Dicono quelli che nel regime ci stanno benissimo o così credono: ma cosa avete da dire, come vi permettete di dire che siamo in un regime? Non vedete che c’è libertà di espressione, di informazione e tutti possono ripetere quello che vogliono? Report, trasmissione icona della sinistra benpensante, fa un servizio sugli affari delle case farmaceutiche e viene giù il mondo: da sinistra attaccano il prode Sigfrido Ranucci, il conduttore, che evidentemente non si aspettava tanto odio, credeva di vivere in una società democratica, di sinistra democratica. Ed è proprio il PD a chiedere la sua cacciata, la chiusura della trasmissione, a monito perpetuo per chi si permettesse di avanzare sospetti sul buon cuore delle multinazionali dei farmaci.
Dicono i positivisti, gli ottimisti per niente disturbati dal regime: ma su, ma come avete il coraggio di paragonare l’Italia a una dittatura se qui chiunque può protestare, manifestare, fare casino e nessuno gli dice niente? Tutti proprio no: prima il prefetto di Trieste, insieme al sindaco, entrambi di destra, vietano le manifestazioni in città spiegando: “Va compresso il diritto al dissenso”, proprio così dicono”; e già si erano avute le cariche di polizia, gli idranti e i manganelli sui portuali seduti col Rosario tra le mani. Gente sediziosa, pericolosa, senza dubbio. Poi l’agitatore sentimentale Puzzer va a Roma, mette su una patetica protesta davanti a tre seggiole vuote e arriva la Digos, lo porta in Questura dove rimane 5 ore e ne esce con una denuncia per atti sediziosi e un Daspo su Roma che durerà un anno. Talmente atterrito, il Puzzer, che appena libero ha telefonato alla trasmissione “Fuori dal coro” per far sapere che era stato trattato benissimo, “con gentilezza”, e che ringraziava tutti. Anche quelli che lo avevano prelevato? Anche loro. Puzzer, dicono, è uno di gran cuore: sarà senz’altro così, ma le occasioni le sbaglia tutte. Se c’è un individuo mite, non pericoloso, è lui ma lo hanno sottoposto a fermo di polizia e qui torchiato con la maniera dei poliziotti gentili: sa, lei deve capire, sono gli ordini, ma non si preoccupi. È giovane, Puzzer, non sa che questa tecnica si usava anche negli anni del piombo, che lui non conosce, e a volte fa più timore che le minacce espresse. E questo sarebbe il regime democratico di Draghi, il competente, il tecnocrate?
Draghi è un altro che le sta sbagliando tutte, per ora gode del servilismo degli zelanti e dei centri di potere europei e internazionali, ma non durerà. Sta di fatto che se sei un portuale sentimentale ti portano in caserma, se sei uno dei settemila o diecimila partecipanti a un rave, come a Torino, come nel Viterbese a Ferragosto, non solo la polizia non ti ferma ma ti scorta e la Croce Rossa allestisce postazioni per curare quanti scelgono di sfasciarsi con le droghe. Anche se sei un paladino della legge Zan puoi scendere in corteo a minacciare di morte i politici avversi, e la polizia sta a guardare come le stelle di Cronin. Anche se sfili per ragioni politiche ma dalla parte giusta, quella dell’ortodossia sanitaria, quella che il regime non lo vede. Se poi sei un neofascista scalmanato, che di Daspo ne ha già cinque, gli agenti ti accompagnano discretamente fino alla Cgil da assaltare secondo le direttive del ministro di polizia Lamorgese che dice: ma quelli menano, quelli mica scherzano.
Certo non sono dei Puzzer, ma qui siamo al grottesco: i contestatori miti torchiati, i facinorosi violenti tollerati e accompagnati. Non è regime questo? Chi ha bastevole memoria ricorda la legislazione speciale sotto il terrorismo e sa che neppure in quel frangente si arrivò agli eccessi di oggi. Ma oggi la faccenda sembra più rischiosa, più allarmante, più scivolosa verso l’esperimento autoritario, perché l’idolatria per il tecnocrate non conosce limiti e i partiti sono debolissimi. Inoltre, a differenza di allora, non c’è uno straccio di opposizione neppure di facciata: dopo l’abuso di potere sul Puzzer, nessuno ha detto una sola parola in difesa dei diritti fondamentali sanciti nella Costituzione. Lo stesso silenzio si riscontra ogni qualvolta uno dell’ortodossia politica, sindacale, medica o mediatica così si esprime verso gli scettici, i dubbiosi, gli insofferenti verso il greenpass, misura punitiva quasi sconosciuta nel resto del mondo: cani, sorci, devono morire, poltiglia verde, vanno schiacciati, vanno sbattuti in manicomio o in galera, vanno fatti fuori. Intanto anche solo scrivere, informare, svolgere questo dannato mestiere sta diventando difficile come in Cina o in Turchia o in Russia: Report, programma perfettamente allineato a sinistra, si è limitato a cavalcare un tema della vecchia sinistra, il sospetto verso il capitale finanziario manovrato dalle grandi concentrazioni industriali, lo stesso che i brigatisti definivano “Stato imperialista delle multinazionali”. Non sapevano, a Report, che la musica è cambiata e inchieste del genere non sono gradite né a destra né a sinistra. E adesso li vogliono morti, professionalmente eliminati. Però allegri, non siamo in un regime, garantiscono quelli che nel regime ci sguazzano.