La vita sotto casa mia è piuttosto tranquilla. Abito in una zona semicentrale di Milano, in una via solitamente non di passaggio, laterale a una strada piuttosto trafficata, dico solitamente perché alcuni lavori nella via principale, lì a due passi, hanno recentemente portato a un traffico sovradimensionato proprio sotto le finestre di camera mia. La strada molto trafficata in questione, all’altezza di buona parte delle finestre di casa mia, ha come uno sfogo, perché si allarga in una piazza con tanto di giardinetti, alberi molto alti, panchine e giochi per bambini. Ciò non toglie che sia una via piuttosto trafficata, ma siccome sto al settimo piano, non sento né il traffico, né il vociare di chi, magari, passa la serata nella piazza, in cerca di ristoro o di compagnia. Quando arriva l’estate, succede credo in tutte le città, la gente sembra essere meno serena di quanto quella che viene chiamata la bella stagione lascerebbe pensare. In poche parole sbrocca. O magari, più semplicemente, d’estate chiunque abbia un qualche motivo per passare per fuori di testa vede bene di andarsene a zonzo, direi spesso sotto casa mia. Così succede che quasi tutte le notti c’è qualcosa da guardare dal balcone, quello che affaccia sulla piazza, una posizione privilegiata sette piani sopra, discreta, si vede ma non si è visti, e lontana da eventuali pericoli. Una sera capita di vedere una rissa, è successo giorni fa, quando due ragazzi di origini slave, lo dico perché nonostante i sette piani le parole che urlavano avevano chiaramente quella matrice, hanno iniziato a darsele di santa ragione, proprio in mezzo alla strada, tra le auto che passavano, con tanto di rispettive ragazze, questo posso solo supporlo, magari erano amiche, che facevano qualcosa a metà strada tra il tifo e un tentativo poco incisivo di dividerli, tentativo che è stato un po’ più energico da parte del pizzaiolo della pizzeria che si trova proprio davanti al luogo dello scontro, uscito in strada per provare a fermarli, nonostante un gesso ingombrante che gli fasciava il braccio destro. Risultato, i due ragazzi hanno iniziato a prendersela con lui, picchiandolo in maniera selvaggia, sempre mentre passavano le auto incuranti. Uno potrebbe dire che anche io, al settimo piano, novello James Stewart, ero incurante, in realtà ero al telefono con le forze dell’ordine, fatto che, confesso, non mi viene poi così naturale, per avvisarli della rissa. Qualcosa che mi ha tenuto impegnato circa un quarto d’ora, tanto ci ho messo a parlarci, nel mentre un terzo ragazzo slavo si è unito alla rissa, coalizzandomi con uno dei due contro l’altro e il pizzaiolo, finché i due non se ne sono andati, lasciando in strada il pizzaiolo dolorante e l’altro ragazzo, le due ragazze a urlare sul marciapiede. Il tempo di qualche minuto, io sempre in attesa di poter parlare con polizia e carabinieri, che i due sono tornati armati di bastoni, e a quel punto il pizzaiolo se n’è tornato in pizzerie e tutti sono scappati. Qualche istante e le forze dell’ordine mi hanno riposto, stancamente, dicendo che avrebbero mandato una macchina, che ovviamente non è mai arrivata e che comunque avrebbe trovato in strada stocazzo. L’indomani, si vede che il caldo fa questi effetti, un tipo ha preso male la curva per entrare nella mia strada, ancora il traffico non era stato deviato tutto lì, la strada in questione era deserta, e ha centrato in pieno tre macchine parcheggiate proprio davanti al mio portone. Un botto clamoroso, che ho sentito bene dal divano dove stavo guardando non so che serie tv, in solitaria. Mi sono affacciato nella piazza sottostante e non ho visto nulla, pensando a una bomba, un fuoco d’artificio, qualcosa nel quartiere. A avvisarmi dell’incidente è stata mia moglie, che si è invece affacciata dal bagno nella strada dove