L’uscita di Zack Snyder’s Justice League ha gli inconfondibili contorni dell’evento. Uscito in contemporanea mondiale il 18 marzo, in Italia disponibile on demand su Sky e Now, negli Stati Uniti il film prodotto dalla Warner è stato lanciato in streaming sulla piattaforma di famiglia Hbo Max, rischiando di mandarla in crash per l’enorme numero di connessioni contemporanee dei fan.
#ReleasetheSnyderCut, la forza della fanbase
I fan sono stati un fattore essenziale per la realizzazione del film, com’è noto. Nel 2017, quando uscì, la prima versione di Justice League fu pesantemente manomessa. Questo perché i produttori, preoccupati dall’eccessiva lunghezza e cupezza del risultato, chiesero un intervento supplementare di riscrittura dello script di Chris Terrio da parte di Joss Whedon. Il quale finì per prendere il sopravvento quando Zack Snyder abbandonò il set a seguito di un gravissimo lutto familiare – infatti la nuova versione è dedicata alla memoria della figlia Autumn.
All’uscita Justice League, ridotto a due ore circa che salvavano solo una parte del girato di Snyder, si rivelò un fiasco. Un budget stimato intorno ai 300 milioni di dollari, non rientrò dei costi di produzioni e deluse anche le aspettative degli appassionati, che non si riconobbero in un film dalla struttura narrativa eccessivamente semplificata, in cui dell’epica ricercata da Snyder non v’era quasi più traccia, e con anche stonature comiche che occhieggiavano a film coevi di successo della Marvel.
Da lì parti una lunga campagna dei fan, ritmata dall’hashtag #ReleasetheSnyderCut, rilanciato anche da alcuni dei protagonisti, Gal Gadot (Wonder Woman), Ben Affleck (Batman), Jason Momoa (Aquaman), per far sì che la Warner si decidesse a distribuire la prima versione di Snyder. Cosa che alla fine è avvenuta. E non si tratta semplicemente del montato originale. Al regista, dopo varie insistenze, è stato consentito di intervenire in post-produzione e girare alcune scene, con costi che sono lievitati a circa 70 milioni di dollari. L’epilogo della vicenda può sembrare un caso felice di vittoria della politica degli autori, con un regista che, avvalendosi del supporto del pubblico cinefilo, vede finalmente rispettata la sua visione e ha la meglio sulla miopia da contabili dei produttori. In realtà la vicenda va posta in una cornice più vasta.
Le nuove politiche di WarnerMedia e Hbo Max
Intendiamoci, è indubbia la funzione della fanbase nel dar vita al processo. Che però difficilmente si sarebbe innescato se non fosse coinciso con le mutate logiche della Warner, la quale ha giudicato profittevole il rilancio in una nuova edizione del film nell’ottica di dare alimento alla neonata piattaforma streaming di famiglia, Hbo Max, lanciata nella primavera del 2020 (Warner ed Hbo sono all’interno del conglomerato AT&T). Le piattaforme, per ottenere sottoscrizioni e fidelizzare la clientela, fanno spesso affidamento sulle proprietà intellettuali in portafoglio, per le quali esiste già una solida base di appassionati che vanno solo stimolati. Lo insegna il caso di scuola Disney+, capace in pochissimi mesi di superare i 100 milioni di abbonati, puntando, oltre che su di un catalogo di classici sterminato, anche sugli spin-off di gioielli di famiglia come Star Wars (The Mandalorian).
Quindi alla Warner, che già aveva deciso di rilasciare le prossime novità cinematografiche contemporaneamente in sala e on demand, l’ipotesi dello Zack Snyder’s Justice League è stata improvvisamente vista sotto una luce diversa. Dopo un solo giorni di programmazione si può dire che la scelta sia stata vincente. Le stime del numero di abbonamenti per Hbo sono stati immediatamente rivisti, passando dagli iniziali 95 milioni al 2025 a una previsione che a quella data oscilla tra i 150 e i 200.

Com’è Zack Snyder’s Justice League?
L’intersezione tra ambizioni d’autore, passione cinefila e computo economico alla fine ha portato alla realizzazione del tanto desiderato Zack Snyder’s Justice League. Com’è la versione di Snyder? Inutile dire che si tratta di un esito decisamente superiore a Justice League, addirittura raddoppiato nella durata, che supera di qualche minuto le quattro ore e con un formato 4:3 per l’IMAX.
Lo scheletro della storia è il medesimo: si profila la minaccia di un nuovo terribile nemico, Steppenwolf (ricreato in digitale attraverso l’uso del motion capture dell’interprete Ciarán Hinds), il quale è alla ricerca delle tre antichissime Scatole Madri, la cui riunione riuscirebbe a produrre un potere capace, nelle mani sbagliate, di annientare il mondo come lo conosciamo. Batman, ancora attanagliato dal senso di colpa per la morte di Superman (Henry Cavill) nel film precedente, cerca di mettere insieme una squadra di metaumani per fronteggiare la minaccia. Basterà l’unione dei poteri di Wonder Woman, il fiero Aquaman (Momoa), lo scanzonato Flash (Ezra Miller), il tormentato Cyborg (Ray Fisher) a scongiurare il pericolo?
