Proviamo per un attimo a crederci. Poi torniamo a lamentarci di tutto, a non avere fiducia negli altri, specie in coloro che nostro malgrado sarebbero preposti a prendersi cura di noi, a guidarci, torniamo a pensare che la fine è imminente, l’Apocalisse dietro l’angolo, nulla sarà più come prima. Ma per un attimo proviamo a crederci. A creder, cioè, che davvero i vaccini da poco arrivati anche da noi, certo in quantità ridicolamente minori che nel resto d’Europa, con per di più quella prosopopea da Istituto Luce, da noi arriva in un furgone dei gelati, con tanto di pinguino disegnato sui portelloni posteriori, oltre millecinquecento chilometri da Bruxelles su strada, ma poi noi lo spediamo in giro per l’Italia con aerei militari, i saluti, le bandiere, la prosopopea, ripeto, proviamo a credere che i vaccini da poco arrivati anche da noi siano davvero l’inizio della fine, sì, ma di questo incubo che si chiama pandemia. Proviamo, è difficile lo so, ma proviamoci davvero, a prestare fiducia a chi non ha ancora organizzato un vero piano vaccinale, il ministero della sanità parla di nove milioni di dosi entro gennaio, quasi trentamila entro marzo, arrivando a duecentomila vaccini entro la fine del terzo trimestre, cioè settembre, includendo, immagino i richiami, perché noi siamo sessanta milioni, non duecento, e perché molti si stanno sfilando dall’idea di vaccinarsi, dai no vax convinti ai dubbiosi meno convinti, quelli verso i quali sempre loro, il governo, vuole istituire una campagna altamente emozionale, coinvolgendo artisti e attori, questo dopo le primule di Boeri, come se bastassero le emozioni a convincere chi non vuole vaccinarsi, e non fosse invece più utile permettere a chi vuole vaccinarsi di poterlo fare, io, adulto cinquantunenne in buona salute che non fa un lavoro a rischio credo che sarò l’ultimo a poterlo fare, credo anche dopo Eleonora Brigliadori, me la immagino in fila davanti a me che sorseggia un boccale del suo piscio caldo, a suo modo un record, Michele Monina è l’ultimo stronzo a essersi vaccinato, ma con le emozioni veicolate da Fedez e Favino, immagino, nel mentre si saranno convinti i negazionisti di varia natura, come no, proviamo, dicevo, a credere che il 2021 sia davvero l’anno della svolta, della rinascita, ma non della rinascita come ci hanno provato a vendere per Sanremo, che a parole doveva essere uguale al Festival di sempre, orchestra e pubblico in sala, sala stampa piena di gente, gente per la città senza neanche le transenne, parola di sindaco e di Mamma Rai, ma già si favoleggia di quattrocento persone, il solo pubblico presente per tutte le occasioni, tamponato e tenuto per un mese isolato dal mondo a bordo della Costa Smeralda, vai poi a capire dove ormeggerà la Costa Smeralda nel piccolo porto turistico di Sanremo, una bolla di salute, alla faccia che saremo tutti al sicuro per marzo, io intendo una rinascita vera, sicura, certa, via le mascherine, vie il distanziamento, il lavarsi le mani spero rimanga, che quello pensavo ci fosse anche prima, comunque nessuna paura di contagi, nessun virus in circolo, tutti abbracciati e pronti a ripartire. Ecco, proviamo a credere questo, che tra pochi mesi tutto sarà tornato come prima, certo, non saremo migliori, a questo non ci credeva nessuno, la Storia ce lo ha ben insegnato, forse saremo anche peggiorati, così sembra a occhio, ma comunque saremo peggiori ma liberi. No, non liberi dalla presunta dittatura sanitaria, quella la lascio ai negazionisti un tot al chilo, né liberi da un governo di cialtroni, 5 Stelle e PD li avete votati, come del resto la Lega, come potremmo mai liberarci di loro con un semplice vaccino?, quanto liberi dalla pandemia, dallo stato di allerta, dalle pressioni e dall’ansia, dalle incertezze per il futuro prossimo, il nostro e quello delle persone cui vogliamo bene, certo, ma anche più in generale dell’umanità, e quello remoto, quante volte ci siamo ritrovati a pensare che magari la fine del mondo per come lo conoscevamo era davvero arrivata, come in certe serie catastrofiste viste in tv?
