Non si è fatto in tempo a salutare il ritorno davanti alla macchina da presa nel 2018 dell’allora ottantottenne Clint Eastwood con Il Corriere – The Mule, che subito dopo l’attore e regista americano non solo ha sfornato un altro film solo diretto, Richard Jewell, uscito nel 2019, ma ne ha addirittura preparato un altro ancora, Cry Macho, uscita programmata il 22 ottobre prossimo, che lo vedrà nuovamente protagonista oltre che regista, nella parte di un ex cowboy da rodeo incaricato dal suo vecchio boss di riportargli dal Messico il figlio.
Questo per dire che è ormai diventata impropria la formula “testamento spirituale” che spettatori e critici si ostinano ad applicare a ogni nuovo film di Eastwood – sempre pensando sia l’ultimo – almeno dai tempi del capolavoro Gran Torino del 2008, che forse all’epoca lui stesso, vista la proverbialità del protagonista Walt Kowalski, veterano di guerra, marito e padre assente – aveva immaginato come il film definitivo che ricapitolasse il carattere testardo, irriducibile e un po’ anarchico del personaggio che porta sullo schermo da oltre cinquant’anni (che deve qualcosa anche all’idea che ci siamo fatta dell’uomo Eastwood fuori dalla schermo).
Ma di ultimo o definitivo nel suo cinema non c’è nulla. E infatti dopo Gran Torino sono giunte un’altra diecina di regie, fino appunto a Il Corriere, incentrato su di un personaggio che ha più di un tratto in comune con Kowalski, ossia il floricoltore Earl Stone, narcisista, egoista, separato dalla moglie e con un rapporto terribile con la figlia (nel prologo lo vediamo addirittura dimenticare il matrimonio della ragazza, a cui preferisce un convegno di settore).
Come praticamente tutti i suoi film da Changeling in poi, anche Il Corriere è tratto dalla storia vera di una persona comune. In questo caso la vicenda bizzarra e francamente incredibile di Leo Sharp, il più anziano trafficante di droga della storia, raccontata da Sam Dolnick in un articolo del New York Times, The Sinaloa cartels’ 90-Year-Old Drug Mule, tradotto in sceneggiatura da Nick Schenk (guarda caso autore anche dello script di Gran Torino).
- The disk has Italian audio and subtitles.
- Clint Eastwood, Bradley Cooper, Laurence Fishburne (Actors)
Varcati gli ottant’anni, Earl Stone naviga in cattive acque ed è alla ricerca di un modo per salvare la sua piccola impresa, già pignorata. L’occasione gliela offre un invitato alla festa prematrimoniale della nipote (stavolta ci va, inutile dire che viene cacciato in malo modo), che lo rimanda a dei suoi amici messicani in cerca di qualcuno che trasporti in Texas della merce misteriosa. Earl è un bianco anziano con uno scassatissimo pick up che non ha mai preso una multa in vita sua: insomma la persona ideale se devi spedire della droga senza dare nell’occhio.
Durante le prime missioni – di tutto riposo, non si tratta che di lasciare il suo mezzo in un parcheggio e riprenderlo una volta ricevuto un sms di conferma –, Earl nemmeno si rende ben conto di cosa stia facendo. A un certo punto però capisce di essere diventato un corriere di stupefacenti. La cosa non lo sorprende né indigna. E poiché è un’attività ben pagata, pensa sia il caso di proseguirla, con quel misto di menefreghismo e un pizzico di amoralità proprie del personaggio. La sua insospettabilità lo rende il più efficiente corriere del boss del cartello Laton (Andy Garcia), che lo prende in simpatia e lo invita persino presso la sua villa.
Le cose però non possono filare sempre lisce. Un’agente della Dea (Bradley Cooper) comincia a sospettare qualcosa, e nel frattempo un’organizzazione criminale molto più minacciosa si sostituisce a quella di Laton. Quando poi la ex moglie Mary si ammala gravemente, la situazione precipita, ed Earl è posto di fronte ai suoi errori e alle sue responsabilità di uomo, padre e marito.
Il Corriere non possiede l’accuratezza formale e la gravità dei capolavori degli anni zero di Eastwood, Mystic River, Million Dollar Baby e appunto Gran Torino. Non manca qualche inverosimiglianza, soprattutto nel modo in cui vengono rappresentati dei narcotrafficanti sin troppo benevoli. Però, seppure a un minor grado di tensione formale, è un film che appartiene allo stesso universo tematico, con al centro un uomo che, per egoismo e cocciutaggine, ha fatto terra bruciata intorno a sé, preferendo il lavoro e le gratificazioni personali agli affetti. Questo almeno fino a quando il mutare degli eventi non lo obbliga a un più serio esame di coscienza.
L’andamento placido e picaresco del racconto, che apparentemente divaga come il protagonista che si diverte a viaggiare e canticchiare in giro per gli Stati Uniti, consente a Eastwood di accumulare notazioni ironiche e anche politicamente scorrette, come quando chiama “negri” delle persone di colore con una gomma a terra che però aiuta. E gli permette anche di mostrare la sua curiosità per un mondo minuto e lontano dai riflettori, raccontando con affetto e partecipazione quell’America profonda fatta di gente semplice, motel, tavole calde e circoli per veterani di guerra dove si balla la polka – ed è questo un tema portante del suo cinema.
L’ultima mezz’ora de Il Corriere poi diventa inequivocabilmente seria, facendo affiorare le grandi questioni della colpa e della disgregazione della famiglia. E soprattutto, la vecchiaia, presa come mai prima di petto in un film in cui Eastwood mostra il suo corpo anziano e affaticato, l’andatura curva e il passo malfermo. Earl è un uomo che ha cercato per tutta la vita di combattere una battaglia da cui si può uscire solo sconfitti: quella col tempo che passa, reso dalla metafora dell’emerocallide, l’effimero, bellissimo fiore che vive un solo giorno e che lui ha coltivato per tutta la vita, nell’ostinato e vano tentativo di preservare la sola cosa destinata a sfuggirci.