Ciao Carla.
Ciao vi avviso che sono emozionata.
Fai finta di parlare con degli amici. Di dove sei?
Sono di un paesino di 2.000 abitanti in provincia di Alessandria in Piemonte, Vignole Borbera.
Come hai iniziato?
Avevo un fidanzato tossicodipendente, credevo di aiutarlo, e invece…
Mi facevo già le canne, un giorno non c’era lui, non è stata colpa sua, però volevo provare cosa provava lui. Mia mamma, che io adoravo, non era molto presente e mi era morta una sorella che io ero ancora giovane. Ero un po’ allo sbaraglio. Non voglio dare colpa alla mia mamma, era la situazione. La colpa è mia, delle compagnie che frequentavo, è stata una mia scelta.
In che anni sei stata a San Patrignano e come sei entrata?
Una storia brutta brutta brutta, sono entrata nell’87. Ero in carcere a Marassi perché spacciavo nei vicoli di Genova da quando avevo 17 anni fino all’età di 24, vivevo nei vicoli. Poi mi hanno arrestato. Stavo molto male in carcere, stavo malissimo, mamma mia. Mi ha fermato la polizia con la roba, a me e a un’altra ragazza. Io ero un po’ guappetta, spacciare mi dava un tono, come posso dire. Però stavo malissimo in carcere, mi sono trovata tanto male male a Marassi. Adesso non c’è più il Femminile lì. Vedevo la gente che si faceva male, che si tagliavano, si buttavano giù dai piani, che si picchiavano, stavo malissimo. Mi hanno messo con delle signore che erano in carcere per omicidio, però mi hanno preso un po’ come una figlia, mi trattavano bene. Io ero già in contatto con San Patrignano, con dei volontari, venivano a fare dei colloqui con me. Scrissi una lettera al giornale di Indro Montanelli che poi l’ha pubblicata e poi da lì il 27 agosto 1987 i carabinieri mi hanno portato dal carcere fino a San Patrignano, col cellulare.
Cosa avevi scritto a Montanelli?
Che ero disperata. Gli avevo spiegato la mia storia, che ero drogata, che stavo male, che ero in carcere, per farmi aiutare. Io sono una che se ho bisogno chiedo, anche oggi. Gli avevo scritto la mia storia, non gli avevo scritto di intermediare con San Patrignano. Sapevo che lui era in contatto con San Patrignano. Non so se mi hanno preso per quello.
Ricordi quando sei andata lì?
Sono arrivata là e c’era un ragazzo di queste zone che ora è morto di AIDS, lui mi ha accolto in ufficio. Mi ha detto: ‘Tu sei una per la Lana’, che è la Tessitura, un reparto di quelli tosti. Cominciai subito. Tu arrivi e lavori, entri subito nel meccanismo. Subito.
Come fu la tua Comunità?
I primi giorni mi veniva sempre da piangere perché in carcere ero stata malissimo, mi ero detta: ‘Mai più! Io voglio cambiare, voglio che tutto questo non faccia mai più parte della mia vita!’. San Patrignano i primi giorni mi sembrava il paradiso, tutto quel verde. Io non avevo astinenza perché venivo già dal carcere. Dormivo. Avevo una figlia a casa, affidata ai miei, ma non mi mancava neanche lei, sapevo che era lì con i miei. La mia responsabile la sento ancora ora, Maria. Non era una ex tossicodipendente. Nel docufilm c’è suo marito. Io mi sento ancora con tanta gente di là.
Vincenzo te lo ricordi?
Mi faceva un po’ soggezione. La prima sera gli ho dato del lei, gli ho detto grazie, mi sono messa a piangere, avevo paura di non farcela, lui mi ha detto: ‘Stai tranquilla, vedrai che ti riprendi’. Io ero in soggezione, poi dopo no, dopo era sempre una gioia quando lo vedevamo.
Veniva a trovarvi alla Tessitura?
Si ma non è mai venuto per fare i ciocchi (ramanzine, pubblici rimproveri, ndr). Noi avevamo Maria come responsabile, cazzuta, non so se si può dire. Maria si confrontava molto con lui, lui veniva alla Lana per tranquillizzarci. Io avevo smesso anche di fumare, lui mi aveva consigliato di smettere di fumare. Con me non è stato mai cattivo. Magari avrà dato degli schiaffi, magari avrà rinchiuso qualcuno, ma con ognuno aveva il suo modo. Quando veniva ci portava pace, eravamo contente, eravamo lusingate. Ci dava tanta forza. Non che fosse un mito, lo vedevamo come una persona normale, che ci voleva bene.
