La strage del Pilastro è un eccidio perpetrato il 4 gennaio 1991 dalla banda della Uno Bianca. Alle 22 il commando che dal 1987 terrorizzava il nord Italia e non solo, si trovava per caso nel quartiere Pilastro di Bologna in direzione di San Lazzaro Di Savena per trovare un’auto da rubare.
Improvvisamente in via Casini, la Uno Bianca fu sorpassata da una pattuglia dei carabinieri. Per la banda quello degli uomini dell’Arma fu un tentativo di intercettare il loro numero di targa, per questo decisero di eliminare il problema. Lo stesso Fabio Savi, commilitone del gruppo della Uno Bianca, qualche anno dopo in un’intervista a Franca Leosini avrebbe spiegato senza giri di parole che chiunque si sarebbe messo tra la banda e l’obiettivo avrebbe pagato con la morte.
Questo fu il destino non scritto dei tre carabinieri di quella pattuglia, che improvvisamente furono travolti da una pioggia di proiettili. Il primo a sparare fu Roberto Savi. La Uno Bianca affiancò l’auto dei carabinieri in via Ada Negri e Roberto Savi esplose numerosi proiettili in direzione di Otello Stefanini, conducente della pattuglia.
Stefanini, ferito, riuscì ad accelerare per tentare di seminare gli assalitori, ma l’auto dei carabinieri si schiantò contro dei cassonetti della spazzatura in piazza Lipparini. Nacque un conflitto a fuoco: i militari Andrea Moneta e Mauro Mitilini uscirono dalla vettura e risposero all’agguato riuscendo a ferire Roberto Savi, ma la banda della Uno Bianca li investì con un’altra tempesta di piombo.
Moneta e Mitilini, esanimi, rimasero feriti sull’asfalto. Il gruppo criminale finì i tre militari, ciascuno con un colpo alla nuca. Il commando preleva anche il foglio di servizio dei militari appena trucidati, fuggono a San Lazzaro Di Savena e danno fuoco alla Uno Bianca.
Come ammesso dai responsabili, a compiere la strage furono Roberto Savi, Alberto Savi e Fabio Savi. I primi due erano poliziotti, proprio come Marino Occhipinti, Luca Vallicelli e Pietro Gugliotta. In una deposizione di Fabio Savi rilasciata tra il 28 e il 29 novembre 1994, ripresa da Antonella Beccaria nel libro Uno Bianca E Trame Nere, Cronaca Di Un Periodo Di Terrore, leggiamo:
“Ci avevano dato l’alt e non ci eravamo fermati. A quel punto ci hanno inseguito. Dopo un po’ la situazione si è invertita e dopo che loro hanno iniziato a sparare abbiamo sparato noi […]. Come ho detto all’inizio, erano loro ad inseguire noi, poi siamo arrivati ad un incrocio, ci siamo girati e ce li siamo trovati su un fianco. A quel punto noi li abbiamo inseguiti perché altrimenti ci avrebbero di nuovo inseguito loro. Noi eravamo su un’auto rubata e quindi non potevamo farci controllare”.
In una versione successiva, rilasciata 10 giorni dopo, Fabio Savi disse:
“Quella sera eravamo sulla Uno rubata, io con il mio SIG, Roberto con la sua AR70 e Alberto con la sua 357 alla guida dell’auto. Abbiamo visto una Uno dei carabinieri ed abbiamo cominciato a seguirla”.