abbiamo il portone, vedendo il tutto. A quel punto ho fatto altrettanto. Dal settimo piano, sempre lì stiamo, si vedeva perfettamente i due airbag aperti, la macchina scassata contro una delle tre auto parcheggiate, poi spostata in avanti come sul domino contro le altre due. Alcuni passanti, pisciatori di cani, si sono fermati per prestare soccorso, ma il guidatore dell’auto incidentata è sceso illeso e ha iniziato a saltellare, con un’aria decisamente sballata, chissà se per la paura dell’incidente o per altro. Ha rassicurato tutto, detto che avrebbe chiamato la polizia, scritto messaggi non so bene a chi, magari ai genitori. I tipi, coi cani, sono stati qualche minuto lì, poi, rassicurati dalle sue condizioni, se ne sono andati. A quel punto il tipo ha iniziato a armeggiare dentro il finestrino del cosiddetto uomo morto, quello a fianco del guidatore, l’unico accessibile, visto che l’altro era spalmato contro la fiancata dell’auto parcheggiata e centrata in pieno. Dal settimo piano mi è subito stato chiaro che stava goffamente provando a far rientrare l’airbag al proprio posto, operazione impossibile che, fatta dai professionisti della carrozzeria, costa qualche migliaio di euro, ho sentito dire. Ha comunque fatto del suo meglio e a quel punto si è sporto dentro l’auto, cercando di fare altrettanto con l’aibag del posto del guidatore. A quel punto, goffamente, è salito in auto. Fossi un bimbominkia o uno di quelli che fanno storie con centinaia di migliaia di view sui social, avrei filmato tutto, invece ero solo io in mutande. Ho visto il tipo provare a accendere l’auto, con un rumore incredibile di metalli che cozzavano tra loro. Ho poi visto l’auto mettersi in moto e il tipo provare a sganciarla con manovre altrettanto goffe dall’auto cui l’impatto l’aveva appiccicata. Cosa che, dopo qualche strattone e accelerata è anche riuscita, lasciando però in strada pezzi di entrambe le auto. Solo che una macchina che si schianta a alta velocità contro un’altra non è che ne esca esattamente illesa. Infatti la macchina, in mezzo alla strada, ha iniziato a strappare e clangare, non so se è un verbo che esiste in natura, finendo per procedere lentissimamente, sbandando e lasciando pezzi in strada come un Pollicino che non ha a portata di mano briciole di mane ma bulloni e viti. Il tutto in un rumore assurdo, come in una fonderia mandata a pieno regime. Cosa il tipo volesse fare era chiaro, scappare senza lasciare traccia di sé, diciamo che dubito l’operazione gli sia riuscita appieno. Il fatto poi che nel mentre abbia lasciato tracce evidenti dietro di sé ha dato al tutto un tocco di surreale. Di lì a breve, mentre mi interrogavo sull’essere umano e le sue tante sfaccettature, è passato un camion della nettezza urbana che ha ben visto di cancellare ogni traccia del giovane guidatore storno, colpo di genio in coda a un colpo di genio.
Comunque, credo sia evidente, il caldo sta facendo uscire fuori un po’ tutti i matti del quartiere e non, come del resto credo capiti un po’ ovunque, dando io alla parola matto, lo dico a beneficio di eventuali alzatori di ditino pronti a accusarmi di discriminazione nei confronti di chi ha problemi di salute mentale, tutti i tipi bizzarri e un po’ fuori registro, non certo chi soffre di patologie nel campo della psichiatria. Ricordo che quando ancora abitavo in Ancona, da giovane, ma ancor più da bambino, nei famigerati anni settanta, appena arrivava il caldo e la città un po’ si liberava dal traffico, la piazza principale, piazza Cavour, di riempiva di tanti personaggi strani, con pochi denti, grandi occhiaie e un atteggiamento non troppo diverso da quello che immaginavo avessero il Gatto e la Volpe, avrei scoperto poi essere i tossici della città, tutti accorsi in centro in cerca di qualche soldo o di qualche dose.
