Chiunque abbia letto Kafka, una qualsiasi delle opere di Kafka, intendo, dal suo romanzo più noto, La metamorfosi, al Processo, passando ovviamente per Il castello e i racconti, sa bene cosa si intende quando si parla di kafkiano. Qualcosa, cioè, che come accade ai personaggi delle opere di Franz Kafka, è impigliato in un dedalo di situazioni paradossali, grottesche, angoscianti, spesso legate a chi detiene il potere, sia esso Stato o Dio.
Pensi al termine kafkiano e ti viene in mente qualcosa di cupo e grigio, come gli ingranaggi della burocrazia, l’ottusità della burocrazia.
Bene. Anzi, male, malissimo, mi sono trovato a vivere una giornata decisamente kafkiana, ieri. Roba che se mi fossi svegliato nel corpo di un gigantesco scarafaggio la avrei saputa affrontare meglio.
Mia figlia grande, Lucia, sta per affrontare l’esame di maturità. Leggo ieri che sembra sia prevista una sessione di vaccini per i maturandi, fatto in sé positivo, anche se fatico a capire il senso di non averli vaccinati prima, visto che a scuola ci vanno da tempo, e di non averli vaccinati tutti. Prendiamo il buono, mi dico, e le chiedo di darmi la tessera sanitaria, così da essere pronto, nel caso aprissero le vaccinazioni a riguardo. Lei, che non esattamente la persona più ordinata al mondo, mi dice che non ce l’ha, anzi, mi dice che ce l’abbiamo io e mia moglie. Ovviamente la cosa non è vera, le ricordiamo in che occasione specifica lei ce l’ha chiesta, le ricordiamo un paio di occasioni in cui l’ha usata. Più semplicemente, le facciamo notare che noi non la abbiamo e come sia differente il nostro modo di tenere le cose e il suo, ma non otteniamo risposta. Poi realizza che, quando qualche tempo fa le hanno rubato il portafogli, furto per il quale ha fatto regolare denuncia, c’era anche la tessera sanitaria, anche se nella denuncia si è dimenticata di menzionarla. Per questo, al momento ne è sprovvista.
La cosa in sé non dovrebbe destare preoccupazione, se non per il futuro di mia figlia, per quando, cioè, si troverà a doversi gestire da sola e fare quindi i conti col fatto che se ti scordi le cose poi forse ti troverai a dover correre letteralmente ai ripari in zona Cesarini, ma questi sono filosofeggiamenti, figurarsi
Lei va a scuola e io provo a fare quello che il buon senso mi dice di fare, consultare Google per capire come si può fare richiesta del numero della tessera sanitaria di mia figlia, per poi andare a chiedere un duplicato della tessera sanitaria, operazione che immagino appena più lunga. Nel mentre mia moglie sta consultando copie di prescrizioni e documenti sanitari, per vedere se lì vi è traccia di quel numero, ovviamente senza trovare quel che cercava.
Google mi dice che ci sono due strade, rivolgermi alla Regione Lombardia, che produce la tessera sanitaria, o rivolgermi all’Agenzia delle Entrate, che tecnicamente produce al tessera col microchip, perché ormai da tempo codice fiscale e tessera sanitaria convivono nello stesso badge.
Bene, mi dico, povero illuso, ho due opzioni. Vado sul sito di Regione Lombardia e per la seconda volta nel giro di poco tempo mi trovo di fronte a un grande Boh, come il libro di Jovanotti. Quando tempo fa ho dovuto spostare la domiciliazione sanitaria di mia suocera ci ho passato del tempo, senza trovare risposte, per poi andare all’ATS di persona e vedermi consegnare a mano, giuro, un foglietto con il link giusto su cui fare le pratiche, link irraggiungibile semplicemente navigando. Il perché mi abbiano dato un link all’ATS, invece di parlarmi e fare le pratiche in presenza, è il Covid, e anche oggi la situazione è questa, si deve fare tutto online, questo è chiaro. Posso forse prenotare un appuntamento, scaricandomi una app sullo smartphone, ma il primo posto disponibile è per il 5 luglio. Mi armo di pazienza e navigo. Per la cronaca, nel caso di mia suocera, riuscito a trovare le pratiche di cui sopra, col link del foglietto, mi sono poi trovato nella medesima situazione per revocare il medico curante nella regione di origine, fatto che ho superato alla vecchia maniera, chiamando una amica che lavora all’Asur locale, e bypassando gli ostacoli, poi uno dice che maledice la burocrazia. Oggi non ho amici da consultare, purtroppo, anche se mentre navigo condivido le mie avventure sui social, ricevendo consigli impraticabili e soprattutto massime come “se avevi le fotocopie non avevi problemi”, massime a cui rispondere categoricamente “e grazie al cazzo”, non vedo come fare altrimenti.
