Un indicatore che consente di misurare l’inadeguatezza, sia dal punto di vista della salute che della sostenibilità, dei sistemi alimentari in tutto il mondo. Si tratta del Diet Gap, frutto di uno studio pubblicato su Nature Food e svolto dai ricercatori del Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture-DIATI del Politecnico di Torino.
L’obiettivo della ricerca è garantire una dieta sana a tutta la popolazione della Terra e allo stesso tempo rispettare i canoni di sostenibilità..
Gli autori dell’articolo, Marta Tuninetti, Luca Ridolfi e Francesco Laio, sostengono che “secondo le indicazioni della commissione EAT-Lancet, dovremmo limitare il nostro consumo settimanale di carne rossa a un massimo di 200 grammi”. Questo consiglio, però, non viene rispettato, infatti nella media globale “superiamo di 2,5 volte questa soglia; in Europa tale soglia viene superata di ben 4 volte con importanti ripercussioni sulla salute e sull’ambiente”.
Per quanto riguarda il consumo di legumi, invece, “il Diet Gap mette in luce un consumo ben inferiore alla quantità ideale (circa 100 grammi al giorno), soprattutto nei paesi più sviluppati, dove il consumo di ceci, fagioli, lenticchie risulta circa stagnante e sotto soglia fin dagli anni Sessanta”.
Uno dei problemi principali riscontrati dai ricercatori riguarda i cosiddetti Food Deserts, ovvero quei luoghi in cui sorgono alcune città, anche molto popolate, dove è praticamente impossibile reperire frutta e verdura fresca, soprattutto per le classi sociali più povere. Ciononostante, dallo studio emerge che sul consumo di vegetali siamo più in linea con EAT-Lancet, “dal momento che in molti paesi del mondo le soglie suggerite dalla commissione (300 grammi di verdura al giorno e 200 grammi di frutta) sono rispettate”.
Gli studiosi concludono che un sistema alimentare più sostenibile sarebbe una diretta conseguenza di una dieta più sana: “Se tutti i paesi adottassero la dieta EAT-Lancet, l’impronta idrica diminuirebbe del 12% a scala globale”.