Ndakasi non era diventata famosa per un selfie. Non era mica una influencer. Era per quello che stava nella foto. Era per quello che c’era nei suoi occhi. Non finisce di turbarci: con lo stesso amore era stata riscattata, con lo stesso amore se n’è andata: quella luce negli occhi non è cambiata mai, non si è spenta mai, fino alla fine. Può un gorilla di montagna provare riconoscenza? Può sapere cosa è mai la riconoscenza, e l’affetto, e l’affidamento? Può: lo sapeva il suo padre adottivo, André Bauma, attivista e guardia del parco nazionale dei Virunga, nell’est dell’immenso Congo, André che aveva riscattato Ndakasi a 4 mesi, orfana, sperduta, vittima lei, come la madre, dei bracconieri spietati ma André la trova prima, la salva, la adotta.
E lei sa. Diventa una figlia, una amica, un mistero svelato. Ndsakasi sa. Quando si abbandona tra l3 braccia di André. Quando posa insieme a lui, civettuola quasi, non in uno ma in decine di scatti. Ndakasi sa chi è, sa chi è André, sa il suo destino. Sa di amare. Quello che ci mette in crisi, è che lei sa; e, come lei, lo sa ogni animale strappato alla morte, al canile, allo zoo, alla strada. Chi ci è passato lo sa, conosce quel legame impalpabile e immenso, fatto di occhi, di mille attenzioni ricambiate, fuggevoli ma eterne. Che sia un cane, un gatto, un gorilla, non cambia e Youtube scoppia di filmati con leoni, pantere, tigri che riconoscono l’umano che le salvò, magari anni prima, e gli si gettano addosso, e lo abbracciano con le zampe e lo baciano col testone. Loro sanno. Sanno come si abbraccia, come si bacia. Come si vuol bene. Mette i brividi la delicatezza di quelle belve che con una zampata potrebbero spaccare in due il fragile umano e invece non gli lasciano un segno, se non una salivata meravigliosa che è come una cascata d’amore.
Così Ndakasi, diventata famosa non per un selfie ma per tutto questo. Se n’è andata a 14 anni senza mai tradire il suo affetto e quello sguardo. Già. Quello sguardo. Di quella luce che a noi pare fonda, insondabile e invece chissà quali luci nasconde. Poi è facile dire: ma il loro è un amore istintivo, inconsapevole; davvero? E perché, il nostro è forse più razionale? “La amo, lo amo, ma non lo so perché, è tutto sbagliato per me, ma non so farne a meno”. La differenza è che noialtri siamo schiavi di una chimica erotica o intellettuale, “loro” restano legati a un sentimento di lealtà, di riconoscenza che fanno crescere per la vita. Chi è più illogico, chi trasporta il suo cuore sulle correnti dell’attrazione, del capriccio, dell’orgoglio? Ogni animale è uno scrigno di mistero, per noi che riusciamo a capirlo fino a un certo punto; per “loro” è più facile, non si fanno tanti problemi: amano, ed è tutto. Sentono, realizzano. Scelgono. E i nostri rituali sociali sono presi dai loro.
Scelgono: è questo che ci mette in crisi, che ci spaventa nella luce degli occhi di Ndakasi. Perché se ogni animale può amare, allora, forse, non ne sappiamo ancora abbastanza; allora, forse, quando li abbandoniamo, torturiamo, mangiamo, stiamo uccidendo l’amore. Certo, una formula non c’è, altrimenti il mistero tra loro e noi sarebbe svelato e nulla resterebbe. Certo, possiamo benissimo immaginare che la loro soglia oscilli sempre tra istinto e baluginii di ragione: quegli attimi, quelle saette negli occhi, che sanno dire tutto; poi si stancano, caracollano via, ma sempre tenendoci d’occhio. E chi lo sa che sognano, quali i loro incubi. Molti non potranno mai dirci chi li ha terrorizzati da cuccioli, e quell’orrore starà sempre con loro: tornare ad affidarsi è un gesto estremo e enorme, ed è tutto per noi. Noi, che non riusciamo a superare l’offesa, la ferita di chi ci tradisce. Che ci incattiviamo, facendo scontare ad incontri innocenti il nostro dolore di prima. Che cerchiamo vendette e non crediamo. Ndakasi no. Lei, salvata a 4 mesi, capisce che André ha due braccia per difenderla e non smetterà mai di consegnarsi: ecco il senso di quegli scatti così belli e inquietanti, lei dietro, quasi vezzosa, ma vigile, ma presente. Cosa non sappiamo ancora di “loro”, cosa ci spaventa, ci turba in quell’incognita? Forse la nostra cattiva coscienza, sapere di non essere puri, di non sapere amare come loro, sempre a lisciare le nostre cicatrici? Forse il sospetto di non essere poi così distanti nel nostro modo di amare? Chi ha almeno un animale, no, meglio, chi vive con almeno un animale, è consapevole che i giorni sono diversi; che “loro” sanno esserci anche quando in apparenza sono distratti. Colgono il nostro malessere e sanno tamponarlo. Accettano le nostre sfuriate e non covano rancore. Ci capiscono, ci sopportano per come siamo fatti. Noi ci stufiamo, li abbandoniamo legati, li scarichiamo in canile, in un circo o per la strada. Non era famosa per un selfie Ndakasi, ma perché ci ha spiegato che un gorilla di montagna “è solo a un bacio di distanza”, eppure la strada è ancora lunga. La strada per la comprensione è ancora lunga se una cosa normalissima come l’affetto tra una scimmia e un uomo non smette di stupirci, di incantarci, di metterci in crisi.