Niente, dal sito ATS non riesco a trovare una soluzione. Tocca fare tutto online, ma per fare tutto online, mi dicono, serve la tessera sanitaria, il che, converrete, è appunto kafkiano. Mi manca qualcosa e per averla serve quel che mi manca. C’è però la possibilità di fare richiesta veloce, dicono, usando lo Spid. Mia figlia non ha lo Spid. È per altro a scuola, neanche potrebbe farlo, ma magari recuperiamo nel pomeriggio. Provo a capire come fare, e consultando un po’ tutti i siti che a creare lo Spid sono preposti, a pagamento o gratuiti, tutti a un certo punto chiedono di poter verificare chi vuole lo Spid, tramite la tessera sanitaria. Kafka, anche stavolta. Per avere la tessera sanitaria serve lo Spid e per avere lo Spid serve la tessera sanitaria.
Vado sul sito dell’Agenzia delle Entrate, esiste una seconda possibilità, dicono. Prenoto un appuntamento, ma se all’ATS la data di attesa era il 5 luglio, con l’Agenzia delle Entrate va anche peggio, non ci sono proprio posti, mai più, sembra, da qui alla fine dei giorni. Allora provo a seguire le procedure online. E le procedure online chiedono due cose, o la tessera sanitaria, ovviamente, o di poter verificare chi si iscrive attraverso un controllo incrociato delle ultime dichiarazioni dei redditi. Mia figlia non lavora. Non ha mai fatto dichiarazioni dei redditi. Si può però accedere anche con firma digitale, che però al momento non è possibile più fare da febbraio, o usando le credenziali pregresse del sito, che non abbiamo. Ok. Torno al sito dell’ATS, e recupero dei numeri di telefono.
Kafka, anche stavolta. Passo mezz’ora ascoltando musica classica a un centralino, quello della mia ATS, per sentirmi finalmente rispondere da una signora gentile che mi dice che no, loro non possono darmi informazioni, perché quel numero serve, giuro, per sapere i numeri da chiamare per avere informazioni. Lo faccio, ma dopo un’ora li mando a cagare. Provo numeri verdi, che dopo minuti di attesa mi dicono che tocca andare di persona all’ATS, e se gli fai notare che non è possibile farlo cascano dal pero, e ti suggeriscono di usare il sito. Nel mentre provo di tutto per avere lo Spid, e chiedo anche consigli sui social. E qui viene un’altra situazione kafkiana, perché tutti mi dicono che il solo modo veloce e senza bisogno di avere la tessera sanitaria, è andare alle Poste. Alle Poste, a Milano, si va o facendo ore di coda, o prendendo appuntamento. Quindi, per non dover andare all’ATS, questo mi si dice, devo andare alle Poste a fare la coda, o chiedere un appuntamento. Questo per velocizzare le cose.
Kafka, ancora una volta. Vuoi digitalizzare tutto, crei bug su bug, e per cosa?, per finire in coda alle Poste, come direbbe Ray Liotta, come uno stronzo qualsiasi. Se lo fai notare sui social, l’incongruenza, la gente non capisce, ti dicono di usare le fotocopie che non hai, ti spiegano che era meglio farle, ti mandano link che poi ti chiedono la tessera sanitaria, in un loop infernale.
Il tutto mentre tutti ti dicono, io ci ho messo due minuti, io cinque, e ogni volta salta fuori che quei due minuti contemplava andare alle Poste o avere già quel che serviva. Per non dire di chi ha suggerito di andare da Buffetti, come se Buffetti ci fosse in ogni angolo di una metropoli, o ha specificato che da lui, in un paese di cinquemila anime, fila alle Poste non ce n’è.
