Per Raoul Bova raccogliere l’eredità lasciata da Terence Hill in Don Matteo 13 è un grande peso e non è per nulla semplice. Dopo aver salutato lo storico protagonista, il quale ha deciso di appendere i panni del buon parroco di Spoleto dopo ventuno anni, il suo erede è già sul set per girare le nuove puntate.
Ma come ha accolto Raoul Bova l’occasione di entrare a far parte di una delle fiction Rai più di successo? E soprattutto perché ha accettato di farne parte?
In un’intervista concessa a TV Sorrisi e Canzoni, l’attore racconta i due motivi (più che validi) che l’hanno spinto a buttarsi in questa nuova avventura televisiva:
“Il primo è che la proposta di Luca Bernabei (il produttore della Lux Vide, ndr) è arrivata in più fasi”, spiega Bova. Inizialmente mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto interpretare un prete. Poi, in un secondo momento, mi ha detto qual era la sua idea e devo ammettere che mi ha fatto molto piacere che avesse pensato a me per una cosa così importante”.
Bova aveva il bisogno di partecipare a un progetto positivo, che potesse portare un po’ di gioia nelle case degli italiani, soprattutto alla luce del periodo storico in cui stiamo vivendo. E chi meglio di Don Matteo poteva rispondere a questi requisiti?
Sentivo l’esigenza di una serie così, di qualcosa che mi togliesse il peso del periodo che abbiamo vissuto. Avevo bisogno di qualcosa di positivo e Don Matteo è una fiction che regala la speranza di un domani migliore.
Il ruolo di Don Massimo, giovane sacerdote incaricato di indagare sulla scomparsa di Don Matteo, gli è arrivato nel momento perfetto, spiritualmente parlando:
Negli ultimi mesi, inoltre, mi capitava spesso di riflettere sulla mia fede: l’arrivo di questo ruolo lo considero un segno, un po’ come mi è capitato quando ho interpretato San Francesco. Non a caso Don Massimo ha un’ispirazione francescana.
In questa sua nuova missione, Raoul Bova sarà consigliato da Giancarlo Magalli, new entry e guest star della prossima stagione in un ruolo chiave legato al personaggio di Don Massimo.