È succsso ancora: One Day at a Time – Giorno per Giorno il titolo italiano – è stata cancellata. Il remake dell’omonima sitcom anni ’70 era stato salvato in extremis poco più di un anno fa dopo la cancellazione da parte di Netflix, ma ora è Pop TV a staccare la spina dopo una sola stagione. Secondo una fonte citata da Variety, Sony Pictures Television sarebbe già all’opera per mettere in vendita la serie sviluppata da Gloria Calderón Kellett e Mike Royce. La notizia non sembra comunque aver colto di sorpresa le testate statunitensi, già a conoscenza dei tagli alle produzioni di Pop TV e della casa madre Viacom. One Day at a Time e Schitt’s Creek erano state infatti le uniche serie tv risparmiate da una prima scrematura.
Anche la showrunner e il cast sembrano aver reagito in modo diverso rispetto alla prima cancellazione di One Day at a Time. Non mi sono ancora arresa alla tristezza, sappiatelo. Speriamo ancora di trovare una nuova casa, ha twittato Gloria Calderón Kellett. Tenete duro, amori miei. Lo sapete, mi batterò fino all’ultimo per questa serie (e questo cast e questa troupe) che adoro.
E dunque… sì. Dall’anno scorso è cambiato molto, in Viacom, e purtroppo non torneremo più su Pop. Ringrazio tutti loro per averci offerto l’opportunità di avere una quarta stagione. E poi, sapete una cosa? Stiamo ancora tentando di farne una quinta. E se #ODAAT fosse la prima serie ad andare in onda su tre canali?, ha scritto invece il coshowrunner Mike Royce.
C’è spazio per l’ottimismo anche nel tweet di Isabella Gomez, la giovane Elena di One Day at a Time. Forse la terza rete sarà quella giusta?, ha commentato incrociando le dita. E comunque, familia para siempre, succeda quel che succeda. Scriverò un post sentimentale quando scopriremo come andranno a finire le cose. Vi voglio bene, ragazzi.
Questa seconda cancellazione di One Day at a Time segna in modo ancora più assurdo e ingiusto il percorso di una delle migliori sitcom degli ultimi anni. Pur non avendo mai collezionato ascolti da record, il remake della serie di Norman Lear è stato tra le produzioni Netflix più apprezzate dalla critica fin dal debutto. Lascia l’amaro in bocca, quindi, che a pagare il prezzo delle turbolenze economiche attraversate dai network sia ancora una volta un piccolo tesoro televisivo non concepito esclusivamente come un prodotto di consumo, ma anche come una storia di formazione e inclusività.
One Day at a Time è infatti incentrata sulla quotidianità di una famiglia cubano-americana declinata su tre generazioni, in cui temi di grande rilevanza personale e relazionale sono discussi, affrontati e metabolizzati nel contesto di un umorismo genuino e mai volgare. Nel corso delle sue quattro stagioni, One Day at a Time ha saputo osservare con tatto – e raccontare con acume – le storie degli Alvarez tra immigrazione e salute mentale, omofobia e identità di genere, sessismo e razzismo, offrendo spunti rari e preziosi sulla comunità latina, tra le più sottorappresentate negli Stati Uniti.
La critica ne ha sempre apprezzato la capacità di rinnovare le premesse narrative rispetto alla serie originale, coinvolgere il pubblico creando un’atmosfera vivace, affettuosa ma non sdolcinata, e offrire uno sguardo onesto su questioni sociali che elevano One Day at a Time rispetto alle tante, modeste sitcom che saturano da anni le reti generaliste e le piattaforme streaming. Allo stesso tempo, giurie e commissioni dei più prestigiosi riconoscimenti televisivi hanno onorato a più riprese le interpreti principali della serie, in particolare Justina Machado e l’intramontabile icona Rita Moreno.
La speranza, dunque, è che One Day at a Time possa superare indenne il caos nel quale è sprofondato l’intero settore dell’intrattenimento dallo scoppio della pandemia di Coronavirus, e trovare una nuova casa – la terza – per concludere il suo percorso televisivo con la serenità e l’accesso al pubblico che merita. Se il cast e gli showrunner continuano a crederci, è giusto che lo facciano anche i fan.
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