendo riemergere il suo rapporto con il padre che non lo aveva amato abbastanza. E da qui il suo livore ma anche il non volersi accorgere del sentimento di quella donna Chiara che solo lui biasima e giudica.

“Portare in scena il mito è un compito che il Teatro s’è posto sin dalle sue origini – sottolinea il regista Gianmarco Cesario -, e quello che mi ha entusiasmato in questa operazione è stato il poter lavorare su una scrittura scenica moderna, che mette al centro della vicenda le crisi di donne e uomini di oggi, ma con riferimenti precisi ai corrispondenti archetipi del V secolo a.c. Il profondo studio psicologico e teologico affrontato dall’autrice mi ha dato la possibilità di lavorare con libertà nella creazione di una rappresentazione essenziale in cui il ruolo degli attori è stato fondamentale”.

Gli allievi del laboratorio di teatro del TRAM sono Saverio Di Giorno, Cesare Leonardis, Fabio Paesano, Stefania Palumbo, Eduardo Serafini, Alessandro Rea, la produzione è del Teatro dell’Osso / TRAM


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