Siamo nell’epoca del vale tutto, si sentono cose lunari, che in un altro momento sarebbero bastate a interdire che le pronunciava mentre oggi vengono prese come verità inconfutabili: “la scienza, l’ha detto la scienza”. La gaia scienza. Un luminare, l’immunologo Di Perri, a una trasmissione definisce i bambini “dei piccoli uomini”, che già suona preoccupante di per sé, e conclude: ne fanno già tanti di vaccini, facciamogli anche questo. Ma sì, tanto, uno più, uno meno… La comunità scientifica in verità non ha certezze, è divisa su tutto e particolarmente sull’immunizzazione dei piccini, in Italia il direttore dello Spallanzani, professor Vaia, dice “non ne vedo la necessità”, Cristanti, uno che se c’è da spararla grossa non si tira indietro, gli fa eco, “Andiamoci piano”, e così la immunologa Gismondo e il virologo Menichetti. Ma prende piede la logica del “fatto trenta, facciamo trentuno”. Il ministro Speranza, che come tutti sanno ha la fobia della gente, “Mi sento a disagio con più di due persone, già veder passare le macchine mi agita”, muore dalla voglia di stabilire, gramscianamente, l’egemonia dell’ansia sociale e non gli par vero di chiudere ancora tutto. Poi c’è il Pregliasco, quello dalla faccia triste, che stabilisce i tempi del coito: “Non più di 15 minuti, ancora meglio fare da soli”. Allegria. Dice il nostro scienziato mesto: “A Natale fate come me, che lo passo sempre da solo”. Non c’erano dubbi, gli hanno risposto su Twitter.
Di meglio l’immunologo del CTS Abrignani: “Con la terza dose” dichiara al Corriere “saremo protetti per 5 anni o anche 10”. Quando si dice la precisione scientifica: paiono le previsioni del tempo dei catastrofisti green alla Al Gore, che da 20 anni dice che i ghiacci si scioglieranno e, alla fine di ogni anno, precisa: “L’anno prossimo”. Ora, sarà pure vero che “il sistema immunitario può [sic!] avere bisogno di questa stimolazione per innescare una risposta a lungo termine”, come specifica Abrignani, senonché non si capisce come possa coprire per un decennio una terza dose dopo che le prime due hanno dimostrato una validità massima di sei mesi. Ma Ilaria Capua, dalla Florida, ha pronta la soluzione: “Faremo richiami ogni anno”. Così son buoni tutti, a questa stregua un vaccino “richiamato” ad ogni calendario copre a vita. Dal che pare evincersi che “la scienza”, o almeno certi suoi rappresentanti, non è che non abbia certezze, è che ne ha una sola: di non averne. E va bene che la medesima scienza impara dai suoi errori, però qui si esagera, più che pareri medici paiono i numeri al lotto. Poi se anche ci va di mezzo qualche milione di persone, per di più giovani e infanti, che vuoi che sia. Del resto, spiega il professore dell’Humanitas Alberto Mantovani, “Gli effetti collaterali dimostrano che il vaccino funziona”. Ma sì, poi a uno gli può pigliare una trombosi, una miocardite, un accidente secco, però vuoi mettere l’appagamento?
Un altro con le idee chiare è Franco Locatelli, quello che parla come un robottino, a capo del Consiglio Superiore di Sanità: “Fino a 59 anni nessun vaccinato ricoverato in terapia intensiva”. Escono i dati ufficiali e si scopre che ci sono 16 ricoverati, rigorosamente vaccinati, sotto i 59 anni. Vale la pena di precisare che qui non si parla pro o contro il siero, ci si limita a registrare le perle di chi parla, sapendo che le sue parole hanno (purtroppo) un peso. L’Europa è divisa su tutto, anche sulla profilassi: in Italia spengono ogni impulso, viceversa l’Austria ha trovato una formula probabilmente definitiva per spingere al dovere civile: chi si vaccina al Fun-Palace di Vienna avrà diritto a 30 minuti in casino. Non per modo di dire, proprio al bordello, “ospite di una signorina a scelta”, informa l’Adnkronos. Si prevedono afflussi record. Non risultano proteste della solitamente attentissima Laura Boldrini. Qualche comprensibile insofferenza, invece, dalle viennesi: perché non pare siano previsti analoghi bonus coi bonazzi maschi
La nave dei folli veleggia impavida imbarcando di tutto. Manuel Agnelli trova, forse perché li ha scoperti lui, come un tempo Pippo Baudo, che “I Maneskin sono i Beatles italiani”: certo, e gli Afterhours i Led Zeppelin di Abbiategrasso. Francesca Michielin è disperata, spende 15 euro al mese in assorbenti – e nessuno capisce come faccia; pretende il tampax di Stato, perché siamo la generazione V, come Vaneggiante (o Viziata), tutto deve coprirlo lo Stato, come in Corea del Nord, poi il fatto che lo Stato non faccia niente “a gratis” ma spremendo le tasche di tutti con le tasse non disturba né Michielin né milioni di sognatori. Per non parlare delle conseguenze, perché più Stato c’è e meno libertà rimane, almeno se la scienza politica ha ancora una validità. Ma niente paura, speriamo ci pensi Greta: potrebbe organizzare i Friday for Ciclo: del resto, dal clima al climaterio il passo è breve.
