All’arrivo di Bruce Springsteen a Graceland l’orologio segna le 3 del mattino. Eppure, come il Boss ricorda, a quell’ora le luci dell’immensa tenuta di Elvis Presley sono ancora accese. Probabilmente è questo a convincere Bruce che in pochi minuti potrà incontrare il suo idolo assoluto. Arriva a bordo di un taxi, scavalca la recinzione e si fionda di fronte alla porta d’ingresso. L’epilogo, tuttavia, non è quello sperato.
Il 29 aprile 1976 Bruce Springsteen si è appena esibito a Memphis, città del Re del Rock. È una tappa del Born To Run Tour e l’occasione è troppo ghiotta. Nella sua ordinaria follia il Boss interpella Steve Van Zandt, suo parner in crime nella E Street Band e insieme decidono di prendere un taxi a fine concerto per andare a trovare Elvis.
Il taxi porta i due scugnizzi a Graceland e Bruce, carico di adrenalina, nota che le luci all’interno della tenuta sono accese. Per questo decide di scavalcare il muro di cinta e spingersi fino alla porta d’ingresso dell’abitazione. La sorpresa, però, arriva dalla security. Gli agenti fermano il cantautore e gli chiedono di qualificarsi. Bruce spiega di essere famoso, di essere finito sulle copertine del Newsweek e del Time, ma ciò non basta.
Il Boss implora i gorilla di lasciarlo entrare, ma non c’è verso. Oltre alla tentata irruzione, scelta sicuramente scellerata quando si tratta della casa di Elvis Presley, gli uomini della security riferiscono a Bruce Springsteen che il Re non è in casa. Quella sera Elvis Presley si trova infatti a Lake Thoe. Bruce viene accompagnato all’uscita con un pugno di mosche.
Elvis muore un anno dopo, il 16 agosto 1977 e il Boss non avrà più la possibilità di incontrare il suo divino. L’irruzione di Bruce Springsteen a Graceland è ancora oggi un episodio cui il cantautore ricorre con divertimento. George Klein, amico intimo del Re, riferirà che Elvis apprezzava non poco la musica di Springsteen, che considerava un “rock’n’roller”.