Provo a ritornare sul discorso di ieri. Cioè sullo smodato successo avuto da Musica Leggerissima di Colapesce e Dimartino, e di come loro lo stiano cavalcando con spavalderia e naturalezza, senza però provare neanche minimamente a spostare l’attenzione su quel che hanno fatto fin qui, come se quel successo fosse l’inizio di una nuova carriera, più che un trampolino dal quale fare spiccare le carriere pregresse.
E nel provare a tornare sul discorso di ieri vorrei provare a concentrare la mia attenzione sulla parola “leggerissima”. Perché credo, lo credo con tutto me stesso, che il segreto del successo di questa canzone, ormai un tormentone, una hit nazionale e non, ne ha fatto una cover anche l’artista spagnola specializzata in reggaeton e musica demmerda Ana Mena, stia nella seconda parte del titolo, come se la gente che se ne è innamorata si fosse fatta ingannare direttamente dalle parole, se è musica leggerissima che cantano non può che essere davvero musica leggerissima.
Certo, sostanzialmente vi sto dando degli analfabeti funzionali, gente che si fa ingannare della didascalie, senza una benché minima capacità di approfondire e di discernere, e non era certo mia intenzione farlo, ho stima di chi passa il tempo a leggere quel che scrivo, non potrebbe che essere così, perché altrimenti mi darei del coglione, e io mi voglio molto bene, quasi mi adoro. Ma nei fatti è facile farsi ingannare.
Anni e anni fa al Festival, sempre lì, si presentò in gara Milva, già da tempo passata dall’essere la Pantera di Goro all’essere un grande interprete, non solo di canzoni, era in gara con un brano dal titolo Sono felice, che era invece una ballata malinconica e tristissima. Ricordo che l’allora fidanzata di una nostra amica, un ragazzo che veniva da un paese dell’entroterra, e che quindi ora potrei far passare per un sempliciotto sprovvisto di codici di interpretazione se non elementari, ma che nei fatti stava frequentando l’università, né più né meno di noi, si chiese a voce alta perché mai una dovesse intitolare “Sono felice” una canzone così triste, vanificando in un sol colpo secoli di lavoro sulle figure retoriche e sul linguaggio.
Seppur ci abbian raccontato, lo hanno dovuto fare perché nessuno si era concentrato su questa sfumatura, diciamo che il brano in questione poggia più su una melodia piuttosto trita e ritrita, leggerissima e simpatica, e su un testo altrettanto leggerissimo e simpatico, non certo sui piani di lettura multipli che il medesimo testo potrebbe offrire, seppur ci hanno raccontato che di testo serissimo si tratta, la depressione al centro della scena, e il modo spensierato di arginarla o eluderla l’oggetto del cantare dei due cantautori siciliani, nei fatti Musica leggerissima è qualcosa che si ascolta mentre si fa altro, colonna sono da servizio tv di Costume e Società, o da video parodistico a uso social, in questo i due autori hanno decisamente messo del loro a riguardo, coi loro tutorial e il loro interpretare gli autori di Musica leggerissima, appunto, una canzoncina leggerissima e simpatica.
Quindi, fai una canzone leggerissima che si autodichiara portatrice di Musica leggerissima e, nel momento più cupo degli ultimi decenni, per chi in questi decenni è vissuto e più in generale per l’umanità, volendo dare al termine umanità una valenza prevalentemente occidentale, normale che tu abbia successo. È la voglia di evasione, baby, o più semplicemente la voglia di non pensare. Non a caso l’estate scorsa, quando la pandemia sembrava lì lì per implodere, previsione che presto si sarebbe dimostrato assai sbagliata, a spopolare è stata una cagata come Karaoke, cantato dalla voce stridula di Alessandra Amoroso e non ricordo più se intestata a Takagi e Ketra o se all’altra band di Ketra, i Boomdabash. Una canzone che sostanzialmente era un inno agli assembramenti e a un ritorno alla vita precedente, quel “Voglia di ballare un reggae in spiaggia, voglia di riaverti qui tra le mie braccia in una piazza piena per fare tutto quello che non si poteva” potrebbe addirittura essere letto come il tentativo di fotografare la contemporaneità, non ci fosse appunto quella musica devastante e quella voce da venditrice di uova al mercato a caratterizzarla. Musica leggerissima, e so che nel dirlo farò infuriare i legittimi fan della prima ora di Colapesce e Dimartino, un numero di persone invero non foltissimo, a differenza di quanto capiterebbe ora se volessimo fare una sorta di conta, ma che nei fatti è esattamente quel che penso, è la versione 2.0 di Karoake, solo che fa figo dire che è altra cosa, che parla di depressione, e che in fondo la musica è evasione e intrattenimento. Tutto vero, ci mancherebbe, ma fortunatamente non valido per tutta la musica.
