Le dimissioni di Cesare Prandelli sono un gesto forte, inatteso ma non sorprendente. Ho profondo rispetto per le motivazioni umane espresse da Prandelli nella lettera di addio (leggi di più). Nondimeno la scelta di Prandelli di abbandonare la propria squadra è certamente censurabile.
Personalmente non ho mai amato particolarmente le qualità tecniche e gestionali di Prandelli. Ma ho sempre molto apprezzato le sue qualità umane ed i comportamenti assunti in momenti tragici e dolorissimi della sua vita come la scomparsa della moglie quando per assisterla rinunciò ad un sontuoso contratto con la Roma.
Onore all’uomo Prandelli, dunque. Ma la carriera del tecnico ha conosciuto pochi alti ( la finale degli Europei 2021 persa contro la Spagna) e molti bassi come il tonfo in Brasile 2014 dove si complicò la vita imponendo un codice etico al quale derogò a favore di alcuni boss dello spogliatoio.
Prandelli lascia la Fiorentina in un momento estremamente difficile. Non è riuscito ad incidere minimamente sulle sorti di una squadra dalla buona cifra tecnica che però in questa stagione non è mai riuscita ad esprimersi al meglio ottenendo risultati adeguati al potenziale agonistico del gruppo ed agli investimenti della società. Prandelli come il capitano infingardo di una nave: non è riuscita a condurla in porto, ed ha preferito mettersi in salvo su di una scialuppa prima dell’affondamento.
Sarebbe stato molto più onesto dimettersi ammettendo di non esser riuscito a fare bene il proprio lavoro. Prandelli avrebbe fatto un figurone . Può succedere che un professonista, pur cercando di fare del proprio meglio, non riesca ad ottenere i risultati sperati. Se ne prende atto, si ci saluta e si va avanti. Prandelli ha invece parlato di disagio accusando neanche troppo implicitamente il mondo del calcio di esser un ambiente devastante. Tutti gli allenatori sono sempre sulla graticola; in panchina non dovrebbe restare nessuno a cominciare da Pirlo o Gattuso che dopo settimane di apnea è “uscito a riveder le stelle”.
Che il calcio professionistico sia un ambiente complicato, mi sembra persino ovvio. La competizione è ai massimi livelli, gli interessi enormi, la pressione altissima. Ma al tempo stesso garantisce fama ed onori, soldi e privilegi che un comune mortale non può neanche immaginare. Prandelli che di tali privilegi ha goduto, nel momento del commiato, critica il mondo ed il sistema che li ha generati.
Massimo rispetto per le vicende e le debolezze umane, ma da un condottiero è lecito attendersi un comportamento diverso a cominciare dall’ammissione dei propri errori tecnici e gestionali. Prandelli poteva esser un esempio positivo a prescindere dai risultati, ha preferito alimentari dubbi e retroscena. Ed io non apprezzato i privilegiati come lui che sfuggono dalle responsabilità a fronte di chi nella vita vera deve combattere per metter il piatto in tavola e pagare l’affitto.
Gli interventi evidenziano quanto il gesto di Prandelli sia stato meritevole di riflessioni. Ripeto il concetto espresso anche nel titolo: Prandelli è un gentiluomo!!! Conosco e rispetto la sua storia personale, le tragedie patite a cominciare da quella della morte prematura della moglie. Al tempo stesso mi ha colpito che le dimissioni siano giunte dopo una sconfitta contro il Milan. Qualora la Fiorentina avesse vinto, Prandelli si sarebbe ugualmente dimesso? Il mal di vivere può dipendere dall’esito di una partita? A quei livelli un professionista deve anche saper ammetter di aver fallito; succede nel calcio come nella vita. Non mi piace chi abbandona la nave nel momento della tempesta. Non apprezzo che chi dal Calcio ha, grazie al suo lavoro, ricavato fama, soldi e privilegi poi quando le cose vanno male disprezzi il suo ambiente. Non credo che il calcio sia cambiato in pochi mesi dall’ingaggio di Prandelli a Firenze. Detto questo auguro ogni bene a Prandelli ed ai suoi cari, ma i problemi veri della vita vera sono ben altri.
Un uomo che parla di ombre nell’anima, è un uomo che sta vivendo un disagio evidente ed ha anche il coraggio di ammetterlo pubblicamente.
Va solo rispettato il suo dolore, la sua vicenda umana.
Una condizione di quel tipo non consente di allenare e l’averlo ammesso e portato alla luce merita rispetto, così come la sua decisione.
Chapeau all’uomo Prandelli.
Sull’allenatore non mi esprimo, ormai finito molto tempo fa.
Gli va dato atto di essere stato coraggioso e soprattutto umano in in mondo dove di umanità e di sincerità ve ne è poca. Lo rispetto e gli sono vicino come uomo per quanto ha scritto e per quanto ha esternato.
Probabilmente c è altro di suo e di intimamente personale che lo ha portato a riflettere.
Per quanto riguarda “l allenatore Prandelli” mi è sempre piaciuto poco ma questa è un’altra altra storia…..
Prandelli è stato sempre un uomo fragile . Non portato a reggere eccessi di stress. Le debolezze della psicologia soggettiva sono esiziali e difficili da giudicare. Perciò io mi sento di dargli solidarietà e di perdonargli di aver abbandonato la nave precipitosamente.
Credo ci sia qualcosa di molto più profondo e introspettivo dietro la decisione presa da Prandelli di lasciare il mondo del calcio. Purtroppo tra le righe della lettera di addio che il tecnico ha scritto traspare un malessere personale che poco o nulla ha a che fare, mio parere, con il privilegiato mondo del calcio cui appartiene. Sembra di capire che l’uomo Prandelli sia stato investito da una crisi esistenziale, forse depressiva, che non risparmia nessuno, indipendentemente dal tipo di mondo che si vive. In tal senso, caro Peppe, ritengo un po’ ingenerosa la tua analisi e consiglierei di aspettare qualche settimana per capire realmente quali siano i motivi che hanno portato Prandelli a prendere una decisione così clamorosa.
Marco Martone