Ecco, proviamo a credere che grazie al vaccino, a Arcuri che lo gestirà, a Speranza e compagnia bella nei prossimi mesi torneremo alla normalità, crediamoci senza indugi, stiamo facendo un esercizio retorico, non tocca crederci davvero, per intendersi, è come per il patto non dichiarato che si ha con l’autore di un libro Fantasy, per dire, lui dice che ci sono i draghi e noi gli crediamo, o quello che si ha con chi scrive canzoni d’amore, anche lì, ma quante volte è stato mollato Baglioni quando era giovane?, e dire che era un cantautore di successo, ricco e famoso, oltre che di indubbio talento. Tutto torna al 2019, partiamo da questo presupposto. Ok? Bene, a questo punto pongo due domande, e essendo questo il capitolo di un diario e non un dialogo che avviene a voce le pongo, anche qui, retoricamente, senza che possiate realmente rispondermi, o senza che possiate rispondermi al momento, magari lo farete a voce, se mi conoscete e avete il mio numero di telefono, ancora vivo prevalentemente in casa, e in questi giorni ho anche solo questa scelta, tra zone Rosse e zone Arancione, o nei commenti sui social, sempre che vi vada di farlo, e dando per assodato che a chi pone una domanda retorica interessi in effetti ricevere una risposta reale e non stia invece esercitando un modo di comunicare a senso unico, che usa le domande retoriche per attirare a sé il lettore, fingendo un suo coinvolgimento diretto, mentre nei fatti sta postulando, e aver scritto ora questo ha praticamente reso vano il mio esercizio di tale possibilità, perché ho detto che l’asso era nascosto nella manica, vai poi a capire se l’ho fatto per dimostrare che mi interessa davvero cosa pensate o non, piuttosto, per continuare a tenervi dalla mia parte, nonostante la presunta antipatia che ora proverete per me, sempre che non l’abbiate sempre provata, per questo mio star qui su una ruota a impennare dicendo guarda che son qui su una ruota che impenno, e chiaramente, di nuovo, questo star qui a impennare su una ruota e dirvi che sto qui su una ruota a impennare non è altro che il mio proseguire su questa strada, anche se ora mi fermo che mi sono stancato io, figuriamoci voi, a questo punto, comunque, dicevo, vi pongo due domande, e confesso che, perso a fare palline con la lanuggine contenuta nella cavità del mio ombelico, che è un modo un po’ meno gradasso, certo, ma forse un po’ schifoso per dire che mi sono concentrato molto su me stesso, la faccenda delle impennate insomma, neanche me le ricordavo più le due domande, sono dovuto tornare indietro e provare a esercitare la memoria, vai a sapere se all’inizio fossero davvero queste, vi pongo quindi due domande: siete realmente così felici di tornare alla vostra vita precedente? Pensate che basterà il vaccino a tornare alla vita precedente?
Credo servano delle didascalie. Non perché io abbia posto male le domande, resto sempre piuttosto gagliardo e sicuro di me, quanto perché di ambiguità, direi, non abbiamo bisogno, non oggi. Parto dalla seconda domanda. Pensate che basterà il vaccino a tornare alla vita precedente? Stiamo facendo un gioco, la metto così, e la regola del gioco è che sì, il vaccino azzera la pandemia, si torna alla vita. Quindi la domanda non apriva dubbi sull’efficacia del vaccino, figuriamoci se sono così scemo da dare la stura ai negazionisti. No, qui chiedo altro. Poniamo che il Covid sparisca dal nostro vocabolario, così, per magia (e so che scrivere questo è proseguire su una brutta china, quella di chi paragona magia e scienza, ma è un modo di dire, niente di più), pensate che tornare a vivere come prima vi verrà così automatico. Allora, è vero, abbiamo l’esempio di questa estate quando, seppur con le cautele del caso, ora provo a usare la stessa stima che nutro per me stesso anche per voi che mi leggete, del resto leggete me, come potreste essere stupidi?, dando cioè per assodato che vi siete tutti comportati in maniera responsabile, attenti a voi e agli altri, cauti seppur vivi, abbiamo quindi l’esempio di questa estate quando, seppur con le cautele del caso, la vita sembrava stesse tornando verso la normalità. Solo che sapevamo meno cose di ora, la seconda ondata ci ha, credo, steso ben più della prima, seppur il lock down sia stato più blando, parlo di umore, di pressioni, di aspettative, e soprattutto era estate, siamo tutti un po’ meteopatici, e a chiunque fosse stato detto chiaramente che avremmo vissuto un nuovo