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“L’eccezione e la regola” di Brecht è un’opera coinvolgente dove la giustizia dei forti è prevaricazione inesorabile

E’ in scena, fino al 5 dicembre, al Teatro Basilica di Roma L‘eccezione e la regola di Bertolt Brecht, la regia è di Walter Pagliaro, con sei attrici che interpretano tutti i ruoli del dramma: Micaela Esdra, Martina Carpi, Rita Abela, Silvia Siravo, Giada Lorusso, Valeria Cimaglia. Le musiche sono di Germano Mazzocchetti.

di Diletta Capissi
30/11/2021
INTERAZIONI: 149

INTERAZIONI: 149

E’ in scena al Teatro Basilica di Roma “L‘eccezione e la regola” di Bertolt Brecht, traduzione di Laura Pandolfi. La regia è di Walter Pagliaro, con sei attrici che interpretano tutti i ruoli del dramma, come avveniva agli albori del teatro Kabuki: Micaela Esdra, Martina Carpi, Rita Abela, Silvia Siravo, Giada Lorusso, Valeria Cimaglia. Le belle musiche sono di Germano Mazzocchetti.

Lo spettacolo si può vedere fino al 5 dicembre. “In occasione del centesimo compleanno di Strehler – spiega Pagliaro – abbiamo pensato a un piccolo omaggio: lavorare, del tutto liberamente, su uno dei testi da lui più amati”. 

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“L’eccezione e la regola” è una delle opere più rappresentate di Brecht, fa parte di quei drammi didattici scritti fra il 1928 e il 1934 che avevano lo scopo di essere rappresentate nelle fabbriche e nelle scuole per diffondere i principi del socialismo. 

La regia di Pagliaro è costruita con grande abilità scenica e si muove con un bel congegno ritmicoche definisce subito il cuore della storia sociale e del conflitto che si dipana attraverso allegorie ed espedienti che anticipano la dialettica tra sfruttati e sfruttatori che di lì a poco si consuma nel corso di un viaggio nel deserto. 

Una storia semplice ma piena di simbolismi e di contenuti: “l’Eccezione e la regola” è un dramma didattico che vuole descrivere il meccanismo inesorabile sotteso nel quale la vittima muore isolata nel deserto sotto la mannaia della “regola”. Che è sempre la stessa: i deboli devono soccombere, i forti sono essere preservati e tutelati dalla giustizia di classe.

Concepito come una favola orientale, Brecht, infatti, si era ispirato ad un racconto cinese nel descrivere “la storia di un viaggio” di un ricchissimo Mercante che deve attraversare il deserto del Yahi per concludere un accordo petrolifero ad Urga.

Un viaggio difficile che diventa anche lo spartiacque tra lui e il suo servo-portatore che rimane da solo perché la Guida viene licenziata dal mercante, il quale sempre più spaventato dal deserto inizia ad essere angosciato ed aumenta la pressione sul portatore. Perdita di orientamento e carenza d’acqua alimentano la sua violenza fino al punto che il ricco padrone spara al Coolie, credendo che l’uomo volesse aggredirlo quando in realtà gli sta offrendo la poca acqua rimastagli nella borraccia che gli aveva lasciato laGuida.Così un gesto di bontà e sottomissione diventa occasione di prepotenza.  Ma che non può essere condannata pena il sovvertimento dell’ordine sociale. 

Quella di Brecht è un’opera che deve parlare al pubblico facendo riflettere come in una fiaba zen sul rapporto diretto, senza quarta parete, tra attore e spettatore. A rendere il clima “giusto“ contribuisce la presenza di sei energiche e convincenti attrici che impersonano i diversi ruoli in una corale recitazione che si fonda sull’estemporaneità e sul rigore del movimento. Ma anche una rappresentazione di stili recitativi che affondano nel teatro orientale, nella commedia dell’arte, nella pantomima accompagnati da ritmiche e sonorità molto intense. 

Una prima parte che forse indugia troppo sulle allegorie, sul trascinamento di valigie che rappresentano il segno più evidente della ricchezza del mercante. Mentre la seconda parte è quella in cui il Mercante, interpretato con bravura da Micaela Esdra, viene portato a processo, ma assolto da ogni accusa: secondo il Giudice, impersonato da una convincente Martina Carpi che si erge con vigore nella parte, egli aveva ogni diritto di temere persone di una classe sociale inferiore e di conseguenza l’omicidio del portatore risulta giustificato, indipendentemente dalle reali e sincere intenzioni del Coolie. 

La giustizia dei forti è prevaricazione inesorabile: nel processo a senso unico il testimone principale, in questo caso la Guida, ne è interprete una determinata Silvia Siravo, che ritrova la sua borraccia, nulla può fare contro lo schema prefissato dal potere contro lo sfruttato. 

Ed è così reale e coinvolgente sentirsi, come spettatore, parte del processo in cui ciascuno di noi è spinto a prendere una posizione e dunque a schierarsi. Era proprio questo lo scopo dei drammi didattici. Allora come adesso il dramma e l’abuso di potere sono sotto gli occhi di tutti e non si può sperare in una giustizia equa.

 “L’Eccezione e la Regola”, mette a fuoco – scrive il regista– la complessità del gesto che un umile “Portatore” compie nei confronti del “Mercante” che lo sfrutta. L’improbabile altruismo del servo a favore del suo padrone scatena una reazione assassina che viene pienamente giustificata da un tribunale corrotto. Il nostro progetto si propone di realizzare uno spettacolo colorato e fantastico come una parabola orientale”.

Le scene sono di Gianni Carluccio, i costumi Annalisa Di Piero, assistente alla regia Silvia Micunco, assistente scenografa Sebastiana Di Gesù. La produzione è della Compagnia Diaghilev, Associazione Culturale Gianni Santuccio.

Continua a leggere su www.optimagazine.com


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