Bad Luck Banging Or Loony Porn di Radu Jude, figura di spicco di una delle più effervescenti scene cinematografiche mondiali, quella rumena, ha vinto l’Orso d’Oro dell’ultima Berlinale. Per il 44enne regista è l’opera della consacrazione d’una carriera di riguardo, in una filmografia tesa a ripercorre pagine controverse della complessa storia patria (The Dead Nation, sul periodo tra anni Trenta e Liberazione; la riflessione metacinematografica di I Do Not Care If We Go Down in History as Barbarians, in cui un regista rimette in scena un drammatico avvenimento della Seconda guerra mondiale; Uppercase Print, su un episodio degli anni della dittatura comunista di Ceaușescu).
Disponibile dal 16 aprile sulla piattaforma MIoCinema dopo un’anteprima l’8 e il 9, Bad Luck Banging Or Loony Porn è invece sulla stretta attualità – gli attori indossano addirittura le mascherine anti-Covid. Ed è un tempo, come accade spesso nel cinema rumeno, che risente ancora dei pesanti condizionamenti dei decenni del regime, in una contemporaneità che mantiene tracce materiali, ideologiche, anche nostalgiche degli anni che precedono il 1989. Il film racconta la storia della “scopata sfortunata”, cui si riferisce il titolo, che una coppia decide per il suo divertimento privato di filmare. Purtroppo il video – mostrato in una sequenza esplicitamente pornografica – finisce inavvertitamente in rete. Così la lei della coppia, Emi (Katia Pascariu), insegnante in una scuola della capitale, finisce in uno scandalo che rischia di farle perdere il lavoro.
Jude compone un film-saggio suddiviso in tre parti dallo stile spiccato e distinto, cui antepone il suddetto prologo hard – “È il centro del film. Se le altre parti hanno un significato, lo hanno in relazione a questa scena di apertura”, ha risposto a chi gli ha chiesto se fosse necessario mostrare una scena di penetrazione. La prima sezione ha una struttura cronachistica, con la camera che pedina la protagonista nelle sue peregrinazioni tra le strade di Bucarest, mentre incontra la preside della scuola o parla al telefono col fidanzato, situazioni dalle quali cogliamo l’apprensione per un destino professionale appeso a un filo.
Poi è la volta di un lungo intermezzo, intitolato “Breve dizionario di aneddoti, cartelli e meraviglie”. È una mescolanza di filmati girati ad hoc, spezzoni di repertorio e citazioni d’autore (Benjamin, Celan, Eco, Kracauer, Malaparte, Sartre, Todorov e molti altri), una sequenza di voci enciclopediche tra alto e basso, generale e particolare – da “Amore” a “Pompino”, da “Politico” a “Selfie” – che compongono un catalogo di nefandezze, orrori e meschinerie umane disperante e farsesco. Poi il film termina con quella che viene definita “sit-com”: il mortificante confronto tra Emi e i genitori benpensanti che, nell’improvvisato tribunale del popolo, chiedono a gran voce il licenziamento della donna.

Le ambizioni di Bad Luck Banging Or Loony Porn sono alte: fare un affresco della Romania contemporanea per mostrarne ipocrisie, fissazioni sessuali, tentazioni autoritarie, raccontando una realtà impazzita in cui ignoranza, volgarità, aggressività, odio del diverso hanno oltrepassato la soglia di guardia. E nella quale, questa la funzione della seconda parte apertamente saggistica, le modeste perversioni casalinghe di Emi impallidiscono di fronte all’oscenità del mondo.
La caratteristica essenziale del film è l’unilateralismo, il didascalismo asfissiante di un’opera che ripete la sua tesi senza alcuno sviluppo o dialettica possibili. L’eterogeneità stilistica delle tre parti è solo apparente, mentre non si fa che ribadire sino alla nausea l’assunto indiscutibile di fondo: cioè che la realtà (non solo rumena) è al collasso e che il genere umano è la specie peggiore che abbia mai abitato il pianeta Terra. Un’idea che avrà anche una sua ragion d’essere, ma che è esposta semplicisticamente, nei modi tribunalizi e corrucciati del moralista – non inganni la lieve patina grottesca e sarcastica.
