L’imprenditore, rapper e influencer si confessa ancora sorpreso: in una rivelazione di Fedez a Gratteri sulla ‘ndrangheta, tema affrontato nel corso della puntata di Muschio Selvaggio online da lunedì 28 novembre, è venuto fuori uno spaccato della periferia milanese.
Tre sono i personaggi dell’aneddoto raccontato da Fedez a Gratteri sulla ‘ndrangheta: egli stesso, Renato Vallanzasca e la ‘ndrina Sergi. Fedez è nato e cresciuto a Buccinasco, e negli anni delle scuole non poteva immaginare che quel nuovo compagno di classe – “la classica persona da prendere per il cu*o” – avesse in realtà lo stesso sangue di una pericolosa organizzazione criminale.
Ne ha parlato, Fedez, di fronte a Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro, che nel salotto di Muschio Selvaggio ha presentato il libro Fuori Dai Confini scritto insieme ad Antonio Nicaso. Tanti gli aneddoti sul suo impegno nella lotta alla criminalità organizzata calabrese che, come tutti sappiamo, è attiva non soltanto in Calabria ma anche nel nord Italia, con una certa storia nella città di Milano.
Per questo Fedez si lascia scappare un racconto inedito:
“Incredibile come da piccolo fossi entrato in contatto con la ‘ndrangheta. Si respirava, pur non sapendo cosa fosse”.
Qui entra in scena Vallanzasca, di cui Fedez dice di aver letto un libro – potrebbe trattarsi de Il Fiore Del Male o L’Ultima Fuga – in cui l’ex capo della banda della Comasina aveva elencato i clan mafiosi attivi nella città meneghina. Qui il rapper e influencer, racconta, ha fatto la sua scoperta:
“Io mi sono reso conto di essere cresciuto in una terra di ‘ndrangheta, leggendo il libro di Vallanzasca, perché a un certo punto fanno una lista di tutti i clan mafiosi reggenti a Milano… e io leggo l’appello della mia classe. Cioè, Sergi, Ciccio Sergi. Veniva a scuola con me. Era il figlio del Sergi boss ‘ndranghetista“.
Infine:
“Praticamente un giorno sapevamo che doveva venire a scuola tale Ciccio. Non si sapeva da dove veniva ‘sto tipo, però tutti sapevamo che doveva venire a scuola Ciccio. Ciccio era l’esempio modello di un bambino da bullizzare a scuola, secondo la mentalità di quel tempo. Sfigatino, rotondino, eppure tutti noi sapevamo che Ciccio non andava toccato. Non parlava italiano, parlava in dialetto calabrese, aveva tutti gli elementi per essere preso per il cu*o a vita, però tutti sapevamo che Ciccio non andava toccato“.