Che zona gialla grande mi dai. Per fregarti meglio. Siamo ridotti a esultare per cambi cromatici che non cambiano niente, la chiamano “zona gialla rinforzata” e lascia tutto com’è tranne l’asporto dei panini, delle pizzette prorogato alle 10 di sera. Ma c’è chi è grato, in piena sindrome di Stoccolma. La concessione, farsesca, nasconde il solito trucco: neanche scatta che già minacciano ritorsioni, un giallo oggi per un profondo rosso domani, sentite il coordinatore del CTS Agostino Miozzo, di professione ginecologo: “giallo non significa normalità. Evitare assembramenti, c’è il rischio assolutamente reale che la curva schizzi rapidamente verso numeri difficilmente gestibili. Sempre con queste immagini eiaculatorie, vagamente peccaminose, forse freudiane. Ma allora che me la concedi a fare l’Italia gialla se è vietato assembrarsi e tutto me lo consideri assembramento, anche una innocente passeggiata per le strade? Perché il gioco a questo punto è oltre la sindrome di Stoccolma, è al cane di Pavlov: io ti mostro un colore e tu sbavi ma resisti, io ti apro la gabbia e tu non devi più provare l’impulso a uscire.
L’esperimento si direbbe a buon punto. Siamo abituati a sentirci in colpa per uscire, respirare, vivere. Perfino chi viene multato, maltrattato si sente in dovere di giustificarsi sui social come in un immenso confessionale. Ci sono delatori in fama, forse sopravvalutata, di giornalisti che girano, loro possono, loro sono in missione per conto di Conte, con la telecamerina fiammeggiante e appena scovano un malcapitato lo schiaffano sui social: ecco i delinquenti, ditemi voi se è possibile comportarsi così. E scatta la riprovazione della mandria in un cafarnao di muggiti.
Fanno l’Italia gialla, ma i primi ad opporsi sono certi governatori, certi amministratori di centrodestra o di destra anche dura. In Friuli il governatore subito emana una ordinanza anti-assembramenti, cioè vietato uscire. A Perugia il sindaco avvocato, per non essere da meno, ne fa un’altra con cui proibisce praticamente tutto. Così da far gongolare il disastroso ministro Speranza: “Attenti! Giallo non vuol dire scampato pericolo”. Il resto lo danno i media di regime, tutto un coro greco, guardate, ecco la movida, ecco la gentaglia, dalle Alpi a Capo Passero. E su! Simili restrizioni servono a niente, non abbassano di un solo caso la soglia degli infetti, l’Italia che è il Paese più blindato al mondo da un anno ha il record dei contagiati e dei morti, almeno secondo i dati ufficiali, ma si insiste con la stessa terapia fallimentare. “Sono le regole!”, ringhia il cittadino virtuoso. Che Paese ligio, scrupoloso, tutto d’un tratto! La terra dei cachi, dei furbi, della morale elastica, dove tutto si piega a logiche di tornaconto e di lottizzazione, dalla magistratura alla sanità, dallo sport al festival di Sanremo, di colpo pullula di moralisti. Sono le regole!, e le regole si osservano, si impongono anche quando palesemente impossibili o assurde. Se a Porto Recanati una pattuglia multa un disabile che si era rifugiato in un bar per difendersi dal freddo, subito il popolino social plaude: sono le regole! A Roma una task force in assetto di guerra piomba in un ristorante dove fanno il karaoke, blocca tutti, li identifica come terroristi e mafiosi: sono le regole!, ben gli sta, le regole si osservano. Anche quelle inesistenti, anche gli abusi plateali come gli agenti a filmare coi telefonini gli avventori, in modo da schedarli meglio?
Saranno anche le regole, ma le regole dovrebbero contemplare anche sostegno, come accade in tutti gli altri Paesi, e un minimo di chiarezza organizzativa, un minimo di osservanza almeno formale alle leggi a partire dalla Costituzione. Invece siamo all’anarchia di regime, si comanda a colpi di decreto personale, si gestiscono crisi come tavolate in pizzeria e, attenzione, il blocco prolungato di tutto non è fine a se stesso, non è staccato dalle logiche di potere anzi è squisitamente funzionale all’autoperpetuazione del potere.
La patria del diritto, degenerata in patria del privilegio, si riscopre patria dell’obbedienza tetragona, ideologica. Vietato opinare, riflettere, dubitare. Vietato discutere, solo obbedienza da regola monastica, fino a che il potere vorrà, fino a che non si metteranno d’accordo per continuare come prima. E oltre. Sono le regole. Quelli che si rinchiudono nella selva oscura delle regole sono poi gli stessi che non rinuncerebbero per nulla al mondo al Sanremo delle deroghe, delle eccezioni e non vedono i voltafaccia della diva Amadeus che prima sfotte i ministri aperturisti, una tantum, Speranza e Franceschini, poi ci ripensa perché il suo agente Lucio Presta gli fa capire che tanto quelli tirano dritto anche senza di lui. In questo caso le regole non ci sono, non esistono, il coro greco delle baccanti pandemicamente corrette non fiata. Il feticismo della regola nasconde sempre una degenerazione etica, il moralismo maschera una corruzione profonda della morale autentica.