Insomma, l’estate è tutta un pullulare di situazioni che nel resto dell’anno identificheremmo come anomale, a tratti pericolose, sicuramente non quotidiane. Questo, credo, dovrebbe farci guardare al mondo della musica, di quello mi occupo, so che potrebbe non sembrare così, con tutte le cautele del caso, dal momento in cui arriva il primo caldo, nel 2022 quindi da marzo, fino a che non arriva il momento di infilarci sotto una trapunta prima di dormire, perché, per traslato, la musica estiva dovrebbe seguire le medesime logiche. Il che, da un certo punto di vista, potrebbe anche essere rassicurante, almeno per chi, come me, guarda ai cosiddetti tormentoni estivi con lo stesso fastidio, disagio, orrore con cui si guarda qualcosa che riteniamo profondamente sbagliato, al limite della denuncia. Per intendersi, le varie canzoni che con una puntualità davvero da Agenzia delle Entrate i vari Takagi e Ketra, Elodie, Boomdabash, dove Ketra ha sempre lo zampino, Carl Brave e tanti altri, non fatemeli nominare tutti che finirei per fare la figura dell’anziano che elenca uno dopo l’altro tutti i propri acciacchi e i relativi farmaci che è costretto a prendere per superarli, sfornano ogni estate dovrebbero essere inquadrate al pari di chi d’estate sbrocca in strada, ai tossici che arrivano in massa nelle piazze del centro, a tutta quella serie di stranezze cui il vivere in città ci ha in qualche modo abituato, non ancora assuefatto (parlo per me). Nel senso, sono canzoni brutte, volgari (non nel senso di “piene di concetti e parole volgari”, non più di quelle che escono nel resto dell’anno, nel senso di compiaciutamente tamarre, coatte, volgari, appunto), sciatte, in una parola, orrende, se chi le pubblica, dopo averle prodotte e incise, lo fa non è perché non sappia che sono così, ma perché è estate e con il caldo sono cadute la razionalità e il senso del pudore, può starci anche pubblicare qualcosa che fa palesemente cagare, tanto chi le ascolta sarà in pareo e infradito in spiagge affollate, chi se ne frega della qualità (per dirla con il poeta Renè: w la merda!!!).
Deve pensarla così un giovane artista, e se dico giovane è perché in effetti è giovane, anche se a ascoltarlo potrebbe non sempre sembrare, tanto è classico nel senso più alto del termine il suo modo di cantare e adulto il suo modo di scrivere, che proprio in questi giorni ha deciso di infilarsi infradito e pareo e andare a giocare in spiaggia con i tamarri e i coatti, tanto per dimostrare che con la sabbia ci si può impastare al punto da ritrovarsela infilata nelle mutande anche in autunno, o provare a costruire uno di quei bei castelli che poi finiscono nelle foto dell’Azienda del turismo locale come attrattiva. Parlo di Santoianni, artista che ho avuto il piacere di conoscere in un luogo non-luogo, l’antologia Chieffo Charity Tribute dedicata alle canzoni del cantautore Claudio Chieffo nella quale il nostro interpretava in maniera impeccabile Sulla collina, e che poi ho avuto l’altrettanto piacere di approfondire. È lui, Santoianni, il cantautore che si è infilato infradito e pareo per andare a prendere l’idea di tormentone, destrutturarla e costruirci su una canzone ironica, quasi sarcastica, che ambisce a ragione a diventare una hit, quindi a suo modo un tormentone. Una canzone che è un inno all’anti-estate, una sfilza impietosa di motivi per cui la odia, e che già alla seconda strofa ci spinge a stare dalla sua parte anche se, come me, siete tra quanti ritengono il freddo un’invenzione della borghesia più classista. La canzone si intitola Tormentato Estivo, e spero vi spinga a fare quel classico passo in più per andare poi a scoprire anche il resto del suo repertorio, sempre pop, ma di un pop raffinato e d’autore che ambisce a fare a cazzotti con la nostra coscienza più che con Shakerando o Tribale, penso a Forfait, a Stazione di sosta, a Litorale, andate e cercate che un po’ di movimento vi fa bene. La sua Tormentato Estivo, fossimo in un’epoca meno vacua di quella in cui ci troviamo, potrebbe ambire a diventare una di quelle canzoni che stigmatizzano qualcosa e in quanto tali diventano l’emblema esattamente del loro stigmatizzare, un esempio su tutte Fuori dal tunnel di Caparezza. Invece siamo nel 2022, l’estate della benzina alle stelle, del caldo imperante e della campagna elettorale in spiaggia, che possiamo mai pretendere dalla vita?