Quando la morte di Dolores O’Riordan diventa di dominio pubblico tutto si ferma. Giornalisti, colleghi, ragazzi e studenti ripensano a quella voce che dai tempi di Zombie ha sdoganato il rock alternativo irlandese, a quel timbro caratteristico in grado di graffiare come il distorsore di una chitarra. Il 15 gennaio 2018 la morte di Dolores O’Riordan è uno dei più grandi furti che il destino possa fare dai danni del rock.
Sono le 9:16 di lunedì e nella camera 2005 dell’Hotel Hilton di Park Lane, a Londra, una donna giace senza vita in una vasca da bagno. Ha il volto verso il basso, non dà segni di vita e ha 46 anni. Sì, è lei, è la cantante dei Cranberries. Dolores O’Riordan è morta così, da sola, in una stanza d’albergo. Il medico legale Shirley Radcliffe riferirà che la morte è stata accidentale, escludendo così ogni ipotesi di suicidio.
L’ultima persona ad aver sentito Dolores è sua madre, che ha ricevuto la sua telefonata alle 3 del mattino. La cantante ha trascorso la notte a bere, i periti possono stabilirlo dal fatto che nel suo sangue è presente un tasso alcolico 4 volte superiore a quello consentito per guidare.
La morte di Dolores O’Riordan è già su tutte le pagine dei giornali. Lei, con la sua voce, ci ha insegnato che il rock può avere tante sfumature e lo ha fatto fino alla fine. Sì, perché i provini registrati per un progetto futuro sono diventati un album, l’ultimo grido disperato dei Cranberries prima della chiusura definitiva. In The End è il saluto finale, l’ultima beatitudine lasciata da Dolores prima di lasciare questo mondo per rispondere alla chiamata degli dei.
La morte di Dolores O’Riordan è ancora oggi una ferita aperta per i superstiti dei Cranberries, come racconta il chitarrista Noel Hogan a Rolling Stone: “Non riesco ancora a spiegarmelo”, e noi con lui.