La nuova serie Sky Original Cobra – Unità Anticrisi ha debuttato lo scorso 18 giugno su Sky Atlantic e Now, senza troppo clamore, ma potrebbe farsi notare nel semi-deserto della programmazione estiva. E non necessariamente per i suoi meriti.
Cobra – Unità Anticrisi è un political drama creato da Ben Richards, con Robert Carlyle, Victoria Hamilton e Joshua Hogan alla guida del cast. L’acronimo del titolo sta per Cabinet Office Briefing Room A e identifica un gruppo di funzionari del governo britannico che si riunisce per prendere decisioni dirimenti durante i periodi di crisi. E diamine se c’è una crisi in questa serie: nientemeno che una tempesta solare di enormi proporzioni sconvolge la magnetosfera terrestre fino a impedire i voli aerei e lasciare intere zone d’Europa senza elettricità.
In Cobra – Unità Anticrisi Robert Carlyle interpreta il Primo Ministro inglese: conservatore, austero e molto attento alla sua immagine pubblica, il premier Robert Sutherland si ritrova contemporaneamente a guidare la nazione durante una catastrofe ambientale senza precedenti, una conseguente crisi economica e sociale di proporzioni devastanti e varie rogne personali (l’amica di sua figlia che muore dopo essersi drogata con lei, ad esempio) che con un tempismo perfetto gli si presentano proprio mentre l’attività solare minaccia di far regredire di secoli la situazione del suo Paese. Anche il suo capo di stato maggiore Anna Marshall (Victoria Hamilton), affidabile braccio destro, è contemporaneamente alle prese con uno sconvolgimento enorme della sua vita privata, il ritorno del suo primo amore risalente ai tempi della sua attività di corrispondente dalla guerra Bosnia, mentre il retrogrado e impresentabile ministro degli Interni Archie Glover-Morgan (un David Haig che si fa odiare in modo impeccabile) approfitterà della crisi del governo per conquistare potere a Downing Street. A guidare gli esperti dell’unità COBRA c’è il sempre affidabile scienziato Fraser Walker (Richard Dormer), direttore del Segretariato per le Emergenze Civili, la cui vita è però sconvolta dalla morte del padre proprio mentre sta gestendo il più grosso pericolo per la sopravvivenza del suo Paese. Perché ovviamente ogni disgrazia personale, ogni scandalo, ogni dramma scoppia o si amplifica proprio nel bel mezzo della peggiore crisi nazionale dal dopoguerra ad oggi.
Basti pensare che il primo episodio di Cobra – Unità Anticrisi si conclude con un aereo fuori rotta costretto dalla mancanza di carburante ad atterrare – o meglio a schiantarsi – su un’autostrada, con relativa strage di morti e feriti. Un incubo che però sembra non essere abbastanza rappresentato in scena, perché al di là delle rivolte nei centri di detenzione e degli ospedali al collasso, non sembra che l’intera società avverta da subito il senso di apocalisse imminente che pure si respira nelle riunioni del COBRA. Per non dire dei singoli decisori pubblici che hanno ben altro a cui pensare: il premier deve coprire uno scandalo che riguarda sua figlia e il suo uso di droghe, la sua collaboratrice più fidata ha appena tradito il marito con un uomo riapparso nella sua vita dopo anni di lontananza e il suo ministro degli Interni non fa altro che minimizzare i rischi in nome del contenimento del panico.
Di episodio in episodio Cobra – Unità Anticrisi si muove costantemente tra il registro del political drama e questa atmosfera da disaster movie in stile The Day After Tomorrow. Rispettando i canoni classici del dramma politico, i protagonisti intavolano dialoghi serrati fatti di botta e risposta al vetriolo mentre camminano velocemente, quasi scandendo al passo il ritmo delle loro parole, tra i corridoi delle stanze del potere, in questo caso prevalentemente a Downing Street. Un motivo imprescindibile di ogni serie del genere: non si può fare a meno di politici, funzionari, giornalisti, comunicatori che camminano a passo spedito decidendo le sorti di un Paese sulla base di argomentazioni non sempre razionali. Ma a snaturare il political drama c’è tutto l’aspetto catastrofico introdotto dalla tempesta solare e dalle sue conseguenze disastrose sull’approvvigionamento energetico e dunque sulla tenuta del tessuto sociale. In ogni serie sulla politica c’è un evento che improvvisamente travolge un governo e minaccia gravemente la società che questo amministra, ma qui si è un tantino esagerato, forse ispirandosi al riuscitissimo Chernobyl di HBO nel tentativo di imitarne la formula in un’ambientazione contemporanea e occidentale. Con un tempismo perfetto, si potrebbe tentare una similitudine con le unità di crisi attivate dai vari Paesi del mondo che hanno avuto a che fare, in modo più o meno grave, con la pandemia da Coronavirus, ma questa è una semplice coincidenza visto che la serie è stata prodotta nel 2019 ed è uscita nel Regno Unito a inizio gennaio 2020, quando ancora non si intravedevano le dimensioni del fenomeno in corso.
Guardando Cobra – Unità Anticrisi la domanda di fondo dovrebbe essere: come si governa una crisi inimmaginabile con risorse e conoscenze inevitabilmente limitate sul fenomeno tenendo i nervi ben saldi? Ma alla fine l’unico dubbio che viene allo spettatore è: ci si può fidare di chi prende decisioni più sulla base dell’esigenza di conservazione del potere che del bene collettivo? Per sgomberare il campo da ogni equivoco, chi decide di approcciarsi a questa serie sappia sin da subito che il paragone con Chernobyl non regge, anzi, non merita nemmeno di essere avanzato: l’indubbia ed eccelsa qualità drammaturgica della serie HBO sul disastro nucleare del 1986 ha davvero pochi pari nella storia della tv contemporanea e Cobra – Unità Anticrisi non appartiene nemmeno alla sua stessa galassia, per restare in tema di Spazio. Cobra manca di credibilità e razionalità nella trama, ma soprattutto somiglia molto a quelle serie commerciali di Netflix realizzate con poco budget e ancor meno pretese di attendibilità (che pure si fanno divorare in binge-watching, intendiamoci). Semmai una Chernobyl dei poveri, insomma.
Cobra – Unità Anticrisi è una serie che ha il suo punto forte solo e unicamente nella semplicità della visione, che non impegna, non affatica lo spettatore, non lo costringe a calarsi in scenari complessi, anzi, è piuttosto prevedibile nelle principali svolte narrative e nel continuo ammiccamento al genere distopico.