Pare di capire che sia impossibile, oggi, non dire qualcosa su Strappare lungo i bordi, la serie Netflix fatta da Zerocalcare. Ne hanno parlato davvero tutti, ma proprio tutti tutti, iniziando, sui social usa così, con complimenti iperbolici, le risate e le lacrime, le citazioni diventate meme in tempo reale, “amare le femmine è da froci”, “te raggiungo col coso… sì, col coso… col cazzo”, “tutta ‘sta fretta di fare succedere le cose ce l’ha messa il capitalismo, infatti poi ci ha dato la cocaina per stare al passo”, “è inutile che vivi fuori, se muori dentro”, le solite geniali perle di saggezza in mezzo a tanta apparente indolenza, le battute folgoranti a fianco agli squarci inferti ai nostri poveri cuoricini, senza pietà, non voglio spoilerare la trama, chi lo segue in parte già la conosce, ma è un vero romanzo di formazione, coi disegnetti, certo ma romanzo romanzo, il suo modo di raccontare il mondo all’altezza dei grandi romanzieri di sempre, miracolo per un cartoon neanche troppo rifinito, e infatti subito hanno fatto seguito le stroncature, via via più feroci, cariche di livore e di odio, oggi, ripeto, usa così, è sempre la solita storia, questo non è capace di uscire da Rebibbia, questo non è capace di uscire dalla sua cameretta e c’ha quarant’anni, parla romano e non si capisce niente, tocca vederlo coi sottotitoli, tutti parlano troppo romano in tv, siamo circondati. Il risultato, ovvio, è che Strappare lungo i bordi è primo nella classifica dei programmi più visti su Netflix, lo è ora che scrivo, e immagino lo resterà a lungo, uno Squid Game in romanesco, che immagino per molti risulterà più incomprensibile del coreano, perché su Squid Game tutte ste cacataure di cazzo sulla lingua usata mica le avevo sentite, mea culpa. Chi ha successo ha sempre tanti haters, è la regola, e Zerocalcare, uno che appunto non ha modificato di una virgola la sua poetica, dai primi fumetti a oggi, come se avere una poetica e una lingua comprensibile fosse un problema, anche se a ben vedere chi gliela imputa sarà chi ha reso una celebrità mondiale Kabhy Lame, che non ce l’ha neanche, la lingua, Zerocalcare, dicevo, di successo ne sta incontrando tanto, e tutto meritato. Inutile che arrivi buon ultimo io a difenderlo, i suoi disegnetti (cit.) lo difendono perfettamente da soli, si difendono perfettamente da soli, e sarei comunque intempestivo, incapace come sono a stare sul pezzo, sempre un ritardo, sempre dopo che la festa è finita, gli amici se ne sono andati via. Se l’ho citato è solo per non sentirmi troppo solo, la solitudine, come la morte, è uno dei temi centrali di questa serie, come di tutto ciò di cui Zerocalcare si occupa da sempre, e far ridere fino alle lacrime parlando di morte e solitudine non è da tutti, anche se poi le lacrime spesso arrivano proprio per il suo modo vero di affrontare la morte e la solitudine, e se l’ho citato, Strappare lungo i bordi di Zerocalcare, è perché comunque a me Strappare lungo i bordi, come già gli altrettanto approssimativi cartoon di Rebibbia Quarantine, mi è piaciuto tantissimo, anche a partire dalla sua voce sghemba, che molti ritengono necessiterebbe di un bravo logopedista, e il suo voler fare buona parte delle voci, certo l’armadillo non poteva che farlo Valerio Mastandrea, se è vero che le serie tv sta contribuendo a scrivere le più interessanti pagine di letteratura contemporanea, verità parziale, perché ci sono anche tanti libri che stanno contribuendo a farla, ma comunque verità, Strappare lungo i bordi è un tassello importante di questa rivisitazione sul tema, Rebibbia e la stanza di Zerocalcare come una Macondo affatto magica, ma altrettanto immaginifica, perle come Un battito ancora de Gli Ultimi, una ripescata Non abbiamo bisogno di parole di Ron (quando qualcuno si prenderà la briga di dire che Ron è uno dei più grandi cantautori della musica italiana tutta?), ma anche una perla ancora più rara, da noi, quale Haute le coeurs di Fauve, o l’inedita Strappati lungo i bordi, del suo compare Giancane a impreziosire tanta immaginificazione.
