Dal 30 dicembre, un po’ in sordina e senza troppa promozione, è arrivata su Netflix SanPa, la serie Netflix su San Patrignano e il suo fondatore Vincenzo Muccioli. Un documentario in cinque parti ricco di testimonianze, immagini d’archivio, interviste a protagonisti di quella vicenda che a raccontarla oggi sembra un enorme viaggio sulle montagne russe della storia d’Italia tra gli anni Settanta e Ottanta segnati dagli scontri sociali e dell’eroina a fiumi nelle strade.
La ricostruzione fattuale della nascita, dell’espansione e del declino dell’esperienza di Muccioli parte dalla creazione della comunità per il recupero di tossicodipendenti sulla collina di San Patrignano, attraversa le vicende giudiziarie che l’hanno caratterizzata prima col “processo delle catene” e poi con quello dell’omicidio Maranzano, e arriva fino al racconto della morte del fondatore nel 1995, in un avvincente susseguirsi di colpi di scena che sono anche un affresco di vent’anni di storia italiana.
Le voci più numerose della serie Netflix su San Patrignano sono quelle degli ex tossicodipendenti ospiti della struttura, ma hanno partecipato al documentario anche il figlio di Muccioli, Andrea, e uno dei maggiori conoscitori e sostenitori della comunità di San Patrignano nonché amico di Muccioli, Red Ronnie.
Lo abbiamo contattato subito dopo l’uscita della serie Netflix su San Patrignano per raccogliere il punto di vista di una persona che ha conosciuto i ragazzi della comunità, le loro famiglie e la cornice mediatica e sociale che ha accompagnato la controversa esperienza di Muccioli.
Che impressione ti ha fatto la serie Netflix su San Patrignano?
L’impressione è che come al solito si vada a cercare la negatività: San Patrignano ha salvato migliaia di persone ma la serie è incentrata soprattutto su un episodio di denuncia a Muccioli, un omicidio compiuto da un ospite di San Patrignano quando Muccioli stava male e non era presente e sul suicidio di una ragazza. Gran parte della serie, come purtroppo avviene spesso oggi, è tutta sulla negatività e questo non mi è piaciuto. San Patrignano era un luogo magico. L’ho frequentato sin dall’inizio, nel 1977 ho intervistato Enrico Maria Salerno e mi disse che augurava la morte al figlio tossicodipendente, mentre un anno dopo lo ha ritrovato vivo a San Patrignano grazie a Muccioli.
Sì l’episodio viene anche mostrato anche nella serie…
Sì ma non è quel che ha più spazio nella serie Netflix su San Patrignano: viene dato più risalto a Delogu che alla fine ha fatto crollare Vincenzo Muccioli quando lo ha tradito. Delogu lo ha ricattato per avergli estorto 150 milioni in contanti. Vedere che la serie si apre con Delogu e si chiude con Delogu, che ha più spazio perfino del figlio di Muccioli, significa che la regista aveva l’intenzione di evidenziare le ombre e non le luci citate nel titolo.
Nella prima parte del primo episodio c’è un tentativo di spiegare com’è nata quest’impresa sociale, se così possiamo chiamarla, e lo spirito di San Patrignano, poi c’è una ricostruzione fattuale della storia giudiziaria. Del materiale che hai fornito ai produttori c’è qualcosa di inedito che secondo te poteva essere utilizzato?
Ho fornito ore di materiale inedite come Viaggio di Notte di Vincenzo Muccioli a San Patrignano in cui me la racconta. Gli ho fornito il materiale sull’origine di San Patrignano in cui Muccioli mi raccontava della sua giovinezza da vitellone in cui vedeva ragazzi abbandonati a loro stessi, fatti di droga nei giardini del Grand Hotel di Rimini e decise che non avrebbe più potuto continuare la sua vita ignorando tutta quella sofferenza. Invece l’inizio di San Patrignano è stato descritto come l’iniziativa di un santone che faceva le messe nere, è stata deliberatamente distorta la realtà per un preconcetto sulla persona di Muccioli e di San Patrignano.
Secondo te quindi non ha restituito correttamente un’immagine della spaccatura che Muccioli ha creato nella società, che l’ha in parte osannato e in parte demonizzato nel corso degli anni?
Lui è stato osannato dalla gente, ma la chiesa cattolica e quella laica (cioè il Partito Comunista) lo odiavano, così come gli spacciatori. Quando gli chiesi perché gli volevano tutti male mi rispose che con duemila persone in comunità avrebbe sottratto alla malavita un indotto di 800 miliardi all’anno tra consumo, furti e spaccio di droga legati alla tossicodipendenza. Questo non è stato evidenziato. Questa serie, fatta benissimo, ha evidenziato però solo le ombre.
Secondo te come mai Letizia Moratti, che è stata una grande sostenitrice della comunità sin dalle sue origini, non ha voluto partecipare alla docu-serie?