Hai smesso con eroina, hai smesso anche di fumare. Quanti anni sei stata lì?
Sette anni. C’è gente che c’è stata molto di più. Sono stata anche Responsabile, seguivo delle persone. Poi ho dato anche un po’ di matto. Ho avuto dei momenti di ribellione e in quei momenti mi toglievano da Responsabile.
Com’era il tuo lavoro?
Io facevo l’uncinetto, il tombolo, cose che fuori non hanno riscontro, mi occupavo del magazzino dei filati, fuori non hai futuro con quello. Quando sono tornata a casa Vincenzo mi propose di andare a Milano, che c’avevamo lo showroom, ma io sono voluta tornare al mio paesino coi miei. Trovare lavoro era difficile. Facevo delle pulizie a casa delle persone, abitavo con mia mamma, mia figlia. Io ho una figlia che poi è stata anche lei quasi sette anni in comunità con me, e poi ha cominciato a drogarsi anche lei, ora si droga e sua figlia, mia nipote, l’hanno affidata a me. Lei non vuole andare in Comunità. Io ho telefonato a tutti. Ma lei non vuole andare.
Quanti anni ha tua figlia, e tu?
Io 57, mia figlia ne ha 39.
Ricordi quei fatti tragici di San Patrignano descritti nella serie?
Alla Lana, Maria ci teneva un po’ protette, non ci voleva dire le cose, cercava di proteggerci. E io non sono una che voleva sapere, mi fidavo. Non ho avuto fidanzati, non mi sono innamorata. Io ho detto: ‘Sono in Comunità, quello che mi dicono di fare lo faccio perché quello che ho fatto fino a ieri era sbagliato, anche se saranno cazzate io provo a fidarmi’. Non sono stata ribelle.
Come erano questi Ciocchi, questi rimproveri di Muccioli?
Lui quando riprendeva qualcuno veniva alla tavola, vicino alla sedia e restavano tutti zitti. Tipo se qualcuno scappava, un ragazzo e una ragazza si innamoravano e scappavano, poi li ribeccavano, allora Vincenzo li sgridava. Erano rimproveri che lui faceva pubblicamente, lì davanti a tutti. Molta gente viveva questa cosa come una violenza, ma non era così. Era come quando tuo papà ti sgrida a casa davanti ai fratelli.
Conosci i personaggi della serie?
Certo, Delogu ad esempio lo ricordo ma non benissimo perché lui era un po’ fighettino e io ero una ragazzina. Ma vedi, quelli che erano molto vicini a Vincenzo, anche in ufficio con lui, mi hanno sempre detto che erano le persone più fragili di tutte, e così lui se li teneva più vicino, sempre. E io ci credo. Non ho mai avuto invidia per loro. Erano quelli che avevano più bisogno di lui.
Il tuo ricordo di Vincenzo com’è?
Se i carabinieri non mi avessero portato a San Patrignano da lui, penso che oggi sarei morta. Ne sono sicura. In quel periodo, tutti i miei amici, le mie amiche, ogni giorno moriva qualcuno.
Ricordo che lui faceva regolarmente delle cene nei settori, ‘stasera Vincenzo mangia dai Meccanici’, ‘Stasera in pellicceria…’ Si facevano sempre le cene nel settore con Vincenzo. ‘Ma quando viene da noi?’. Ed era una cosa bella quando andava in settore a mangiare, dava armonia. Ci aiutava anche a cucinare alle volte.
Quando sono venuta via, lui mi ha detto: ‘Non ti preoccupare, questa è casa tua, puoi tornare quando vuoi’. E io sono sempre tornata regolarmente, come a casa mia, ogni tanto prendevo una settimana, andavo giù, dormivo alla Lana, stavo con le ragazze, ragazze nuove che non conoscevo. Ora non è più possibile e mi manca molto. Io se volessi andare a trovare la Maria dovrei dormire e mangiare fuori. Prima invece era proprio casa mia. Fino al 2005, anche con Andrea Muccioli era così. Quindi ora non è più casa mia. Mi dispiace. Ma se ci fosse Vincenzo, sarebbe casa mia.
Oggi come stai?
Bene, son contenta, son felice.
Ciao Carla, grazie.
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