Il live dei Pink Floyd a Venezia è una storia di bellezza e polemiche. Da una parte ci sono David Gilmour, Richard Wright e Nick Mason, orfani morali di Roger Waters che ha lasciato la band nel 1985. Dall’altra parte c’è la politica, quella di un assessore dal pugno di ferro che spaccia i Pink Floyd come una pericolosa band heavy metal. Quella di un sindaco che si rifiuta di firmare l’ordinanza per autorizzare il concerto. In mezzo, tra i due fuochi, c’è il promoter Francesco “Fran” Tomasi che propone di far suonare i Pink Floyd sulla laguna, di fronte a piazza San Marco.
Perché sulla laguna? Il 15 luglio 1989 è l’ultima giornata del Redentore, e nel Settecento gli orchestranti intrattenevano i cittadini con esibizioni che avvenivano proprio su piattaforme galleggianti. Chi si oppone al concerto dei Pink Floyd a Venezia non concede i bagni chimici, non dispiega un numero sufficiente di forze dell’ordine, non installa un maxischermo per il pubblico a terra e crea il disastro.
Nel mezzo, ancora, c’è Fran Tomasi che cerca di sollecitare per l’impiego dell’AMIU Venezia per la pulizia degli spazi dopo l’evento. Pulizia che, come le cronache ricordano, avverrà due giorni dopo, quasi un tentativo politico di fotografare piazza San Marco devastata dopo un concerto non gradito. In quell’anno le due Germanie e la Russia sono ancora in guerra fredda, ma il live dei Pink Floyd a Venezia viene trasmesso in mondovisione anche tra i Paesi belligeranti. In Italia la Rai trasmette l’evento in diretta, e per questo il tempo massimo stabilito come durata del concerto è 90 minuti.
Un po’ catastrofe, un po’ (tanto) storia: il 16 luglio Gilmour, dal suo yacht, osserva i giornalisti che assaltano l’hotel Lido. Tra di loro c’è Carlo Verdone, grande estimatore dei Pink Floyd. “Mai più così”, titola Il Gazzettino dopo il concerto dei Pink Floyd a Venezia, ma è stato un successo.