Dopo oltre un decennio dalla sua conclusione One Tree Hill è finalmente disponibile in streaming: era rimasta, finora, una delle poche serie tv a non aver trovato un catalogo che la ospitasse, ma ci ha pensato Prime Video ad acquistare i diritti per la distribuzione di tutte le stagioni, nove, trasmesse negli Stati Uniti da WB e CW dal 2003 al 2012 (e in Italia con una programmazione schizofrenica dalla Rai). Questa assenza dai canali streaming ufficiali ha forse accresciuto ulteriormente la curiosità intorno alla saga dei fratelli Scott, che per un certo numero di anni è finita nel dimenticatoio, prima di essere riscoperta da molti durante il lockdown, al punto da spingere le tre protagoniste femminili Sophia Bush, Hilarie Burton e Bethany Joy Lenz ad imbarcarsi in un podcast a tema dalla vena nostalgica.
Perché guardare One Tree Hill su Prime
Chi ha visto tutte le stagioni di One Tree Hill a suo tempo, saprà già che è considerato un teen drama un po’ atipico: nato come il fratello meno noto e meno pop di Dawson’s Creek (di cui si prende gioco in una scena della prima stagione facendo dell’ironia su Dawson e Joy), il dramma ambientato nell’immaginaria cittadina di Tree Hill è cresciuto rapidamente acquistando un’identità precisa. La sua formula è stata costruita grazie all’attenzione per dettagli come la colonna sonora (il meglio dell’alternative, classic e pop rock, con perle dei Foo Fighters, Snow Patrol, Cure e molti altri), le citazioni letterarie, le ambientazioni e i costumi che hanno creato un micromondo più oscuro, melanconico, meno patinato e commerciale di tanti altri format simili. Ai classici topos del teen drama – la scuola, le rivalità, le famiglie sfasciate, le dipendenze, i triangoli amorosi, i traumi adolescenziali e tutto il corollario tipico del genere – One Tree Hill ha saputo dare una forma peculiare che lo ha reso accessibile anche a chi non ama le serie sulle paturnie degli anni del liceo. Lo ha fatto creando personaggi capaci di evoluzioni massicce, per quanto fossero inizialmente scritti e messi in scena come l’esatto risultato dell’immaginario maschile su come dovrebbero essere i ragazzi e le ragazze del liceo (i primi in cerca di affermazione della loro virilità e indipendenza, le seconde come rampanti giovani donne assetate di sesso ed esperienze estreme). Frutto della creatività ma anche delle perversioni di Mark Schwahn, tanto accattivante nella scrittura quanto pessimo nell’approccio con collaboratrici e attrici, visto che molte di loro ne hanno denunciato le molestie e i comportamenti impropri.
I temi di One Tree Hill
Come si conviene ad ogni teen drama dei primi anni Duemila anche One Tree Hill ha trattato ad ampio spettro temi che sono ormai nell’agenda di qualsiasi sceneggiatore: il bullismo tra i corridoi del liceo e la violenza tra le pareti di casa, le insicurezze dell’età adolescenziale e la ricerca della propria identità sessuale, le famiglie disfunzionali e le loro battaglie (qui la storia inizia con due fratelli della stessa età con stesso padre ma madri diverse, il melodramma familiare è servito in partenza), le malattie e le perdite di persone care, l’abbandono e le sue conseguenze psicologiche, ma anche uno sguardo a quelle metastasi della società americana difficili da aggredire, come la circolazione incontrollata delle armi e il fenomeno delle sparatorie di massa. Uno degli episodi migliori della serie, eccellente dal punto di vista della scrittura e della messa in scena, ha riprodotto nel liceo di Tree Hill la strage realmente accaduta nel 1999 alla Columbine High School, quando due studenti si introdussero nell’edificio e aprirono il fuoco su compagni e insegnanti.
Il salto temporale che trasforma One Tree Hill in un life drama
La quinta stagione ha rappresentato il vero colpo di fortuna di questa serie: One Tree Hill poteva logorarsi come quasi tutti i drammi adolescenziali che perdono la loro ragione di essere una volta che i protagonisti sono diventati adulti, invece Schwahn le ha dato un nuovo taglio trasformando il teen drama in life drama. La stagione 5 parte quattro anni dopo la cerimonia di diploma, con i protagonisti alle prese con le incertezze personali e professionali dopo il college: sono tutti tornati a casa per ragioni diverse, che si scoprono grazie ad alcuni flashback, ma questo ritorno alla base rappresenta un punto di partenza per le loro nuove vite. Archiviate le battaglie dell’adolescenza, ora c’è da realizzare se stessi e la sfida funziona. La serie prosegue tra alti e bassi fino alla nona stagione (decisamente sottotono rispetto alle precedenti) ed è sopravvissuta perfino all’addio di due dei protagonisti più amati, Chad Michael Murray e Hilarie Burton, usciti dal cast al termine della sesta stagione. L’arrivo di nuovi personaggi che hanno saputo integrarsi coi veterani e il fascino crescente del personaggio di Brooke Davis (interpretato da Sophia Bush), in assoluto quello dalla migliore evoluzione nell’arco del decennio, hanno saputo tenere banco fino alla stagione conclusiva, da soli 13 episodi, trasmessa in Italia da Rai2 nel 2012.