Non so se mi ha atterrito più la pletora di velocissimi cittadini, abili digitalmente salvo poi andare alle Poste, o constatare che avrei fatto prima a contattare Assange, chiedergli di hackerare il sito di Regione Lombardia o dell’Agenzia delle Entrate per farmi dare il numero della tessera che riuscire a capire come richiederla ufficialmente, faccenda complessa sulla quale non mi dilungherò e che per altro ha tempi lunghi quanto lo dovrebbero essere se fosse fatta in pergamena e miniata a mano da frate di Camaldoli.
Roba da Kafka, ripeto, o da Comma 22.
Sarebbe bello, a questo punto, un lieto fine, io che dico che ho trovato un’anima pia, lì incastrata negli ingranaggi dell’amministrazione, desiderosa di andare incontro a chi è in chiara difficoltà, o più semplicemente ambiva a trovare la soluzione legittima a un problema neanche troppo raro, nell’ultimo anno, leggo, oltre due milioni di tessere sanitarie sono state smarrite e se ne è chiesto un duplicato. Invece niente. La burocrazia vince, sfinendoti.
Non mi sono stati di consolazione leggere i tanti casi simili al mio, sempre sui social, chi va dai carabinieri per denunciare il furto del portafogli coi documenti e si sente chiedere i documenti per la denuncia, chi è incastrato nel limbo di documenti emessi ma mai arrivati, chi più in generale si scontra contro una macchina pachidermica che nulla ha a che fare con l’uomo e che dell’uomo se ne sbatte allegramente i coglioni.
Mi ha invece divertito leggere di Alessandro Gassmann, che come me ha passato del tempo dietro le pratiche dello Spid, come me senza riuscirci. Certo, lui è Gassmann, quindi ha avuto l’ausilio per ben due ore di un tutor, che lo ha dolcemente accompagnato verso la medesima porta in faccia che ho preso io, e anche lì, condividendo il suo Tweet, invece di trovare solidarietà, altri “io ci ho messo due minuti, alle Poste”, “io sono andato da Buffetti”; “basta avere la tessera sanitaria e fai subito”.
Ora dovrei provare a trovare una morale a tutto questo. O magari imbastire un qualche parallelo con il mondo della musica. L’unico che mi viene in mente, e magari la cosa potrebbe suonare pretestuosa e forzata, chi se ne fotte, è che il mondo della musica è spesso in mano a oscuri burocrati che tendono più a compiacere il potere che chi quella macchina tiene in vita. Peggio, burocrati che ostacolano chi dovrebbe poter semplicemente poter fare il suo, per motivi che nello specifico tanto oscuri non sono, il proprio tornaconto personale. Per questo, so che esporsi non è mai cosa che chi vive nell’ombra e nel grigio farebbe, alle elezioni per il Nuovo Imaie che si terranno il 22, 23 e 24 maggio mi sento di suggerire a chiunque abbia modo di farlo La Squadra per la Musica, gruppo di musicisti che si sono uniti per far valere i propri diritti, due nomi su tutti, Piotta e Rachele Bastrenghi, ma l’elenco è lungo. Alla pagina Facebook La Squadra per la Musica trovate il piano programmatico, punto per punto, e non vedo come potreste non essere d’accordo con loro, se siete in effetti musicisti e non gente che sui musicisti vuole campare.
Visto che ci sono e visto che ho fatto una forzatura bella e buona, mettendo insieme miei casini personali con le elezioni per il Nuovo Imaie, faccenda che a ben vedere con me nulla ha a che fare, non sono iscritto, non voto, non ne trarrei benefici, faccio una ulteriore forzatura e prima di chiudere, simmetricamente ritornando ai miei casini personali, parlo di un’altra faccenda che non mi riguarda direttamente. Cioè, che in parte mi riguarda, perché ne ho fatta una mia battaglia, ma che è una battaglia mia in quanto me ne sono preso briga, ma come nel caso del Nuovo Imaie non riguarda direttamente me, non ne faccio parte, non ne traggo profitto.
