Anche io, come molti, come tutti, ho visto il video di Nanni Moretti. Quello che lo stesso Nanni Moretti ha postato su Instagram, riguardo la prossima partenza per Cannes sua e del cast del suo prossimo film, video poi debitamente tagliato e accorciato all’uso, con solamente il suo passaggio elevato a icona di questi strani giorni. Non servirebbe, quindi, il mio raccontarvelo, ora, perché già lo conoscete. Ma visto mai che qualcuno ancora si ostini a non frequentare i social, eccovi una breve sinossi. Nel video c’è lui, Nanni Moretti, che in camera sua fruga nell’armadio. Fin qui niente di rilevante, verrebbe da dire, non fosse che mentre lo fa in sottofondo si sente Soldi di Mahmood, cantata in maniera sguaiatissima e stonatissima dallo stesso regista romano. Sì, c’è lì Nanni Moretti, serissimo, che mentre guarda nell’armadio stona su Soldi di Mahmood, andando addirittura a emulare il clap clap, quello sì iconico, di quel brano, nel secondo passaggio anche guardando in camera con sguardo severo. Poi la scena si sposta in bagno, mattonelle turchese sulle pareti, con lui che si aggiusta il papillon, è vestito per Cannes, non dimentichiamolo, compiaciuto, andando a tempo. Nel resto del video, quello che è stato debitamente tagliato, ci sono le protagoniste del suo film, quello in gara a Cannes, appunto, Tre piani, nello specifico vediamo Margherita Bui, Alba Rohrwacher, Elena Lietti e Denise Tantucci, tutte intente nella medesima preparazione.
Il video è stato accolto con grande entusiasmo dai social, Instagram, dove è stato condiviso inizialmente, e Twitter in testa. Che Moretti sia un appassionato di pop è cosa nota, almeno tra i suoi cultori, e che sia stonato come una campana altrettanto, gli capita spesso di cantare nei suoi film, e è sempre uno spettacolo terrificante. Terrificante e bellissimo, perché è l’attimo in cui l’intellettuale, quello novecentesco, che lui incarna alla perfezione, scende a patti con il pop, appunto, con la cultura popolare, Pasolini appassionato di calcio, Sanguineti che scrive delle Lecciso. Il postmodernismo che si spoglia della sua aura salvifica, la volontà di ridere del fallimento del capitalismo, divenendo semplicemente un momento di leggerezza, il pelo dell’acqua che può forse nascondere profondità abissali, o semplicemente essere pelo dell’acqua azzurra.
Ora, il fatto che Moretti abbia deciso di fare questo video potrebbe anche semplicemente essere una furbissima mossa promozionale, ecco l’intellettuale che si mostra pop, che gioca a passare per meno intellettuale di quanto non sia, o che più semplicemente, da bravo regista quale è, confeziona una pillola perfetta per questa epoca social, non è che l’avere sessantasette anni implichi necessariamente una analfabetizzazione digitale, credo, ma prendiamo tutto questo per buono, a Moretti piace canticchiare Soldi di Mahmood, al punto da farne in qualche modo un passaggio promozionale del suo prossimo arrivo a Cannes, non proprio roba ordinaria.
Cosa ci dice dunque questo video, sempre che ci voglia dire qualcosa e che il qualcosa che ci dice sia riconducibile in qualche modo a altro che non sia il prossimo venturo approdo alla Croisette di Nanni Moretti e delle sue attrici?
Io credo che ci possa dire, e so che sto per fare quello che tecnicamente è una sorta di harakiri, quei gesti suicidi compiuti in pubblico che se slegati a una qualche colpa da espiare, forse avrei dovuto scrivere Seppuku, non sono ferratissimo di cultura giapponese, finiscono per essere semplicemente goffi tentativi andati a buon fine di farsi del male, autolesionismo fine a se stesso, ma tant’è, ormai mi sono imbarcato in questo discorso, e sono troppo stanco mentalmente per fermarmi prima del baratro, io credo quindi che ci possa dire che a volte si può anche essere leggeri, rinunciare, per così dire, alla propria poetica, o includere nella propria poetica anche spazi di leggerezza, con questo non volendo certo rinnegare se stessi e le proprie istanze, e non necessariamente volendo fare l’occhiolino ruffiano a qualcuno, semplicemente per divertirsi.
Come dire, è già un periodo sufficientemente di merda, la pandemia, la crisi economica che ne è conseguita, la morte e l’agonia, metaforiche o meno, che ci circondano, farsi quattro risate sane, senza sovrastrutture o secondi fini non può che essere guardato con simpatia, se non addirittura con stima.
A questo punto, è quasi una regoletta di quelle che si imparano alle elementari, tipo Di-a-da-in-con-su-per-tra-fra o le tabelline, dovrei quindi esibire la mia versione, scritta, di me che canticchio Soldi di Mahmood, senza neanche avere un Festival del Cinema di Cannes da affrontare. No, non io che canto Soldi di Mahmood, non sto parlando di inscenare una cover del video di Nanni Moretti, parlo di qualcosa che sia il mio corrispettivo di quel video, che so?, io che dico che ho ascoltato Shimmy Shimmy di Takagi e Ketra, featuring Giusy Ferreri, e che mi è molto piaciuta, che mi sono divertito a ascoltarla, prima, e che forte di quella produzione così centrata, non ho potuto che cascarci dentro con le scarpe e tutto, finendo per canticchiarla tutto il giorno. Ecco, dovrei fare una cosa del genere, ma io Shimmy Shimmy l’ho ascoltata davvero, e seppur nutra una grande simpatia umana per Giusy Ferreri, una delle artiste più simpatiche che mi sia capitato di conoscere, e apprezzi anche il suo modo di cantare, no, non ci sono caduto con le scarpe e tutto, la ritengo esattamente quel che è, una canzone usa e getta, buona per una estate, anzi, buona per una estate di quelle che ci si vuole dimenticare abbastanza velocemente appena il cielo comincia a rannuvolarsi e lasciare intendere l’imminente arrivo dell’autunno.
Niente, non sono abbastanza intellettuale, si vede, o lo sono troppo, vallo a sapere. O magari è proprio che non mi hanno invitato a presentare nulla a Cannes, e quindi la leggerezza non mi ha ancora raggiunto. Vado a ascoltarmi il nuovo disco dei Counting Crows, sicuro che qualcosa su cui riflettere lo troverò.
Oh, a breve esce la canzone che Fedez ha inciso con Orietta Berti e Achille Lauro, qualcosa che sulla carta dovrebbe indurmi non tanto a fare seppuku o harakiri, ma a darmi fuoco come Ian Palach dentro la sede dell’etichetta discografica che lo pubblicherà, questo nonostante l’imperitura stima che io nutro per Orietta Berti, vuoi vedere che è la volta buona che riesco anche io a apprezzare certi tormentoni estivi?