lock down, più blando ma comunque un lock dowm, con per di più un lock down anche durante le feste, beh, le palle sarebbero cadute immediatamente in terra, per di più come fossero di cristallo, pronte a andare in frantumi. Io, parlo per me, vedo che fatico a fare le cose fuori di casa. Mi stanco subito, certo anche per via della mascherina, ma credo sia un po’ anche di disabitudine a uscire, a muoversi, io che facevo dieci chilometri al giorno a piedi, e anche a progettare cose che coinvolgano altra gente, in questo credo ci sia un mix di asocialità pregressa, di paura dovuta a pressioni esterne, e, perché no, di sindrome della capanna, a casa coi miei mi trovo bene, fondamentalmente non ho mai passato così tanto tempo che non fosse il tempo delle vacanze coi miei cari, mia moglie, innanzitutto, e i nostri quattro figli, non nego che l’idea di perdere tutto questo un po’ mi spiace. I figli, del resto, crescono, e in generale vederli crescere e staccarsi da te è al tempo stesso motivo di felicità, crescono, sono sani, si fanno spazio nel mondo, e di dispiacere, facendosi spazio nel mondo si staccano da noi, crescendo non sono più quei piccoli batuffolini che erano da piccoli, ma orribili adolescenti pronti a polemizzare su tutto, senza pietà. E qui sono già passato, implicitamente, alla prima domanda: siete realmente così felici di tornare alla vostra vita precedente? In realtà, anche questa come la precedente, ha due piani di lettura. Una include appunto l’idea di staccarsi da quel barlume di calore familiare cui spesso si è dovuto rinunciare perché la vita questo prevede, si lavora, si va a scuola, si esce la mattina e si torna la sera, c’è sempre qualcosa da fare, gente da vedere, altro cui pensare. L’altra, e qui in realtà volevo andare a parare, è rivolta verso il modo di vivere di noi occidentali, quindi sì lo stare nella microsocietà del nostro nucleo familiare, ma anche il modo in cui ci si rapporta con il lavoro, attività che occupa la porzione più ampia della nostra giornata tipo nonché della nostra vita tutta. Anche il nostro rapporto con il mondo, inteso come la Terra, oltre che con noi stessi e gli altri, ovviamente, e su questo in effetti son state già spese tante parole, da quelle pronunciate dal Papa durante l’ormai storica benedizione Urbi et Orbi durante la Settimana Santa a quelle dei tanti che hanno provato a leggere tutto ciò che abbiamo vissuto come un qualche conto da pagare che la natura ci avrebbe presentato per il nostro scellerato modo di rapportarci con essa.
Siccome però io sto da queste parti per parlare di musica, anche provando a essere ottimista e quindi provando a pensare che il 2021 sarà in effetti l’anno della ripartenza provo a applicare le stesse medesime domande che ho rivolto poc’anzi a voi, e anche a me stesso, provando a virarle sul fronte musicale.
In entrambi i casi, volendo leggere le domande come solamente rivolte a un ritorno alla normalità su quel fronte, a cioè come le cose giravano fino, diciamo, al Sanremo 2020, quello di Achille Lauro che faceva il modello per Gucci, di Diodato che andava a vincere in agilità e soprattutto di “dov’è Bugo?”, direi che la risposta per quel che mi riguarda è no. No perché io ero, nel mio piccolo, la Greta della nostra critica musicale, quello, cioè che da tempo, per altro esibendo codini a mo di treccine esattamente come l’adolescente più famosa del mondo, andava gridando contro un mondo dopato, ipercinetico, incapace di continuare a guardare all’aspetto umano, solo i numeri che contano, niente emozioni, niente contatti diretti. Da quello che parlava di musica in maniera spietata, anche sboccata, il castigatore di certi dischi che davvero si sarebbero potuti evitare, sono diventato prima quello che ha provato a smascherare i magheggi tra discografici, radiofonici e televisivi, poi a indicare il marcio nel mondo dei live, coi tour spacciati per sold-out, le connessioni chiacchierate tra artisti, e infine a essere quello che ha evidenziato i conflitti di interessi tra management e organizzatori del Festival, questo da una parte, dall’altra, manco fossi uno di quegli Amish che nei film, da Trinità a Witness- Il testimone, Dio che bella che era Kelly McGillis in quel film di Peter Weir, finiscono sempre per prenderle, loro a rifuggire qualsiasi tipo di tecnologia, luddisti che nulla hanno a che fare con Ned Ludd, ho iniziato a attaccare in ogni occasione le nuove modalità di fruizione