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Home Cinema

Open Arms – La legge del mare, lasciare annegare le persone è un crimine (recensione)

La storia vera di Òscar Camps Gausachs, fondatore della ONG Open Arms e del perché nel 2015 decise di lasciare i suoi affari in Spagna per salvare vite umane sulle coste dell’isola di Lesbo

di Luigi Felaco
05/02/2022
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INTERAZIONI: 97

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L’attore protagonista, Eduard Fernàndez, ha solo un anno in più della persona che interpreta, nato come lui a Barcellona in Spagna: Òscar Camps Gausachs, fondatore della famosa ONG da cui prende il nome il film, Open Arms – La legge del mare.


Camps nel 2015 era effettivamente proprietario di una società di bagnini con sede a Badalon in Spagna. Siamo negli anni della devastante guerra in Siria. La rotta dei flussi migratori passava anche per la Turchia e poi attraverso il mare Egeo per raggiungere l’isola greca di Lesbo, territorio europeo.

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Il 2 settembre di quell’anno, il mondo fu scosso dalla fotografia del bambino con la maglietta rossa, annegato e ritrovato sulle rive di Bodrum in Turchia mentre cercava con la famiglia di raggiungere l’Isola greca di Kos. Si chiamava Alan Kurdi (Alan Shenu), aveva solo tre anni, scappava dal territorio kurdo siriano occupato dall ISIS ed era su un’imbarcazione di fortuna di cinque metri che conteneva oltre venti persone prima che questa si ribaltasse.


“Questa resta qui, non la tocchi neanche Dio” sono le parole di Camps nel suo ufficio mentre attacca la foto del piccolo Alan alla parete. Il giorno dopo si trasferisce a Lesbo con alcuni colleghi per salvare le vite in mare di tanti profughi in pericolo sulle coste dell’isola.
Il film racconta quell’esperienza, giorno dopo giorno, dei salvataggi con mezzi di fortuna in mare aperto, nell’indifferenza dell’Euoropa, delle autorità locali e dell’informazione pubblica.

Open Arms – La legge del mare, ovvero l’unica legge che il protagonista di questa storia è deciso a rispettare, è un ritratto della figura di Camps, delle sue debolezze e imperfezioni, dei suoi rapporti burrascosi con la figlia Ester (Anna Castillo) che decide di seguirlo contro il suo parere in questa missione. E’ la cronaca dei salvataggi in mare, della solitudine di un manipolo di volontari che fanno della taverna “da Kyma” un centro improvvisato di operazioni, nel mezzo di una emergenza umanitaria di cui nessun governo vuole occuparsi.


Il regista e sceneggiatore, Marcel Barrena, torna a raccontare una storia tratta da avvenimenti realmente accaduti, come nel commovente 100 Metros (2016). Questo suo nuovo film ha ricevuto il premio del pubblico alla festa del cinema di Roma nel 2021 e numerose nomination anche ai Premios Goya 2022 in Spagna. La pellicola trasuda di denuncia politica, “lasciare annegare le persone è un crimine” è una delle battute che il regista mette in risalto nei dialoghi.

Il vero Oscar Camps, invece, ha ricevuto il premio catalano dell’anno 2015 e la Medaglia d’Onore del Parlamento della Catalogna in riconoscimento del suo lavoro umanitario.


A dispetto del titolo, il film non parla della ONG Open Arms, l’organizzazione non governativa che ha soccorso più di 60 mila persone in mare, in fuga da conflitti bellici, persecuzioni o povertà. Forse è per questo che il titolo originale del film è Mediterraneo e arriva nelle sale mentre l’attenzione pubblica non è più sugli sbarchi, ma si è spostata sull’emergenza sanitaria.


Eppure un report di Amnesty International, avverte dei rischi per i rifugiati nelle isole greche proprio mentre il mondo sta affrontando la crisi della pandemia di Covid-19. “Migliaia di persone anziane, con malattie croniche, e bambini – si legge nella nota – sono intrappolate in condizioni di sovraffollamento critico. In più ora devono affrontare anche la minaccia della pandemia, le cui conseguenze sarebbero catastrofiche per tutte le persone confinate nei campi”.


Secondo lo stesso report, la popolazione dei campi di Lesbo, Chio, Samo, Kos e Leros al momento della misurazione contava circa 37.000, mentre le strutture hanno una capacità totale di soli 6.095 posti. Gli incendi che hanno devastato il campo rifugiati di Moria, luogo citato più volte nel film, hanno lasciato migliaia di persone all’addiaccio, con accesso limitato ai servizi essenziali, come acqua, cibo, cure mediche.

Il decongestionamento di Lesbo e di altre isole greche – conclude Amnesty international – deve diventare una priorità per le autorità greche. Gli stati membri dell’Unione europea dovrebbero aumentare in modo significativo il numero di richiedenti asilo che ricollocano dalla Grecia e porre fine alla politica di contenimento sulle isole.


Intanto il film Open Arms è al cinema in questi giorni. Certo non si tratta di una prova di grande cinema, ma di un riuscito cazzotto nello stomaco dedicato, come si legge prima dei titoli di coda, a tutte le persone che sono riuscite ad attraversare il mare e a tutte quelle che hanno perso la vita per farlo.

Tags: amnestycinemafilmimmigrazioneMarcel barrenaongopen armsoscar campsrifugiati

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