Lascio momentaneamente da parte Musica leggerissima, credo di aver decisamente speso troppe parole a riguardo ultimamente, non saprei neanche dire perché. Passo a parlare di Lol- Chi ride è fuori.
Giorni fa su Twitter era in trend topic l’hashtag #haicagato, con chiaro riferimento a uno dei momenti salienti di questo show appena sfornato da Amazon Prime, versione italiana di un format giapponese, e fatta una breve panoramica su come il format sia sviluppato è lì che vorrei sofferarmi, su quel #haicagato.
Sotto la guida divertita e di servizio di Fedez e Mara Maionchi dieci comici, provenienti dalla tv e dallo stand up comedia, si ritrovano dentro una sala, munita di costumi di scena, di palco e di diavolerie utili all’uso, la sfida è far ridere gli altri, senza mai ridere, il sottotitolo in questo è più che chiaro. Alla prima risata arriva una ammonizione, didascalicamente appioppata con un cartellino giallo, alla seconda risata, ma anche a un sorriso, una smorfia, arriva il cartellino rosso e quindi l’espulsione. I comici fanno ridere per mestiere, anche se tra i dieci comici assoldati c’è chi, come Angelo Pintus, credo non abbia mai fatto ridere nessuno, al pari, che so, di un Alessandro Siani, e sanno quindi anche come decifrare e decostruire le battute e le gag dei colleghi, ma nei fatti il programma diventa una lunga sequela di stupidate, la stupidera è davvero il fil rouge di ogni minuto passato in gara, con tutti che si giocano sia i propri cavalli di battaglia, sia improvvisano, unendosi agli altri e decisamente mettendosi in gioco, al punto che un paio finiscono vittime delle proprie stesse, chiamiamole così, battute. In gara ci sono Elio, Caterina Guzzanti, Ciro e Gianluca dei The Jackall, Michela Giradud, Luca Ravenna, il già citato Angelo Pintus, Frank Matano, Lillo e Katia Follesa, e il programma, va detto, fila via che è un piacere, strappando più di una risata e soprattutto riuscendo in una impresa oggi quasi impossibile, farci svagare per qualche minuto, tra una notizia terribile e l’altra.
Sui social, dalla sua comparsa su Amazon Prime, per qualche giorno non si è parlato d’altro, e sempre con grande entusiasmo. Anche i critici più ostici e ostili ne hanno cantato la leggerezza, escluso Aldo Grasso, ma vabbeh, cosa ci si sarebbe mai dovuto aspettare da Aldo Grasso, gli altri, diciamo, tutti a cantarne la leggerezza, sempre quella, e la potenzialità, certo sottolineando, questo chi di televisione capisce qualcosa, che non di programma a budget illimitato si tratta, perché a parte i nomi coinvolti, tutti piuttosto clamorosi, c’è anche la location, perfetta per l’occasione e una regia quantomai precisa e chirurgica. Come poi a sottolineare come sei puntate siano forse troppe, le prime quattro assai più divertenti delle ultime due, ma qui si sta davvero facendo la punta al cazzo.
Insomma, Amazon Prime ha voluto fare un ottimo show e ha fatto un ottimo show, vedere Elio vestito da Monna Lisa, o guardare la faccia impassibile di Caterina Guzzanti, lo confesso, è un vero spettacolo, anche se questo show televisivo, a partire dal titolo da cazzo, Lol, ci dimostra qualcosa che, credo, potrebbe essere utile portare anche nel campo musicale, cioè che a volte non caricare di sovrastrutture ciò che sovrastrutture non ha e che sovrastrutture non può reggere è non solo cosa buona e giusta, ma anche profondamente saggia, perché costruire un grattacielo sopra un camper, passatemi la metafora, può portare solo a un crollo rovinoso.
Mi spiego, e torno all’hashtag citato qui sopra.
Durante le prime quattro puntate, mezz’ora l’una, queste erano state messe online al momento dell’hashtag in questione, ora sono online anche le successive due, sei in totale, se ne riparlerà nella seconda edizione, si è cominciato a capire qualcosa, riguardo al cast selezionato, e cioè che coloro che in qualche modo sono più abituati a calcare i palchi, gli stand up comedian, penso a Michela Giraud e soprattutto Luca Ravenna, in qualche modo appaiono meno talentuosi non solo di quanto in realtà non siano, Ravenna è un gigante quando sta sul palco a fare i suoi monologhi, ma anche di coloro al fianco dei quali si muovono in quel contesto, finendo per far risaltare la comicità sicuramente più terra terra di personaggi come, appunto, Pintus o Frank Matano.
