Dall’eroina solitaria e sanguinosa di A Girl Walks Home Alone at Night a Mona Lisa and the Blood Moon. Così Ana Lily Amirpour torna a Venezia dopo il film post-apocalittico The Bad Batch per raccontare un’altra storia al femminile. Ancora soprannaturale.
Abbandonate le atmosfere dello spaghetti western in bianco e nero, le lande desolate del Texas, la storia si sposta nei sobborghi più squalidi di New Orleans. Una città del peccato, nota per la sua ininterrotta vita notturna, dove proliferano delinquenti e gente poco raccomandabile. La protagonista stavolta è una giovane (l’attrice sudcoreana Jeon Jong-seo, una rivelazione da tener d’occhio ) scappata da un manicomio e dotata di poteri insoliti quanto pericolosi. Rinchiusa fin da piccola tra quattro mura, il mondo là fuori potrebbe essere più minaccioso di lei. Ad aiutarla c’è una donna, Bonnie Hunt (Kate Hudson), spogliarellista in apparenza dura, che fa amicizia con lei e la accoglie nella sua casa. L’arrivo della giovane scuote il rapporto tra la donna e suo figlio Charlie (Evan Whitten), inizialmente contrario alla presenza della nuova inquilina. Poi se ne affeziona quando capisce il suo potenziale.
Mona Lisa and the Blood Moon è una favola urban fantasy in cui emerge l’amore della regista per il genere del soprannaturale con cui è cresciuta da bambina. E i protagonisti sono infatti due giovani: la ragazza in fuga e Charlie, il ragazzino che l’aiuta e con cui stringe un forte legame. Un racconto che richiama alla fantascienza di Stranger Things e all’innocenza dei suoi personaggi.
Il duo composto da Kate Hudson, in un ruolo “rozzo” e inedito, e Jeon Jong-seo, giovane attrice sudcoreana apprezzata in patria, emana una forza vibrante: la prima chiacchierona, la seconda taciturna.
In una società caotica e distorta, dove ci viene privata la libertà e l’essere se stessi, qual è l’unico modo per sopravvivere se non quello di imparare a fidarsi delle persone? A distinguere il Bene dal Male? Per Mona Lisa sarà l’inizio di un viaggio verso la libertà.