È il 76° compleanno di Freddie Mercury, e la sua vita è anche un po’ la nostra. Sua è la voce di We Are The Champions e We Will Rock You, suo è il genio dietro Bohemian Rhapsody. I Queen sono stati – e per sempre saranno – uno degli esempi di band al completo: il carisma di Freddie era dominante, sì, ma non tanto da fare ombra ai suoi sodali. Sul palco come dentro uno studio. Senza Brian May, John Deacon e Roger Taylor non avremmo avuto quel groove, quella potenza rock e quel meraviglioso mondo operistico che nessun altro come i Queen ha saputo divulgare.
Il rock, con Freddie Mercury e soci, si è fatto elegante e teatrale. Quella teatralità, tuttavia, poteva essere motivo di scherno. Nel 1977 il rock aveva già i suoi mostri sacri, ma non tutte le rivoluzioni erano compiute.
Dall’altra parte della barricata c’era il punk, i cui rappresentanti più autorevoli erano i Sex Pistols pilotati da Johnny Rotten e chiacchierati per le esuberanze di Sid Vicious. Proprio in quell’anno, le due band condividevano gli Wessex Studios di Londra: i Queen per News Of The World, i Pistols per il primo e unico album in studio Never Mind The Bollocks.
Un anno prima Freddie Mercury, in un’intervista per NME aveva dichiarato – a proposito dei suoi costumi di scena – la volontà di riportare il balletto alle masse. Mentre i Queen provavano dentro gli Wessex Studios irruppe Sid Vicious. Come racconta il roadie Peter Hince, il bassista dei Sex Pistols si rivolse a Freddie e gli fece una battuta su quella storia del balletto alle masse.
“Fo**iti”, gli rispose Freddie. Sid Vicious, non certo famoso per essere un tipo pacifico, si scaldò ma non aveva fatto i conti con il carattere del frontman dei Queen. Freddie lo afferrò per il colletto e lo riportò sulla Terra: “Sei Simon Ferocious o sbaglio?”, gli disse, storpiando appositamente il suo nome d’arte. “Che vogliamo fare?”, continuò Freddie (racconterà qualche anno dopo Roger Taylor).
Freddie Mercury sbattè Sid Vicious fuori dallo studio, e quest’ultimo non osò opporsi.