Certo, il momento di Mignottone pazzo, non sto certo qui a spoilerarvelo, meriterebbe da solo la visione delle due ore di programma, ma nei fatti è evidente che una comicità più semplice, volendo anche più fisica, per non dire proprio stupida, ha in questo tipo di contesto la meglio, perché la parola arriva sicuramente dopo la faccia strana, il birignao, il gesto senza senso e reiterato (a un certo punto ci sarà un lunghissimo stacco di tip tap che, ve lo giuro, è quasi insopportabile, tanto funziona).
Tornando all’hashtag, in una delle occasioni di improvvisazione, i comici, essendo questa una gara, devono costantemente essere impegnati, vietato isolarsi, e spesso si uniscono, senza una strategia pregressa, per far capitolare chi al momento sembra in difficoltà, qui è un tutti contro tutti in una di quelle occasioni Pintus, che è uno che non farebbe ridere manco involontariamente, ma che di esperienza di palco ne ha parecchia, direi, come di televisione, si è lanciato andare a una delle sue imitazioni, nello specifico dello Chef Cannavacciuolo.
Ora, dovete sapere che una delle cose che più funziona di Lol, ripeto, delle prime puntate di Lol, è vedere le smorfie di dolore, quasi, dei comici quando capiscono che stanno per ridere, perché magari qualcuno ha fatto o detto qualcosa di comico. Vedi le smorfie, i muscoli contratti del viso, magari li senti anche dire, impassibili, “Questa faceva ridere tantissimo”, senza però vedere la risata, e questo per chi segue da casa è molto divertente, so che detta così potrebbe non sembrare, ma fidatevi.
Pintus, comunque, inizia a imitare Cannaviacciulo quando, a un certo punto, col suo accento campano, suo di Cannavacciulo, se ne esce con un “Hai cagato?”, detto a Katia. Così, di colpo. Una cosa talmente improvvisa che spiazza un po’ tutti, a partire dallo stesso Pintus.
Ora, lasciando che sia la visione del programma a svelarvi come andrà a finire, succede che questa cosa diventi in qualche modo centrale in questa prima fase del programma, al punto che l’hashtag diventa trend topic, con tanto di battute e meme sul fatto che Pintus, dopo carriera decennale, diventa trend topic per aver detto “hai cagato?”.
Riassumo, una battuta scema e anche volgare messa in quel contesto lì, dieci comici che non possono ridere, pena l’eliminazione dal programma, fanno di tutto per far ridere gli altri comici. Qualche volta ci riescono, quasi sempre no, facendo però ridere noi. Una cosa basic, che però funziona, e distrae. Tutti parlano bene del programma, anche gli snob, anche chi, come me, non vede un programma comico, credo, da che hanno chiuso Nemico pubblico di Giorgio Montanini, Giorgio Montanini che se sapesse che ho chiamato programma comico Nemico pubblico mi taglierebbe le quattro gomme della macchina, mandandomi a cagare. Giorgio Montanini che, come me, pensa senz’altro che Pintus faccia cagare, e non riuscirebbe a far ridere nessuno, anche volendo. Pintus che però fa ridere dicendo con la voce di Cannavacciulo “hai cagato?”, come a una gita di terza media, come quando da piccoli, anche più piccole della terza media, già all’asilo, abbiamo scoperto che dire le parolacce, in assenza di adulti, faceva ridere, e ci faceva sembrare più grandi.
Ora, ripeto, tutti hanno detto che Lol- Chi ride è fuori è un programma di svago molto ben fatto, troppo lungo, ma ben fatto.
Lo vedi e ridi, senza pretese, e ti distrai della brutture di questa epoca di merda. Per questo, per altro, molti, me compreso, lo hanno visto, perché un po’ di sano divertimento, anche senza contenuti, serve ogni tanto, e adesso è più che mai ogni tanto. Nessuno, credo, e se è successo chi lo ha fatto era chiaramente in malafede, nessuno ha cercato dietro il meccanismo semplice e basico del format un sottotesto. Nessuno ha voluto venderci le facce di Lillo o la maschera impassibile di Caterina Guzzanti per qualcosa diversa da quel che era, come le volgarità sensuali di Michela Giraud o i balletti scomposti di Ciro dei The Jackall, momenti di improvvisazione comica, neanche troppo elevati, atti a divertire in leggerezza.
Zero contenuti, zero messaggi, zero di tutto, solo stupidera a gogo.
