Master Gardener a Venezia79 riporta Paul Schrader al Lido per raccontare il suo prossimo film con l’immancabile tratto distintivo: la redenzione e il riscatto morale. Al centro della storia, concepita dal regista, c’è quella di un giardiniere dal passato turbolento, che conduce una vita apparentemente tranquilla e senza nessuna particolare svolta. Almeno fino a quanto non subentra l’elemento chiave: una giovane donna che mette in discussione tutti i suoi pensieri, costringendolo a riscavare a fondo nel suo io più profondo.
Un film che scorre sull’inesorabile filo sottile della tensione, la stessa percepita quando il suo protagonista si trova da solo in una stanza buia, illuminata solo dalla fioca luce di una lampada, a trascrivere i suoi pensieri su un diario. Narvel (Joel Egerton) aspetta qualcosa, una svolta, e intanto conduce una vita apparentemente normale e monotona, scandita dalla sua meticolosa cura del Gracewood Gardens, i terreni posseduti dalla ricca proprietaria Norma Haverhill (Sigourney Weaver), una vedova pretenziosa interessata solo alla sua attività.
La quotidianità scandita dal trascorrere del tempo, che va di pari passo con lo sbocciare dei suoi fiori (che conosce uno ad uno), viene scossa quando la donna chiede a Narvel di prendere sotto la sua ala la pronipote Maya (Quintessa Swindell), una giovane dal passato segnato dalla tragedia, e gli dice di farle da mentore per insegnarle tutto ciò che sa su orticultura e botanica. Lo scopo di Norma è infatti quello di lasciare la proprietà in famiglia, e Maya è l’unica persona più vicina ad esserlo. L’ingresso di Maya avviene in punta di piedi, ma è un’entrata in scena che lascia un segno in Narvel. Lentamente il giardiniere si trova coinvolta nel complesso rapporto tra le due donne, arrivando a un punto di rottura in cui dovrà fare i conti con la sua rigida moralità e le leggi che si è imposto.
Master Gardener a Venezia79 è un racconto semplice e raffinato, ma in grado di essere potente nel suo linguaggio e soprattutto nel messaggio finale: le apparenze ingannano poiché tuti meritano una seconda possibilità, a dispetto del nostro passato, che per un modo o un altro, tendiamo a lasciarci (invano) alle nostre spalle.