Pare di capire che sia impossibile, oggi, non dire qualcosa su Noi, loro, gli altri di Marracash. Ne hanno parlato davvero tutti, ma proprio tutti tutti, iniziando, sui social usa così, con complimenti iperbolici, e a differenza di quanto è capitato a Zerocalcare, sarà che uno che fa i disegnetti è forse in apparenza meno pericoloso di attaccare del Re della Barona, nessuno si è poi affrettato a spalargli contro tonnellate di merda. Anche nel caso di Marracash, del resto, ma qui sto addirittura difendendo qualcuno che neanche è stato attaccato, guarda te che effetto mi ha fatto la pandemia, da serial killer sadico e narcisista sono diventato un frate francescano che porta da mangiare agli ultimi, scalzo e col saio, nulla da criticare è presente nel suo nuovo album, a suo modo secondo passo del suo secondo tempo, andando a considerare Persona una sorta di rinascita artistica, nuovo stile, nuove tematiche, anche un successo mainstream impensabile agli esordi, quelli al fianco dei Club Dogo. Il fatto è che, esattamente come Zerocalcare nei fumetti, Marracash è il più letterato dei rapper, considerando un universo a sé stanti Rancore e Caparezza, uno capace di improntare una lingua decodificabile anche per chi non ascolta il genere, ma di imbastire al tempo stesso un discorso a chi quel linguaggio lo pratica o lo comprende, mettiamoci pure i passanti distratti, attratti e tenuti poi sul posto da suoni comunque contemporaneissimi. Un album politico, quello di Marracash, di quel tipo di politica che parte da sé e dalla propria vista sul mondo, la visione è lì, in controluce, prendendo una posizione ferma, non lesinando bastonate anche a chi sta nei suoi pressi, almeno nella percezione comune, la coerenza innalzata a valore assoluto, la presa di coscienza, la parola consciousness sarebbe presente se Marra fosse americano, di star praticando una cultura altrui, e di non potersi permettere di praticarla tanto per, la parola rispetto pretesa e quindi applicata alla lettera. Un grande affabulatore, Marracash, che mai come oggi sembra, anzi è in grado di raccontarsi come uomo che si trova a vivere in una nazione malconcia, le ipocrisie esibite come medaglie al petto, un vissuto intenso che non viene lesinato rima dopo rima, un brano come Noi è un racconto di formazione, né più né meno, milioni di parole, tutte necessarie, tutte precise, Io una pagina di diario esibita con quel pudore che chi scrive diari ben conosce, un lucchetto di quelli giocattolo messo lì, paravento per escludere un mondo che vorremmo si accorgesse di noi, Gli Angeli di Vasco a fare da base. Un concept album, Noi, Loro, gli Altri, dove il concetto intorno a cui tutto ruota è la vita e la vita oggi, il senso di comunità, ampio, inteso come società, intimo inteso come famiglia e amici, quello del genere che Marra ha scelto come lingua. La politica, quella dichiarata sin dall’apertura, Loro brano destinato a aprire letteralmente le danze, presente anche nel senso tradizionale del termine, le storture di una società disinteressata all’inclusività, sorta di versione terrona delle legittime perplessità di un Dave Chappelle rispetto alla scaletta delle priorità di chi dell’inclusività si riempie la bocca (“tutto è inclusivo tranne i posti esclusivi, no?”). E poi c’è l’amore di Crazy Love, lungi da me affrontare un tema di cui ho così poca esperienza, una vita passata insieme alla stessa donna, l’amicizia di Love, con Guè, la stigmatizzazione a chi di quella cultura affrontata con rispetto, il rap, fa uso discutibile, Pagliaccio e Cosplayer, e quando Marracash si incazza fa davvero male. Piccola notazione personale, vederlo su un video sul tubo in una foto in mezzo ai tipi della sua casa discografica, proprio tra quelle due facce lì, con l’aria intonata da Del Monaco in apertura, mi ha fatto molto ridere, ma molto davvero.
Quando invece si addolora, è il caso dell’urlo lancinante su Nemesi, in compagnia della popstar del momento, Blanco, quel “sei mai stato libero?” urlato a pieni polmoni, è davvero perfetto, oltre una dizione tutta sbagliata, ma evidentemente è solo Zerocalcare a essere titolare della dizione sbagliata, al momento.
Due lavori simili, Strappare lungo i bordi e Noi, Loro, gli Altri, sincero, diretto, coerente con il genere che stanno praticando, ma con una cifra originale che all’interno dei generi praticati fa spiccare i due artisti in questione, di artisti si tratta, come eccellenze, sinceri al punto dal fare del proprio impersonare il cliché di loro stessi un valore aggiunto, come il suono della chitarra di Mark Knopfler, il tocco sul piano di Jarrett, la voce di Ray Charles.
Due romanzi, Strappare lungo i bordi e Noi, Loro, gli Altri, solo in apparenza romanzi di genere, sinceri, vividi, volendo anche sanguinanti, pulsanti. Due romanzieri di razza, Zerocalcare e Marracash, provenienti dai bordi di periferia, Rebibbia e Barona, uno sguardo mai cambiato, nonostante l’indubbio successo, il monolgo che spiega la scelta del titolo di Zerocalcare, su come ci si immobilizzi per paura di andare fuori dai bordi, le parole scelte da Marra per esternare i suoi Dubbi forse sfociano nella poesia, il “forse non credo più al prodotto che vendo” assolutamente in linea con i post con cui Zero ha lanciato la serie su Netflix, il chiedere costantemente scusa per esserci, per essere visibile più che per essere parlante. Per esserci e parlare non solo a me, cinquantadue anni, certo, un lavoro che mi tiene al passo coi tempi, o almeno mi ci dovrebbe tenere, ma anche i miei figli, almeno gli adolescenti, Lucia, venti anni, Tommaso, sedici, e mai come in questo caso sono felice di fare un mestiere che mi spinge a non fermarmi al passato, del resto Michele Rech, ovverossia Zerocalcare, ha trentasette anni, Fabio Rizzo, cioè Marracash, quarantadue, non è che siano esattamente due ragazzini, lo fossero e riuscissero a raccontare la vita con altrettanta profondità, non lasciatevi ingannare da certa patina pop, è solo superficie sugli abissi dell’oceano, non sarebbero solo dei grandi artisti, sarebbero dei prodigi, e si sa, dalla periferia i prodigi non possono venire, i prodigi sono Altri.
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