Sono almeno un paio di giorni che mi trovo a “combattere”, si parla di battaglie, continuo sul terreno guerresco, con solerti pistoiesi che vengono a insultarmi per aver fatto notare come il cartellone del Pistoia Blues Festival, contesto un tempo assai radicato nel territorio e degno di stima, ultimamente decisamente meno, sia stato costruito vergognosamente tutto intorno a presenze femminili. Dieci serate, tredici artisti, tutti maschi. Alcuni anche bravi, ci mancherebbe, ma comunque uomini in un mondo di uomini, roba da rabbrividire. Le scuse portate da questi solerti portaacqua sono le solite: le donne erano tutte impegnate, chiedevano troppo, ce ne sono troppe poche, la musica non ha sesso. Figuriamoci, manco meriterebbero una risposta, ma siccome vengono a rompermi il cazzo sui social le risposte le ho date, sottolineando a ogni passaggio come discriminare è vergognoso, discriminare involontariamente vergognoso e triste, discriminare e far finta di non averlo fatto vergognoso e vile. Ovviamente gli artisti che ho provato a coinvolgere nella discussione, quelli nel cast che più stimo, che conosco anche personalmente, Motta, Ghemon e Diodato, non hanno detto nulla a riguardo, e forse il mio chiedere loro di prendere una posizione era sbagliato, perché dopo un anno e mezzo di chiusura fare gli eroi è sempre complicato. Ci ho provato, è andata male. Poi però esce il cartellone di un altro Festival, sempre sullo stesso livello, parlo di numeri, il Flowers Festival di Collegno, in Piemonte, e mi sono letteralmente cadute le palle. Perché stavolta di donne ce ne sono addirittura due, quelle per altro che insieme a Margherita Vicario uno si aspetterebbe un po’ in tutti i festival estivi italiani, Veronica de La Rappresentante di Lista e California dei Coma_Cose, ma si tratta di parte di un duo, innanzitutto, non artiste soliste, e sono comunque due su sedici, diciassette se consideriamo singolarmente Colapesce e Dimartino. Il cartellone, infatti, presenta questi artisti: Fast Animals & Slow Kids, Willie Peyote, Frah Quintale, già presente a Pistoia, Zen Circus, Giovanni Lindo Ferretti, Dardust, Max Gazzé, La Rappresentante di Lista, Vasco Brondi, i Subsonica, anche loro a Pistoia, Niccolò Fabi, i Negrita, i Coma_Cose, Colapesce e Dimartino e anche qui Ghemon. Anche qui artisti che stimo, più che a Pistoia, anche qui alcuni amici, cui potrei chiedere di prendere posizione a riguardo, ma le battaglie perse insegnano che a ostinarsi a inseguire i mulini a vento si finisce per morire, e io già faccio fatica a alzarmi la mattina dal letto e affrontare giornate come quella di ieri, lo Spid, la tessera sanitaria e il resto, non so se ho le energie per mettermi in mezzo anche stavolta. Di fatto, credo e se lo credo non posso che dirlo, ho un carattere di merda, anche il Flowers Festival ha pestato un merdone, ha messo su un cartellone sessista, ha praticato una discriminazione. Mi si diranno esattamente le stesse cose dette riguardo al Pistoia Blues Festival, e come in quel caso le rispedirò al mittente, perché non rendersi conto che si discrimina è grave come discriminare consapevolmente, e perché è ovvio che le quote rosa sono una cosa mesta, ma evidentemente se questo è quel che passa il convento servono, eccome.
Vediamo quante altre volte, nei prossimi giorni, dovrò alzare la voce a riguardo, e vediamo, soprattutto, quando gli artisti cominceranno a dire qualcosa a riguardo, uomini, in primis, e donne.
Quanto a me, che dire, alla fine ho risolto. Da vecchio cuore rossoblu, è noto il mio tifo per il Vecchio Grifone, ho contattato il padre del nostro piccolo bomber Scamacca e gli ho chiesto di risolvere la faccenda alla sua maniera, come ha fatto a Trigoria qualche giorno fa. Mazza da baseball e via, all’ATS del Municipio 3 di Milano, vedrai come salta fuori la tessera sanitaria di mia figlia…