Dopo il successo di Moschettieri Del Re – La Penultima Missione, film del Natale 2018 con cinque milioni d’incasso, era prevedibile un seguito. Meno prevedibile che il secondo episodio, Tutti Per 1 – 1 Per Tutti, sempre diretto da Giovanni Veronesi e prodotto da Indiana e distribuito da Vision, non avrebbe potuto trovare la via della sala, optando alla fine per Sky, che l’ha trasmesso in anteprima la sera del 25 dicembre rendendolo poi disponibile on demand anche su Now tv.
La squadra resta la stessa o quasi, visto che dei quattro moschettieri il film se ne perde uno per strada, l’Aramis di Sergio Rubini che torna chissà perché reincarnato in un lupo cui l’attore presta la voce. I tre superstiti, Porthos (Valerio Mastandrea), D’Artagnan (Pierfrancesco Favino) e Athos (Rocco Papaleo) sono persino più acciaccati che nel primo episodio, si lamentano per la labirintite, il colpo della strega, e contano i giorni che li separano dalla pensione.
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Nonostante tutto la regina Anna D’Austria (Margherita Buy), non poco perplessa di fronte alla vista dello sgangherato terzetto, decide di assegnar loro un’ultima missione: scortare la principessina Ginevra (Sara Ciocca) e la madre Enrichetta I d’Inghilterra (Anna Ferzetti), destinazione Olanda, dove la ragazzina dovrà andare sposa d’un principe per le inevitabili ragioni di Stato. Però il giovane orfanello Buffon (Federico Ielapi), innamoratissimo di Ginevra, è disposto a tutto pur di impedire il matrimonio, e cerca di condurre dalla sua parte i moschettieri, improvvisamente in bilico tra la fedeltà alla monarchia e le ragioni del cuore.
Tutti Per 1 – 1 Per Tutti ha una sceneggiatura scritta a otto mani da Giovanni Veronesi, Ugo Chiti, Giulio Calvani e Nicola Baldoni, e spreca le intuizioni del capostipite, che aveva tutto sommato saputo scommettere su di un genere inedito e “antico” come il film di cappa e spada, innestandolo nei toni da commedia italiana attraverso un trattamento parodico che lo portava in un terreno da armata Bracaleone.
Qui, sebbene ci si muova lungo il medesimo solco, non funziona letteralmente nulla. Il film ha una durata sconsiderata di due ore e purtroppo, invece di puntare sull’azione e sull’avventuroso, che scattano solo nell’ultima mezz’ora, s’impantana nelle interminabili premesse di un picaresco itinerario fatto di incontri che dovrebbero essere tanto straordinari (il tono vira sempre più verso il fantasy) che irresistibilmente divertenti.
I materiali comici però sono elementari. L’effetto novità dei protagonisti – la buffa parlata del D’Artagnan di Favino – non c’è più: e allora Tutti Per 1 – 1 Per Tutti non trova di meglio che insistere su equivoci linguistici e scontati anacronismi. Una carrozza a cavalli velocissima si chiama Freccia Rossa, l’assistente veggente che assiste i moschettieri si chiama Tom Tom (Giulia Michelini), perché predice il futuro e conosce a memoria le strade, e intanto in colonna sonora c’è La Cura di Battiato ripresa in vari arrangiamenti.
Soprattutto, il film mostra un preoccupante spirito autoindulgente, certo di poter scommettere su qualunque trovata, in un’accumulazione di effetti e situazioni che giungono presto a saturazione. Questo vale per i continui personaggi in cui s’imbattono i moschettieri, da un Giulio Scarpati eremita deforme col cuore d’oro ad, addirittura, Cyrano de Bergerac (Guido Caprino), capo della banda di irregolari della Corte dei Miracoli, fino alle strizzatine d’occhio degli inutili cameo di Adriano Panatta e del cantante dei Negramaro Giuliano Sangiorgi.
Vista la presenza del bambino Ielapi, protagonista del Pinocchio di Garrone, risalta ancora di più il coté palesemente fantasy del film. E l’ambientazione toscana, tra Val d’Orcia, Maremma e campagna pistoiese (produzione in collaborazione con Toscana Film Commission, e si vede pure troppo) fa evidentemente scattare a Giovanni Veronesi le memorie del suo vecchio Il Mio West, ambientato dalle stesse parti, che lo spingono ad aggiungere una spruzzata da film di cowboy (se è per questo si cita pure James Bond).
Tutti Per 1 – 1 Per Tutti mira al demenziale, ma nel ritmo blandissimo rivela più che altro il gusto italico per il cazzeggio, aggravato dal fatto che gli attori, senza che una regia si ponga mai il compito di tenerli a freno, recitino sforzandosi costantemente di essere divertenti. Che è, come ammoniva il maestro della commedia Howard Hawks, la ricetta sicura per non far ridere mai.
Viste tali premesse, risulta perciò ancor più inverosimile la virata dell’ultima parte del film, in cui i moschettieri, manco fossero i Professionisti di Richard Brooks, ritrovano la loro dignità di uomini a scapito di qualunque tornaconto, e capiscono qual è la parte giusta da cui stare. Anche perché il finale – legato alla cornice contemporanea del racconto, con al centro i due ragazzini – è stucchevole e dolciastro, e sottrae qualunque aria di grandezza o di autentico gusto dell’avventura alle scelte dei protagonisti. Può concorrere alla palma di film più brutto dell’anno.