Dream On degli Aerosmith varrebbe l’intero apparato di Aerosmith (1973), album di debutto della band di Steven Tyler che a quella traccia deve tantissimo, ma anche alla sua determinazione. Alla sua voce, soprattutto. In quei primi anni dei ’70 sono in atto enormi cambiamenti nel rock, con la presenza quasi ingombrante dei Rolling Stones che sono sopravvissuti ai Beatles, l’affermazione dei Led Zeppelin come bomba atomica, e non dimentichiamoci che i Queen faranno il loro debutto nello stesso anno.
Gli Aerosmith si impongono proprio in quella prima metà della decade fatta di grandi rivoluzioni, e proprio per questo subiscono l’ombra degli Stones di Mick Jagger. E diciamolo, Tyler con quel mascellone ricorda proprio il collega britannico, il rock blues di Joe Perry e Brad Whitford potrebbe essere uno strascico delle intuizioni di Keith Richards, ma non c’è malizia in questo. Tranne, ovviamente, per una certa stampa che si diverte a stroncare Aerosmith (1973), e se facciamo un giro sul web ci accorgiamo che il dibattito è ancora aperto.
Il 5 gennaio 1973, in ogni caso, Aerosmith viene messo sul mercato e al suo interno c’è quella perla rara di Dream On, l’unico brano per il quale Steven non ha chiesto l’abbassamento di tonalità. Con quel giro di pianoforte ipnotico – e quel leggero cromatismo – il frontman canta la voglia di realizzare i suoi sogni, quasi auto-conferendosi un po’ di motivazione, fino al ritornello liberatorio. Una ballata che lo stesso Steven ha composto quando aveva circa 17 anni mentre improvvisa sul pianoforte di suo padre. Quando era più piccolo, Steven sedeva accanto a suo padre per osservarlo mentre maneggiava sui tasti. Già sognava, Tyler, e un giorno su quel pianoforte avrebbe composto il suo primo capolavoro.
Con Dream On degli Aerosmith il rock tocca una delle vette più alte, lo dimostra anche l’omaggio di Eminem in quel campionamento presente in Sing For The Moment.