Basta vedere la prima parte: sulle prime pare un pedinamento di marca neorealista della protagonista ripresa nel suo casuale passeggio. Solo che Emi s’imbatte continuamente in situazioni che di casuale non hanno nulla, scenette confezionate ad arte che ribadiscono il tema di fondo del film in maniera esageratamente esemplare. Gente maleducata che litiga e si manda a quel paese, automobilisti rissosi che speronano pedoni, signore bene che offendono donne povere che fanno perder tempo alla fila del supermercato, persino un uomo molto basso che fatica a scendere dal predellino del suo gigantesco suv (è questo il tenore delle sottili metafore). Inutile dirlo, la città è una sequela interminabile di palazzi fatiscenti, cartelloni pubblicitari sessisti (a conferma che la realtà è molto peggio dei pruriti erotici di Emi), cinematografi chiusi, centri commerciali che traboccano di merci ovviamente inutili e così via.
Il secondo capitolo ripete lo stesso meccanismo, però apparecchiato nella forma d’un bignami enciclopedico di lemmi dello sconforto, che parlano di fascismo, colonialismo, accoppiamenti poco giudiziosi tra chiesa e regimi militari, eterogenesi dei fini (gloriose rivoluzioni ridotte a etichette per pasticcini e bottiglie di vino), violenze domestiche.
Sarà pur vero, come Bad Luck Banging Or Loony Porn afferma alla voce “Storia”, che “la contemplazione della storia ispira se non disprezzo per l’umanità, quantomeno una visione cupa del mondo”. Ma il dizionario è apodittico, ripetitivo nella sua esposizione di tesi apocalittiche non particolarmente originali, che invece di venire argomentate e dimostrate sono date per assodate. L’ultima sezione suona la stessa nota: ovviamente quelli che attaccano la professoressa sono tutti ipocriti che vogliono vedere il video porno per spassarsela, mentre mangiano lascivamente banane, fanno battutacce goliardiche e aspettano la conclusione del filmato, come dice un vecchietto dall’aria dimessa, per godersi il “lieto fine”.
Si nascondono dietro il sacro bene dei figli, ma sono retrogradi, sessuofobi (e in realtà sessuomani), corrotti, razzisti, omofobi, anticomunisti, negatori dell’Olocausto eccetera, come Bad Luck Banging Or Loony Porn non manca di sottolineare in dialoghi che si preoccupano di enumerare uno per uno vizi e pregiudizi dei benpensanti, secondo una logica che non fa che ripetere in altra forma il dizionario della seconda parte. La difesa è assunta da Emi e un padre progressista: magari un po’ troppo pedanti e professorali nelle loro citazioni di Hannah Arendt o Thomas Kuhn, però aperti, illuminati, insomma dalla parte giusta.
Nella voce “Città”, il film suggerisce di non chiudersi nel pregiudizio e lasciarsi sorprendere dal mondo. “Esci di casa come se fossi appena arrivato da lontano – dice – Scopri il mondo in cui vivi; inizia la giornata come se fossi appena sceso da una nave arrivata da Singapore e non avessi mai visto il tuo zerbino”. Magari Radu Jude seguisse il suo stesso consiglio. Invece, a guardare Bad Luck Banging Or Loony Porn, pare non si sorprenda più di nulla, privo di curiosità verso la singolarità dei casi della vita, che lui riporta tutti a quell’unica, lugubre grande idea su cui s’è fissato. Se si cerca un film rumeno recente che sappia mantenere quell’essenziale interesse per i dettagli che sono il sale di un vero racconto, si guardi piuttosto il bellissimo Collective.