Impacchetti un programma leggero, lo vendi come programma leggero, chi lo vede proposto come leggero lo prende come programma leggero e come programma leggero lo vede, ride per la leggerezza del programma leggero e decanta le lodi del programma leggero. Tutto molto lineare, assolutamente non ambiguo.
Certo, Elio ha fatto cose molto più elevate di questa, Michela Giraud fa pezzi molto più sofisticati di questo, pezzi che in parte ha riciclato anche qui, come un po’ tutti, Lillo in testa, Luca Ravenna idem, Caterina Guzzanti è una maschera comica molto sofisticata, Lillo è una forza della natura capace di spiazzare con la sua mimica e la sua gestualità, ma qui è tutto da A a B, senza giri arzigogolati e senza piani altri di lettura.
Torno a Musica leggerissima, e imbastisco un parallelismo che, in apparenza, potrebbe suonare pretestuoso, come di chi vuole per forza far polemica, cercare il pelo nell’uovo (o nel culo, direbbe la Giraud), in altre parole: rompere il cazzo.
Quel che mi chiedo è perché nel momento in cui fai una cosa che è chiaramente parte del concetto di stupidera qualcuno, intorno, deve spiegarci che in realtà siamo in territorio assai profondo, la depressione, il sottotesto, lo sguardo della madre, la carrozzina, il piano sequenza (cit.)? Perché, cioè, non è possibile prendere un momento di leggerezza insensata e sciocca come un momento di leggerezza insensata e sciocca?
Andiamo oltre, perché, dal momento che si decide di cavalcare il momento di riscontro, anche eccessivo, della propria stupidera, dando vita a tutta una serie di gag e scenette, così venivano chiamate quelle situazioni che in genere facevano ridere solo chi le faceva, gli altri sorridevano anche un po’ imbarazzati, più che altro per affetto, parlo dei tempi dell’asilo, eh, poi li si vuole infiocchettare come seri, andando in contesti come quello di Propaganda Live, che tende a un intellettualismo anche godibile, ma pur sempre tale, non sarebbe forse il caso di fare gli scemi dove gli scemi hanno diritto d’asilo, dove sono di casa?
A me Musica leggerissima ha rotto le palle, e fin qui, direte voi, e chi se ne frega non ce lo metti?, ma quel che invece mi infastidisce, letteralmente, è il tentativo di tutta una genia di persone di far passare un gioco, uno scherzo, per qualcosa di altamente intellettuale, quasi di un gesto dadaista degno di essere indicato come Teatro dell’Arte. Qualcosa, in sostanza, che ci faccia passare, noi che ascoltiamo consapevolmente, non loro, Colapesce e Dimartino, come esseri superiori rispetto ai poveri sciocchini che ascoltando come noi Musica leggerissima, e apprezzandola come noi per i soli motivi per cui Musica leggerissima è apprezzabile, la leggerezza, l’orecchiabilità, ne godono solo perché si rilassano e divertono, mica perché come noi, eletti, si fanno un viaggio cerebrale, ne colgono i piani di lettura alternativa, le sfumature impercettibile a occhio nudo, come i cani che recepiscono gli ultrasuoni, impercettibili a orecchio umano. Ecco, io trovo tutto questo fastidioso. Di più, stucchevole.
Chi ha riso per il “Hai cagato?” di Pintus, mentre imita Cannavacciulo, non ci ha colto citazioni colte, né riferimenti altri. Ha riso perché uno ha detto “Hai cagato” in tv, facendo, neanche troppo bene, la voce di Cannavacciuolo. Roba da prima media, roba che, in quanto da prima media, ci ha riportato in un posto confortevole, in un tempo confortevole, nel quale sentire qualcuno che ruttava provando a fare l’alfabeto ci faceva morire dal ridere, come il tipo già bocciato due volte che provava a imitare la prof di disegno.
Smettetela di fare gli intellettuali quando intellettuali non siete, smettete di provare a giustificare i vostri gusti a volte dozzinali nascondendovi dietro una presunta superiorità culturale. E ricordate sempre che, per quanto vi piaccia ritenervi meglio di chi ascolta reggaeton e pensa che non ci sia niente di meglio dell’ultimo di Alessandra Amoroso per perdervi negli occhi del vostro amore, ci sarà sempre un “hai cagato?” lì pronto a dimostrare che in fondo in fondo siete normali come tutti gli altri.
Ma non ti vergogni di quello che scrivi e di come lo scrivi? Fare la punta al cazzo, renditi conto della volgarità. E menomale che poi quelli sbagliati siamo noi che ridiamo ad un hai cagato. Per carità. Pessima recensione fatta da un gradasso che ad optima fa perdere punti in quantità. Ma.. Ti pagano? ( con la voce di cannavacciuolo eh )
J’adore ❤️💕