La ricetta di Zack Snyder’s Justice League mescola fumetto, fantasy e gotico, con gli oggetti magici ed eroi di adamantino spirito cavalleresco, ma moderni e angosciati. Snyder cerca, attarverso la lunga durata e la struttura in capitoli – aveva accarezzato anche l’idea della miniserie in quattro puntate – di dare un tono decisamente epico, nel quale però i singoli personaggi vengono restituiti nella loro complessità psicologica, che se è moralmente priva di tentennamenti, caratterialmente rivela la fragilità dei dubbi umanissimi che attanagliano anche figure quasi divine. Persino al robotico Steppenwolf, che in Justice League era poco più d’una funzione narrativa, si cerca di dare una cornice e delle motivazioni, sebbene in verità risolte in poche stringate battute che arricchiscono ben poco.
Un’epica dal volto umano
Zack Snyder, non è una novità, tende alla costruzione mitologica. Infatti abbondano i ralenti, talvolta autenticamente epicizzanti, più spesso soltanto enfatici e con un sovrappiù di fastidiosa artificiosità dell’impaginazione visiva. Pensiamo a quando Aquaman, dopo aver tracannato un bicchiere di whisky, cammina sulla passerella scenograficamente battuta dalle onde in tempesta, si sfila la canotta in slow motion col vento tra i capelli e le gocce di rugiada che cadono dal suo volto prima d’immergersi nell’oceano. È un’idea di epica a suo modo anche efficace sul piano dell’immagine. Eppure sotto il profilo dell’immaginario e della reale capacità di strutturare una autentica mitologia è abbastanza puerile, con fotogrammi smaltati e appariscenti come quelli di un cattivo spot.
Zack Snyder’s Justice League cerca di riequilibrare questo modello di messinscena insistentemente perseguito con lo scavo dei personaggi, molto più accorto. Non certo il girl power di maniera di Wonder Woman – dopo aver salvato una scolaresca dai soliti terroristi nichilisti che, non si sa perché, vogliono ammazzare tutto e tutti, lei si accovaccia e ammannisce a una ragazzina la lezioncina motivazionale a base di “Puoi essere qualsiasi cosa tu voglia”. E nemmeno gli sguardi truci di Aquaman o i toni buffoneschi da Spider-Man di Flash. Emergono invece il Batman di Affleck (il pipistrello resta il personaggio più sfaccettato dell’universo Dc, come aveva capito benissimo Frank Miller) e Cyborg. Il quale porta incisa sulla sua carne – quel poco che resta in mezzo alla quantità esorbitante di metallo di cui è costituto il suo corpo postumano – la misura di un’identità ferita e di una dolorosa vicenda familiare.
Però, stringi stringi, in Zack Snyder’s Justice League la definizione caratteriale passa sempre attraverso un trauma di natura familiare, legato al padre, la madre o un amore tragicamente finito (così per Wonder Woman e la Lois Lane orfana di Superman interpretata da Amy Adams). E son sempre cicatrici incancellabili, spazi emotivi definitivi nei quali i personaggi si muovono come fossero invalicabili e immodificabili. Mentre l’esistenza funziona in modo diverso, continuamente in mutamento, coi lutti più terribili che s’impastano di incombenze quotidiane magari risibili e insignificanti, dalle quali però si viene trascinati e rigettati in mezzo alla vita di ogni giorno. Ed è in questa rappresentazione marmorea dell’esperienza del dolore che Zack Snyder’s Justice League, come tanti altri film simili – non solo supereroistici, beninteso – mostra l’incapacità di offrire una rappresentazione passabilmente verosimile di quel che è l’esistenza.
Infatti per cambiare davvero le cose, per superare il dolore, la tentazione cui soggiace Zack Snyder’s Justice League, ma accadeva anche ad Avengers: Endgame, non è quella dell’autentica maturazione. Invece è la fantasia risarcitiva della manipolazione del tempo, per reintegrare il passato, alla ricerca di un attimo di estati mistica in cui, come dice Flash, puoi “crearti un futuro, crearti un passato, tutto avviene adesso”. Un espediente mitologicamente anche entusiasmante e gratificante per lo spettatore – al quale si dice che nulla accade una volta e per sempre –, ma che risulta estraneo a chi in un film cerchi non solo intrattenimento e una rassicurazione a buon mercato.
Così alla fine i momenti che restano di più di un film d’indubbia efficacia, non sono quelli in cui deborda l’epica di maniera, ma gli attimi silenziosi e intimi di un paesaggio rurale in cui l’eroe adamantino per definizione, Superman, mostra cosa sono la fragilità e la dolcezza dei sentimenti, di cui anche i semidei hanno bisogno. Un po’ poco, dopo quattro ore di visione.