“Un lavoro sul corpo che diviene mondo. Come i miei quadri che si organizzano nella danza degli elementi, le mie tele le sento vibrare, soffrire, gemere; come tutto quello che sta per nascere a nuova vita. Poiché niente è immobile in natura, il movimento della mano crea, estrae, lascia apparire: è qualcosa che insegue il ritmo dell’espansione del suono e della luce. C’è la scintilla universale che ci tiene insieme quando ci sganciamo dal sentire comune, si avverte l’esigenza di abbandonarsi al potere delle apparizioni, alle onde che s’infrangono in spirali rumorose, in attrito graffiante di terrore… D’inadeguatezza. Sei stanco…vuoi solo riposare ti manca il ritmo eterno dell’Universo”.
Così l’artista Gaetano Di Riso introduce la mostra “E Adone non lo sa…”, in programma al Museo Archeologico Nazionale di Napoli dal 26 gennaio (vernissage ore 17) al 25 aprile, in cui presenta dodici tele ispirate alla celebre scultura Adone di Capua che appartiene alle collezioni del MANN. Opera che dalla prossima estate sarà inserita nel nuovo allestimento della sezione Campania Romana dell’Istituto: il marmo, che risale al II sec. d.C., decorava l’Anfiteatro di Santa Maria Capua Vetere. Nell’iconografia classica, il bellissimo giovane, amato da Venere, rappresentava lo spirito della primavera e la natura che rifiorisce.
Partendo da questa suggestione, Di Riso – che ha partecipato a molteplici rassegne artistiche – attraverso il linguaggio dell’arte contemporanea rilegge il mito con intensa partecipazione. Un capolavoro della statuaria antica viaggia attraverso i secoli, rivelandosi uno e centomila volti e vite.
“Ho cominciato a lavorare sulla statua portandola simbolicamente in giro intorno ai luoghi dell’arte, è stato come documentarmi e dimostrare la mia interpretazione dei fatti. Eravamo io e Adone, viaggiatori sulla terra. Comminare con un dio è cosa grande, tutto è più facile. Sei senza limiti e avvolto dal fumo della divinità, superi ogni ostacolo. Di quel dio conoscevo l’identità. Abbiamo volato su paesaggi, ponti, case, abbiamo conosciuto gli elementi… il soffio vitale, l’acqua e la terra… poi siamo andati in zone remote del tempo dove la forma umana si espande nel potere animale, e così sono nati l’amore, l’amicizia, la paura, la trasformazione in nuove configurazioni. Ci siamo persi di vista. Ricordo solo frammenti: un piede, una mano, l’ombra di un volto presi dal vortice dell’eterna mutazione. Una nuova descrizione solida, con le sue dodici facce che si sostengono in perfetta armonia; da millenni, giriamo intorno“, commenta Di Riso.
La mostra del MANN, patrocinata dalla Fondazione Banco di Napoli e sponsorizzata dalla Fondazione Plart, raccoglie dodici tele, accostate a un’installazione lignea intarsiata (non casuale il titolo: “Dodici facce”) e a tre panche che riproducono le suggestioni e i moti dell’anima tratti dalla figura scultorea. Adone è una figura potente, diviene creatura surreale e, in un certo senso, proiettata nella dimensione urbana. Nei quadri, in cui sono predominanti i colori da sogno dell’azzurro e del blu sfumato, il giovane è profilo protettivo che sorvola e osserva la città, in pose che riecheggiano la fantasia di Marc Chagall (tela “La distanza); è ponte fra passato e presente come suggerisce il suo busto tagliato in una raffigurazione; si trasforma in creatura antropomorfa come custode di una memoria antica.
Al visitatore l’ammirazione e la ricerca di simboli, perdendosi armonicamente nelle due sale della mostra (94 e 95, accanto al Plastico di Pompei): con resa calligrafica, infatti, Di Riso non si discosta mai dall’originale scultoreo, sempre ben riconoscibile per quanto trasfigurato.
La scommessa dell’artista è suggerire un percorso altro, che non rifugge dalle citazioni dotte, come nel caso delle tele “Divina Commedia” e “Villa dei Misteri”.
Un percorso espositivo originale che diventa contaminazione e dialogo tra classicità e arte contemporanea che attraversa l’emozionante e ricco Museo Archeologico nel cuore pulsante della città.
E Adone non lo sa… “Le opere sono lì, testimoni dell’accadere
Perlopiù quadri con cornici lavorate, installazioni come porte che si aprono alla contemplazione e al silenzio
L’esposizione è un racconto, reperti di ciò che è accaduto
Sono in dialogo
Alcuni, Custodi, ravvicinati come a formare una solidale rappresentazione, un luogo rituale, riflessivo. Altri quadri, soli, allineati nello spazio della mostra.
Dodici facce, un solido che tiene unite dodici pitture. In perfetta armonia e gioiosa differenza”, conclude l’artista.
Gaetano Di Riso (Lettere, 1949) ha partecipato a diverse rassegne artistiche, in Italia e all’estero: “Misure uniche – Aspects de la peinture italienne contemporaine” (Lyon, Lisbona, Bruxelles, Grenoble); “Il progetto dell’Essenza”, che parte dal Museo Sursoch di Beirut e si conclude nel 1998 ad Ankara; “Linee dell’arte Italiana degli Anni Novanta” (Serbia, Romania, Croazia); “Noi”, Istituto Francese di Napoli, Città Del Vaticano, Morconi (BN); “Lo sguardo delle muse” (Parabita/Lecce) e “Farmacopea” (Napoli). Ha presentato sue opere in diverse personali, tra cui “Del cielo e della terra” (1994) presso l’Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli e “Cavalli” (2005) presso il Palazzo Reale di Napoli.