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Home Serie TV Serial Stalkers

I costumi di The Handmaid’s Tale, Margaret Atwood e la sorprendente ispirazione dietro l’iconica tunica rossa

I costumi di The Handmaid's Tale, l'iconica tuta rossa con paraocchi bianchi, sono ispirati ad un prodotto che spaventava Margaret Atwood e che ha a che fare col sessismo della pubblicità e del marketing

di Claudia Gagliardi
11/01/2022
INTERAZIONI: 78

INTERAZIONI: 78

@Hulu/IG: @therealmargaretatwood

I costumi di The Handmaid’s Tale sono parte integrante della costruzione dell’iconografia della serie distopica di Hulu, che racconta anche attraverso le “divise” indossate dai personaggi un mondo dominato da un oppressivo regime teocratico che sottomette le donne e annienta i loro diritti.

The Handmaid’s Tale è ormai identificata con le celebri tuniche rosse con i paraocchi bianchi, diventate una sineddoche visiva, una parte del tutto, che rimanda immediatamente al romanzo di Margaret Atwood e alla serie televisiva di cui la stessa autrice e poetessa canadese è produttrice esecutiva.

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I costumi di The Handmaid’s Tale sono il simbolo più evidente della libertà negata alle protagoniste del racconto, donne in età fertile, schiavizzate da un regime liberticida per diventare incubatrici di bambini in un’America del futuro (diventata Gilead) che vive la piaga dall’infertilità a causa delle guerre e dei cambiamenti climatici. Abiti che sono diventati anche strumento di protesta usato dai movimenti femministi di tutto il mondo, per testimoniare quanto la distopia di Atwood – che vede le donne sfruttate solo per la prosecuzione della specie – sia poi non così distante dalla realtà di molti Paesi che, ad esempio, restringono fino a vietarle le pratiche legali per l’aborto. Abiti che per la loro popolarità sono diventati perfino costumi di Halloween o Carnevale, anche se non c’è niente da ridere pensando al loro significato (non è un caso che l’influencer Kylie Jenner sia stata ferocemente attaccata nel 2019 quando ha dato un party con dress code ispirato alla serie, indossando una versione più trendy e sensuale della tunica rossa).

Ebbene i costumi di The Handmaid’s Tale sono ispirati ad un marchio storico della prima metà del secolo scorso, come ha svelato Margaret Atwood su Instagram con due immagini esplicative. La scrittrice della saga delle Ancelle ha mostrato una lattina del detergente in polvere Old Dutch Cleanser, creata agli inizi del Novecento Cudahy Packing, un’azienda con sede a Chicago che lavorava il grasso animale per usarlo nella produzione di sapone, diventata la prima a commercializzare polvere detergente. Ebbene Atwood ha tratto ispirazione dal packaging di questo prodotto, che sull’etichetta ritrae una massaia con una lunga tunica e un copricapo bianco, per ideare le vesti delle sue Ancelle, trasformate in abiti rossi come il sangue dei loro sacrifici, il peccato che le circonda secondo la mentalità di Gilead, ma anche la passione che le smuoverà e darà loro un motivo per lottare, per fare la Resistenza.

Non è un caso che in The Handmaid’s Tale 2 ad un certo punto la protagonista June Osborne (magistralmente interpretata da Elisabeth Moss) dichiari il suo intento di combattere l’oppressione, trasformando il proprio costume scarlatto in un simbolo di ribellione: “Non avrebbero dovuto darci una divisa, se non volevano farci diventare un esercito“. Quello stesso simbolo è nato nella mente di Atwood da queste lattine di detergente in polvere, in cui una donna è ritratta come una semplice massaia al servizio della casa e trasformato nell’outfit della serie dalla costumista Ane Crabtree, premiata per questo lavoro con l’Emmy per i Migliori Costumi nel 2017.

La citazione di The Handmaid’s Tale rivelata da Atwood appare perfettamente in linea con una storia che conosciamo bene. La lunga tradizione delle pubblicità di prodotti per la casa è costellata di stereotipi sulla presunta peculiarità femminile dei lavori domestici e solo negli ultimi anni, con la diffusione delle scienze della comunicazione e del marketing, la pubblicità ha virato verso una comunicazione meno sessista, sebbene i cliché sulle pulizie che spettano alle donne siano ancora duri a morire. Basti pensare all’aneddoto dell’attrice Meghan Markle che, a undici anni, scrisse alla first lady americana Hillary Clinton per lamentare il maschilismo di una pubblicità e, su suggerimento di questa, rivolse un reclamo alla multinazionale Procter&Gamble, chiedendo perché fossero sempre le donne a lavare i piatti nei loro spot e ad essere protagoniste e destinatarie dei loro claim pubblicitari, come se a un uomo non spettasse lo stesso compito in casa. Lo slogan in questione recitava che “le donne in tutti gli Usa lottano contro pentole e padelle unte“: la protesta di una piccolissima Markle fu efficace e nel giro di un mese la parola “donne” venne sostituta con “persone“.

Quella di Atwood per The Handmaid’s Tale è dunque una fonte d’ispirazione che significa qualcosa di più del timore che quell’immagine di una domestica incappucciata sulla lattina del detergente le incuteva da piccola: la scrittrice l’ha recentemente ricevuta in regalo da una coppia di amici, uno dei quali “ricordava che dicevo che da bambina mi spaventava e che ha influenzato gli outfit in #thehandmaidstale!“. Outfit in parte venuti meno nella quarta stagione, che ha visto una svolta importante per la protagonista rispetto alla sua permanenza a Gilead, ma che certamente restano l’eredità visiva più potente ed allegorica di questa serie dolorosa e necessaria come poche.

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Tags: the handmaid's tale

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