della musica, lo streaming su tutte, diventando uno dei più strenui oppositori di Spotify, manco fosse una questione di vita o di morte, e per la musica è questione di vita o di morte, al punto da passare per certi versi da boomer, sicuramente, lo sono, questo dice l’anagrafe, ma anche un vecchio trombone avverso alla modernità, io che quando ho cominciato a scrivere di musica ho trovato uno spazio anche per essere il solo dentro la redazione di Tutto Musica che conosceva sì il rock fatto di chitarre, il punk e l’hardcore su tutti, ma che aveva una conoscenza approfondita del rap, genere all’epoca considerato erroneamente di avanguardia, erroneamente perché in realtà c’era da oltre venti anni. Mi è stato bene di passare per luddista e boomer, ho lasciato crescere, non solo metaforicamente, la barba bianca, ho imbracciato, non solo metaforicamente, una chitarra elettrica, ovviamente una Noah di alluminio, ca va sans dire, e ho continuato a dire che se si ascolta musica con uno smartphone si fa del male a chi la musica la fa davvero, sottolineando, poi, che chi la musica la fa pensando che poi verrà ascoltata da uno smartphone la farà male, perché quello prevede quel convento, in un circolo invirtuoso e fatto di brutta musica per brutti ascolti. Per un po’ sono passato da Cassandra, poi da Plinio il Giovane, infine per uno che forse non stava poi dicendo castronerie, la musica non poteva mica essere solo lo sciatto indie, un pop fatto peggio e con decenni di ritardo, o la trap, svilimento in salsa italiana del rap e della trap americana. Poi c’è stata la pandemia, tutto si è fermato e ancora fermo è, e in qualche modo si è come venuta a creare quella frattura netta cui avevo più volte fatto riferimento nei miei scritti, una sorta di duplice comunità, per pubblici diversi, sia per gusti che per fascia di età e anche per potere economico, lo streaming per i ragazzini che ascoltano indie e trap senza sganciare un euro, il rock, termine molto generico che include tutta la musica fatta per essere ascoltata con cura, anche il rap, quindi, fatta per un pubblico più adulto e educato, musicalmente parlando, con la possibilità di pagare per ascoltare musica, il famoso fisico, e anche di comprare biglietti per i concerti, quando Dio vorrà torneranno a esserci. Le classifiche delle ultime settimane questo ci dicono, da una parte i vari Sfera Ebbasta, Ernia, Tedua, Izi, dall’altra Bruce Springsteen, AC/DC, Bob Dylan, Paul McCartney, ma anche Renato Zero, con ben tre album piazzati a lungo in top 10 e tutti e tre almeno per una settimana in vetta, Ligabue, Claudio Baglioni. Due comunità diverse, appunto, che io personalmente non leggo come contrapposte, nel senso che non mi interessa di fare la guerra a chi produce o ascolta musica che ritengo irrilevante, affari loro, quanto piuttosto destinate a convivere nello stesso posto provando a farlo civilmente, ognun per sé e Dio per tutti, dicevano un tempo. Il problema, in tal senso, è nella macchina, leggi alla voce discografia, e ancor più alla voce FIMI, che della discografia è organizzazione principe, perché è sui più alti scranni di quelle realtà che si è raccontata la favoletta che solo lo streaming sarebbe sopravvissuto, e che solo chi quindi allo streaming guarda, producendo musica congeniale a quella modalità di fruizione e per chi quella modalità di fruizione predilige, i ragazzini, sarebbe sopravvissuto, questo nonostante entrate a lui destinate pari a zero, le giovani popstar fanno molti più soldi coi marchi di cui diventano testimonial che con la musica, è noto. Si convincessero loro, capi delle major e presidenza della FIMI, che il futuro è altro rispetto a quello che ci hanno raccontato a lungo, e nessuno si farà male. Del resto le serie tv catastrofiche ci hanno insegnato che in un mondo che prova a ripartire dopo un disastro, che sia Covid o ciò che ha indotto l’umanità a trasformarsi in zombie, dal punto di vista del nostro ragionamento poco cambia, il primo fondamentale passo è quello di riunirsi intorno a una comune idea di società, si tratti di provare a ricreare un sistema simil medievale con un re, i vassalli e i guerrieri, o più semplicemente di darsi alle razzie di quanto le altre comunità hanno raccolto o costruito. Io, ovviamente, starò sempre dalla parte degli analogici, non credo serva neanche dirlo.
Che questo 2021 sia quindi un anno di Rinascimento più che di rinascita, sotto il segno del rock.