I Moratti hanno molto sostenuto San Patrignano ma poi allontanarono Andrea, il figlio di Muccioli che vi ha lavorato gratis, e anch’io decisi di non seguire più la comunità da quel momento. La comunità è finita con Vincenzo: sono andato personalmente ad accompagnare la famiglia a portare le sue spoglie dal cimitero di San Patrignano a Rimini, non è stato concesso a nessun ragazzo di venire a salutare Vincenzo. Quella è stata la fine.
Un momento molto emotivo della serie è il tuo ultimo incontro con lui, che ormai era l’ombra di se stesso, fisicamente e mentalmente…
Lui ha deciso di lasciarsi morire per salvare San Patrignano.
Questo è quello che sostiene anche suo figlio Andrea.
Ed è così. L’eredità di San Patrignano è ancora oggi negli imprenditori che sono riusciti a farsi una vita grazie alla comunità, li incontro spesso e mi ringraziano per averla sostenuta perché erano destinati a morire e invece grazie a quella comunità sono riusciti a salvarsi. Lo scopo di San Patrignano era dare a tutti quelli che uscivano un lavoro e una sistemazione perché potessero rifarsi una vita. Ma tutto questo nella serie non c’è.
La serie è molto concentrata su quello che avveniva all’interno. C’è molta attenzione ai metodi punitivi usati in comunità, che a guardarli con gli occhi e con gli standard di oggi fanno rabbrividire.
Negli anni in cui a San Patrignano sono successi un po’ di casini, c’erano 2500 delinquenti, c’erano rapinatori, spacciatori, gente che aveva tentato omicidi: in altre comunità c’è un’accoglienza che fa da filtro, i ragazzi arrivano coi genitori, lì invece arrivavano tutti i disperati che nessuna comunità voleva e si accampavano per giorni lì fuori, gente mandata dai tribunali per toglierli dalle galere. C’erano 2500 delinquenti.
Certo, la serie però spinge a chiedersi se e quanto i metodi utilizzati in comunità, dall’isolamento all’uso di catene, abbiano in qualche modo favorito un’escalation di violenza che poi ha portato al declino dell’esperienza di San Patrignano negli anni dei due suicidi, dell’omicidio di Maranzano…
Ma non c’era solo quello. C’erano anche abbracci e lacrime di gioia, San Patrignano era un metodo di amore. Ho fornito tanto materiale su questo aspetto che non è stato usato. C’è una ragazza che dice di accettare di essere incatenata se necessario perché – e questa parte non viene mostrata – “se vado in un’altra comunità e scappo mi lasciano andare”. Questa è la vera San Patrignano mentre la serie è tutta sulla negatività, almeno 4 episodi su 5. Lo spazio che è stato dato a me è servito solo a difendere quelle che per loro erano “malefatte”. Anche nel finale in cui gli ex ospiti ringraziano San Patrignano si insinua sempre il dubbio che la realtà fosse la violenza.
Nel finale il giornalista Luciano Nigro sintetizza bene quella che è l’impressione di molti, dicendo di non aver creduto che fosse “tutto bene o tutto male”, c’era una parte di salvezza e una di violenza.
Nel finale c’è chi dice che si è salvato “grazie a San Patrignano e nonostante San Patrignano”. Perché fargli dire una cosa così?
Beh perché a Fabio Cantelli è stato tenuto nascosto per due anni che fosse malato di Hiv, lo ha scoperto solo dopo molto tempo – e dopo aver rischiato di infettare la sua compagna – per una scelta precisa di gestione della comunità…
Muccioli sapeva più di tutti cos’era l’HIV, aveva creato un ospedale per gli infetti quando nessuno li voleva. La gente veniva rifiutata, lui era l’unico che li prendeva. Di tutto questo resta solo che abbia mentito sulle analisi, ma chi lo dice che Muccioli sapesse della sieropositività da prima?
Lo dice il diretto interessato.
La verità è che di San Patrignano parlano male quelli che lì hanno fallito, come Delogu. Sabato c’è un mio speciale di Let’s Spend Saturday Night Togheter in cui racconterò le luci di San Patrignano: chi salva una vita salva il mondo, io lì ne ho incontrate tante di vite salvate. Ho detto ai produttori della serie che hanno fatto una serie incentrata sulla negatività, perché solo quella fa notizia.
Hai avuto modo di sentire il figlio di Muccioli dopo l’uscita della serie?
Non so se l’abbia già vista o che cosa ne pensi ma credo che sia incazzato nero.
Il mio commento è solamente un infinito grazie a Vincenzo e Andrea di avermi fatto rinascere uomo come una roccia in questa feccia di società italiana grazie a voi sono sempre pronto a combattere per la dignità onesta e la giustizia vera ❤️❤️❤️
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