L’idea per quest’articolo è nata spontanea guardando una vignetta. Una vignetta firmata da Mauro Biani dedicata ad Adil Belakhdim, il 37enne ucciso durante una manifestazione a Biandrate, investito da un camion. La vignetta recitava: “Tanti stranieri fanno lotte che molti italiani non vogliono fare più”. Un richiamo alla frase strasentita che parla dei lavori che gli immigrati fanno al posto degli italiani. Oltre quei lavori in effetti sembra proprio che gli stranieri si siano fatti carico anche delle lotte per i diritti.
Lotte che gli italiani sembrano aver mollato. Come se noi italiani fossimo diventati con gli anni più facilmente ricattabili e più inclini a chinare la testa in ossequio a questa o a quella logica. O forse perché chi attraversa il deserto e il mare ha sicuramente abbastanza coraggio per opporsi a chi da anni lo sta sfruttando. O più semplicemente perché i “nuovi italiani” di fatto fanno i lavori più faticosi e maggiormente soggetti a vessazioni e paraschiavitù. Sembra chiaro che la loro volontà di ribellarsi a un sistema che li sfrutta rappresenta un’esigenza più che una scelta.
Facciamo il tifo per gli immigrati come Adil, ci conviene
Nelle loro mani è finita l’eredità delle conquiste ottenute negli anni ’70 in questa nuova rivoluzione a cinquanta anni di distanza. Gli effetti della più importante rivoluzione industriale degli ultimi duecento anni stanno arrivando e pesano sulle spalle del nuovo sottoproletariato italiano. Tocca a loro quindi riprendersi i diritti che definire umani in alcuni casi non è esagerato.
A noi italiani non resta che sperare in loro. Già speriamo in loro per tenere in piedi la nostra agricoltura. Già speriamo in loro per provare a non far morire di vecchiaia il nostro Paese. Sono gli unici oramai a fare figli soprattutto nelle aree più depresse della nazione. Non possiamo fare altro che siano loro a riprendersi i diritti che abbiamo ceduto anno dopo anno in questi anni. Alla faccia di chi parla di invasione e di gente che viene a rubarci il lavoro, le donne e il lavoro. Facciamo il tifo per loro e possibilmente non investiamoli con un camion come fatto con Adil, per dire “signor sì” al padrone di turno.