Non c’è pace neanche nel calcio: a San Siro, per il derby, pareggia il Milan e Ghali, che forse s’era preso un Big Mac alla cannabis, ma bella carica, parte come un missile contro Salvini: “Fascista, assassino, ammazzi i migranti, ha segnato un negro come me”. Il nesso è un po’ criptico, ma, che volete, so’ rapper.
A proposito di clima: il mondo, esterrefatto, ha scoperto i problemi di vapore del presidente americano Joe Biden: alla Cop26 di Glasgow contro le emissioni nocive, si è prodotto in una personalissima e a quanto trapelato estenuante emissione sotto gli occhi, e il naso, di Camilla, moglie del principe Carlo, che ne è rimasta scioccata: “Non smette più di parlarne”. Subito i social si sono messi a ribollire di meme, gettonatissimo quello su Joe The Petoman; altre versioni ricordano Biden nei panni del geom. Calboni, famoso per le sue performance in vagone letto (Fantozzi ne usciva meshato) e Severino Cicerchia, il cugino ladro di Pozzetto ragazzo di campagna. Ecco come mai Greta, a un certo punto, ha fatto fagotto e se n’è tornata precipitosamente in Svezia: altro che CO2, la nube tossica su Glasgow non accennava a diradarsi. Tra l’altro, siccome siamo nell’era delle informazioni in tempo reale, si è subito scoperto che il micidiale Joe pare ce l’abbia per abitudine e, prima della povera Camilla, avesse già sconvolto altre teste a vario titolo coronate, una volta perfino papa Francesco, che a quella ventata demoniaca avrà levato gli occhi al cielo con cristiana rassegnazione. Poi chiamavano Trump “il puzzone”. All’indomani del vertice per l’ambiente, si sono registrate vibranti proteste della Cina verso gli Stati Uniti: “Siamo in guerra fredda, d’accordo, tutto è lecito, dai virus di labotario al sabotaggio tecnologico: però questo attacco batteriologico non vale, è scorretto, non abbiamo armi di difesa”. Il rombo di Joe terrorizza anche l’estremo oriente.
Sempre alla Cop26 (che naturalmente non ha cavato un atomo dal buco), capolavoro di Ursula von Der Leyen, sempre più simile a Charlotte Rampling nel “Portiere di notte”, che tuona contro l’irresponsabile consumo di fonti fossili, a mezzo di uso compulsivo dei mezzi di trasporto, e poi si scopre che è abituata a prendere l’aereoplano anche per fare 50 km. Non da sola, va detto: al summit contro l’inquinamento, i rappresentanti dei vari Paesi sono andati con 400 jet privati. La stessa coerenza degli europarlamentari che tuonano contro chi rifiuta il greenpass ma si votano da soli l’esenzione dal medesimo lasciapassare per andare “a lavorare” nel falansterio di Bruxelles. Ma questa gente, chi crede di incantare ancora?
È tremendo per il cronista annotare queste cose, anche umiliante, ma come esimersi, posto che ne siamo travolti? E allora chiudiamo in bellezza, si fa per dire: a proposito delle manifestazioni contro il governo, il sindaco di Trieste vuole “leggi speciali come sotto il terrorismo”, parendogli i no greenpass peggio delle Brigate Rosse. L’omologo di Padova, per non essere da meno, dichiara al Tg1 che “non possono essere consentite perché [quelli] hanno problemi di igiene”. Nientemeno. O il sindaco si è confuso coi partygiani dei rave, coi noglobal dei centri sociali, oppure l’ha sparata proprio grossa. Non come Joe Bombarda, comunque.