C’è una sottile differenza tra Bene e Male, tra vittima e carnefice: il seme della discordia può nascere negli ambienti più oscuri, frutto di una società che non presta troppa attenzione alle giovani. Con il film La Scuola Cattolica, presentato a Venezia 78, il regista Stefano Mordini ricostruisce uno dei fatti di cronaca nera più dolorosi nella storia del nostro Paese attraverso gli occhi di una generazione stanca e bruciata, che fa della violenza il proprio pane quotidiano.
Tratto dal romanzo omonimo di Edoardo Albinati, la pellicola si avvale di un narratore onnisciente – il giovane Edoardo, un personaggio “di passaggio” – per raccontare le vicende che hanno portato degli ex studenti di una rinomata scuola privata romana a commettere il cosiddetto Massacro del Circeo, nella notte tra il 29 e il 30 settembre 1975.
“Era il 1975 e la violenza era all’ordine del giorno”. La vicenda è ambientata in un quartiere residenziale di Roma, dove sorge un istituto privato maschile in cui i ragazzi della ricca borghesia vengono educati a seguire i precetti cattolici. In realtà, si tratta solo di una facciata: le famiglie degli studenti sono apparentemente perfette, poiché al loro interno c’è un microcosmo fatto di bugie e menzogne. Ed è proprio seguendo l’esempio dei loro genitori che i figli agiscono di conseguenza. Chi finge di essere qualcun altro per sembrare più forte o per farsi accettare dal gruppo. In questo contesto, qualcosa scatta nelle menti di tre giovani – Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira – che si renderanno responsabili di uno dei crimini più efferati dell’epoca.

Tanti (troppi) personaggi irrompono sulla scena, andando non solo a confondere lo spettatore, ma anche a creare sotto-trame inutili e facilmente dimenticabili. Evitabilissime le crisi che riguardano i genitori dei ragazzi, tra cui la madre annoiata che ha la storiella con lo studente (interpretata da Jasmine Trinca), o il marito che si scopre omosessuale e abbandona la famiglia, tranne quella inerente al padre violento di Guido (un Riccardo Scamarcio cattivissimo), perché giustifica il comportamento del ragazzo a scuola e il suo coinvolgimento nel rapimento delle vittime Donatella (Benedetta Porcaroli) e Rosaria (Federica Torchetti).
Al film La Scuola Cattolica manca una sceneggiatura solida in grado di spiegare il motivo che ha spinto questi giovani a compiere degli atti così terribili. L’intento del regista è chiaro: raccontare come la violenza germogli senza una ragione precisa, solo per dimostrare di essere onnipotenti. La violenza può nascere anche in seno a un gruppo di giovani annoiati che si trasformano in mostri. Il discorso affrontato sull’ambivalenza tra Gesù e il Diavolo funziona in quel senso, ma è fine a se stesso.
La narrazione pecca anche nel trovare il giusto equilibrio tra esplorazione psicologica (quasi del tutto assente, a favore di una lunghissima premessa, non richiesta, volta a presentare ogni personaggio) e violenza gratuita; gli ultimi 20 minuti sono atroci, difficili da digerire, e si poteva – e doveva – trovare un modo migliore per raccontare un fatto che ha sconvolto il nostro paese.