Esce venerdì 29 gennaio il nuovo singolo dei The Kolors, Mal Di Gola, un nuovo tassello che si aggiunge al percorso del gruppo fatto di mix di anni ‘70 e ‘80, funk e black music.
Scritto da Stash insieme a Davide Simonetta, Simone Cremonini, Alessandro Raina e prodotto da Stash insieme ai Daddy’s Groove, con Mal Di Gola continua il viaggio dei The Kolors nel mondo, sonoro e visivo, degli anni ’80.
Intervista con Stash (The Kolors)
In Mal Di Gola c’è un “tu”, una figura femminile. Chi è?
In realtà è abbastanza metaforico. Come in ogni testo che scrivo ho sempre pensato che raccontare una storia personale nel contesto storico che stiamo vivendo adesso non è giusto se ti rivolgi ad un pubblico ampio come quello del pop, della radio, del mainstream.
Spesso la vera sfida con gli altri autori è quella di riuscire a far immedesimare i 35enni come i 15enni. In Mal Di Gola non c’è un riferimento ad una persona specifica ma forse all’idea di storie d’amore non proprio in stile fotoromanzo/famiglia perfetta.
Usi alcune metafore: il toro, lo scorpione. Cosa simboleggiano?
Il brano gira un po’ intorno al fatto che ci si può far male, si può ferire. Quando parli troppo ti viene il mal di gola, una specie di karma. Era un po’ per giocare anche con la cosa di etichettare un atteggiamento piuttosto che un altro con dei segni zodiacali.
Credi che questo brano ti rappresenti?
Questo brano è l’emblema di tutto ciò che sono e che penso sarò per un bel po’ di tempo. Dal punto di vista sonoro ha citazioni che prendono a piene mani dagli anni ’80 e vogliono raccontare un concetto anche attraverso il suono.
Con la nascita di Grace mi aspettavo una canzone alla Me Minus You.
Non sono tanto fan dell’algoritmo “artista che ha un figlio quindi scrive un pezzo per il figlio”. Non che non mi sia venuta l’ispirazione però sono comunque il frontman di una band che ha iniziato un percorso, che ha una sua credibilità artistica e forse metterci troppo del personale, nel mio contesto, non avrebbe tanto senso con il percorso che abbiamo iniziato, cioè quello del revival emotivo, quella nostalgia che viene pizzicata con un suono che ti ricorda una canzone piuttosto che un’altra; è un po’ quello il nostro mondo con la scrittura contemporanea.
Nel testo c’è anche Vasco…
E appena dopo la frase su Vasco c’è anche una chitarra che lo ricorda. Volevamo contestualizzare una frase, “Siamo solo noi”, che è quello che pensiamo tutti quando siamo con il nostro partner. Quella frase per me dal punto di vista artistico ha un solo papà: Vasco.
Poco prima di Natale hai parlato di “facilità con cui si impacchettano canzoni e artisti”. Ti riferivi a qualcosa/qualcuno in particolare?
No, semplicemente mi riferivo ad un modus operandi, a questi algoritmi – che si innescano non solo nel mondo digitale ma anche nelle menti delle persone – secondo i quali forse è più giusto comprare una libreria di loop da far girare sul MacBook piuttosto che imparare a suonare uno strumento.
Però, se si analizza la cosa e si vanno a vedere le skins dei produttori a livello internazionale, è gente che ha i controcogl*** nella musica; sa se sta prendendo un accordo minore o maggiore, sa che quella è una scala minore o maggiore, una pentatonica o un accordo aperto.
Queste cose sono un po’ arabo per tanta gente che è anche in classifica. In classifica c’è tanta gente che non sa prendere il Do maggiore però ha scritto qualcosa di interessante che ha suonato su un loop scritto da qualcuno che lo sa fare. Non sono per la Macmusic, sono più per il “making music”. Preferiamo le Stratocaster ai MacBook.
Quindi per Mal Di Gola avete lavorato in analogico?
Esattamente, come stiamo facendo da Pensare Male in poi, quando insieme ai Daddy’s Groove abbiamo iniziato a fare metà e metà. In Los Angeles era un po’ più di metà l’analogico, poi è arrivata Non è Vero che era completamente analogica e stessa cosa Mal Di Gola. Per Mal Di Gola è stata un po’ dura perché effettivamente il brano ha una predisposizione naturale al mondo emotional e sei sempre un po’ tentato dal plugin che suona già perfetto, quindi ti chiedi: “Perché non utilizzarlo?”
Quando dopo ore riesci a fare quel suono lì in maniera organica, che hai suonato col synth che tuo papà ha comprato negli anni ’80, ti accorgi della differenza e ti dici allo specchio: “Non era uguale”.
Dopo i successi che hai citato, a quando un nuovo album dei The Kolors?
Per l’album ci sentiamo di seguire la nostra casa discografica, Island Records, e Jacopo Pesce che è il nostro capitano da quel punto di vista. Abbiamo veramente tante canzoni e potremmo uscire con un album da un momento all’altro.