C’è qualcosa che non torna. Nell’epoca in cui una parola è una montagna e basta a travolgere Woody Allen e i Monty Python, Lincoln e Dante, Monicelli e Tew Willer, qualcuno può scaricare montagne di parole oscene e non gli succede niente. Come fa, per dire, uno come Parenzo, ad andare in televisione e rinfacciare a Brosio comportamenti privati con toni oltre la volgarità? Un comportamento che, a leggere il codice di deontologia dei giornalisti, andrebbe immediatamente sanzionato, invece non succede niente: questo Parenzo, che non si capisce bene da dove sia uscito, ha una sorta di immunità. Lo stesso si può dire per la Selvaggia Lucarelli, un’altra che deve sempre tenere su il brand e non si controlla quanto a provocazioni sciocche e sfoghi anche patetici: l’ultimo prende di mira Mario Giordano, conduttore di “Fuori dal coro”, perché ha osato rispettare la pluralità di voci, di dubbi in merito al vaccino e al greenpass. “Fa schifo” cinguetta Lucarelli, e anche qui l’Ordine, teoricamente, proibirebbe in modo drastico insulti e attacchi diretti ad altri giornalisti. Ma l’Ordine non fiata: è troppo occupato, come diceva il suo segretario Verna, a “rieducare Salvini” o a radiare o mazzolare i titoli di Libero sulla patata bollente. La patata no, è intollerabile, le orge rinfacciate a Brosio vanno bene.
Qui occorre guardare in controluce il Barnum dell’informazione. Soggetti come questi, e moltissimi altri, possono fare quello che fanno in ragione di un ruolo, quello di provocatore, che evidentemente va benissimo al potere, visto che lo sostengono; è come se fossero lì apposta, non si era mai visto, almeno in modo così scoperto, uno schieramento di opinionisti e di commentatori così largo e così spalmato sul regime. L’uscita della Lucarelli contro Giordano, forse non per caso, è stata immediatamente rilanciata, con grande enfasi, da Libero, giornale per il quale la Lucarelli scrisse prima di passare al Fatto. E Libero è oggi una delle testate più forsennatamente schierate in favore del governo e della sua azione punitiva contro i dubbiosi, gli scettici e gli insofferenti che vengono gettati tutti nel mucchio definito, con accezione sprezzante, “novax”. Che poi personaggi dalla credibilità discutibile possano servire davvero alla causa, è tutto da dimostrare; comunque si prestano, magari anche in coerenza con ciò che pensano anche se una coerenza ondivaga, figlia del tempo: Lucarelli all’inizio era scatenata contro la psicosi del Covid e ostentava le sue spanciate a base di involtini primavera in segno di solidarietà alla Cina.
C’è chi osserva: ma oggi il mestiere del giornalista è cambiato, oggi l’informazione passa per i social e dunque è costretta a viaggiare sopra le righe. Anche questo è discutibile: che questo mestiere stia attraversando una mutazione, è fuori di dubbio al punto che ormai quello del giornalista è visto come un pretesto, un ponte per altre occupazioni. Chi informa, chi fa opinione, non può prescindere da un ruolo spettacolare: nessuno che voglia ottenere un riscontro massiccio sa o vuole sottrarsi ad una caratterizzazione, al dare in pasto i lati anche pruriginosi della propria vita, ai travestimenti e alla ossessiva narrazione di sé. La Lucarelli – che esordì molti anni fa con un libro dal titolo programmatico: “Mantienimi, aiutami a preservare la mia moralità – ogni tanto se ne esce con un volumetto in cui parla dei suoi amorazzi, delle sue rese dei conti sentimentali. Passata al giornalismo in fase relativamente tardiva, si sdoppia tra opinionismo polemico e varietà, fa la giurata a un programma di intrattenimento della tivù generalista, ma anche lì non rinuncia a scatenare polemiche di cartone: ha attaccato una concorrente, la cantante Mietta, positiva al Covid, le ha rivolto, non si capisce a quale titolo, domande personali inerenti la salute e le scelte individuali, cioè le ha chiesto conto della vaccinazione, violando palesemente la privacy: nessuno ci ha trovato niente di strano, come se un commentatore che solleva le palette a “Ballando con le stelle” potesse improvvisarsi forza di polizia, controllore sanitario, insomma assurgere a una funzione istituzionale. Oltretutto, questi si pongono come apostoli del nuovo linguaggio censorio, vestali del politicamente corretto. Finché riguarda gli altri.
La franchigia di cui molti provocatori godono ha qualcosa di inquietante: possono definire quelli che considerano “novax” poltiglia verde, come ha detto la Lucarelli, possono invitare i fattorini a “sputare nei loro cibi”, come li ha invitati Parenzo, possono augurare loro, come hanno fatto infiniti altri, morte, distruzione, galera o manicomio. Un altro che vive di sovraesposizione e di provocazioni infantili al punto da essersi perso, Andrea Scanzi, disse che voleva vederli “cadere come mosche” mentre si riempiva di birra e popcorn. Lo stesso che, poco più di un anno prima, insultava gli impauriti del Covid, definito “un raffreddore”, perché la psicosi gli impediva di tenere i suoi spettacoli. Mesi fa questo narcisetto che vive contando i suoi follower si ritrovò in una bufera quando si scoprì che aveva disinvoltamente saltato la fila per un vaccino e per giustificarsi non trovò di meglio che definirsi caregiver dei genitori, tutt’altro che anziani; lo fece in collegamento da Merano, dove si era recato per una settimana rigenerante in un centro benessere. Seguirono polemiche, con tanto di fascicoli aperti dalla magistratura, che infine, pur censurando il comportamento in sé, non riscontro elementi di reato. Un po’ di purgatorio e tutto tornò alla normalità, anche se la credibilità del ragazzo pare definitivamente pregiudicata. Una normalità da influencer, quanto a dire che, dai e dai, simili provocatori alla fine si distruggono da soli. Ma il punto non è questo, il punto è che in una fase di fondamentalismo quale mai l’Occidente aveva conosciuto, al punto da riscontrare la cacciata di artisti, docenti, pensatori, e perfino scienziati, per un solo tweet, per una sola parola, qualcuno, come sempre, è più uguale e lo sa. E ne approfitta in modo perfino tracotante. Parenzo, alla non ortodossa Daniela Martani che raccontava di essere stata costretta a scendere dal treno e lasciata alla stazione di Bologna in piena notte, essendole scaduto il greenpass da 4 ore, ha risposto: “Scema, scemetta, cazzi tuoi, non rompere i coglioni”. Dicono che alla Zanzara si può fare di tutto, come nei programmi americani. Ma, a parte che ormai in America non si può dire più niente, siamo proprio sicuri che, in epoca di woke, di cancel culture, di fanatismo politicamente corretto, tanto basti come scriminante, in radio, in televisione, sui social, ovunque, purché a sostegno del regime?