La scorsa estate qualche bontempone si era divertito a modificare la pagina Wikipedia di Doc – Nelle Tue Mani attribuendola alla regia di René Ferretti, l’immaginario regista di Boris alle prese con le terribili fiction della tv pubblica scritte coi piedi e piene di raccomandati. E col senno di poi si potrebbe dire che Doc – Nelle Tue Mani assomiglia terribilmente a un Medical Dimension che ce l’ha fatta, sia ad andare in onda che a diventare un successo clamoroso.
In Boris (a proposito, è disponibile su Netflix e va assolutamente recuperato per chi non l’ha ancora visto), Medical Dimension era lo spin-off della soap opera medica Gli Occhi del Cuore: un medical drama concepito come grande novità della serialità italiana dal linguaggio contemporaneo e dalla vocazione internazionale, ma in effetti scritto dagli stessi sceneggiatori improvvisati e recitata da cani tanto quanto la serie madre.
Il format che è arrivato su Rai1 la scorsa primavera con Doc – Nelle Tue Mani sembra quasi la realizzazione della profezia di Boris: finalmente l’Italia ha il suo medical drama che non è una commedia stile Un Medico in Famiglia né una soap opera stile Incantesimo né un polpettone drammatico come Amico Mio, ma una serie di ambientazione ospedaliera che vorrebbe allinearsi ai grandi titoli americani diventati classici del genere, da E.R. in giù. Ma a dispetto dell’enorme successo di pubblico ottenuto tanto in primavera quanto quest’autunno, Doc – Nelle Tue Mani ha confermato con questa seconda parte di stagione gli stessi difetti che avevamo già messo in luce guardando la prima (qui la nostra recensione).
Probabilmente è difficile trovare in giro una recensione negativa di Doc – Nelle Tue Mani, non fosse altro che criticare una serie che fa oltre sette milioni di telespettatori è considerato – dagli spettatori ma soprattutto dagli addetti ai lavori – come un affronto al comune sentire. E invece non andrebbero ignorati i difetti – che ci sono e sono tanti – di questa serie che ha avuto l’indubbia fortuna di poter consolare il pubblico di Rai1 nelle serate del lockdown rigido di primavera e di quello light dell’autunno. Il primo e più palese tra questi è certamente quell’eccesso di retorica del quale la serie sembra bearsi, come se fosse un marchio di fabbrica. Un sentimentalismo di fondo che, seppur ammantato da un linguaggio più secco e meno pomposo rispetto al passato, resta decisamente melenso.
Doc – Nelle Tue Mani è infarcita di tanti stereotipi del genere medical presi a prestito chiaramente da classici moderni come Doctor House e Grey’s Anatomy e fatti passare come citazioni garbate, ma tutto sommato sinonimo di scarsa originalità. A dimostrazione che in Italia arriviamo sempre in ritardo anche nell’imitare malamente i successi internazionali. Il racconto di questa serie – che pure parte da un materiale originale molto interessante come la vera storia del medico Pierdante Piccioni – tende sempre al disvelamento dell’umanità che c’è dietro il camice, ma spesso in modo smielato e gratuito, talmente artificioso da innescare la reazione opposta. E cioè farci sentire quasi presi in giro e ricordare come gli ospedali non siano quella cosa lì, tirata a lucido, asettica, quasi scintillante che si vede in tv, ma quanto siano anche – soprattutto in un periodo critico come questo segnato dalla pandemia – luogo di confusione, sporcizia, rabbia, frustrazione, dell’arte dell’arrangiarsi con pochi mezzi e poche persone, di dolore che non ha niente di poetico, di sofferenza talvolta ignorata perché non si può fare altrimenti, oltre che della professionalità di medici e operatori sanitari. La fiction non deve necessariamente essere realistica, ma se ambientata in una Milano contemporanea e in un ospedale dei giorni nostri, che sia perlomeno verosimile. E qui la verosimiglianza è seppellita sotto una patina color ghiaccio, una fotografia dai colori freddi che contrasta con l’eccessivo sentimentalismo della scrittura e rende il binomio straniante. Su tutti, si pensi a quanto suona finto e inverosimile il tanto osannato monologo del protagonista sulla morte: chiunque abbia mai avuto un’esperienza ospedaliera nella vita, personalmente o indirettamente, sa benissimo che nessun medico, primario o specializzando che sia, parlerebbe mai con quell’enfasi da melodramma ai suoi pari. E sa benissimo che una scena del genere è il trionfo dei più banali luoghi comuni sull’eroismo dei medici, qualcosa che loro stessi detestano perché fa visibilmente a pugni con la realtà.
Questo è il nostro ringraziamento a tutti i medici ed il personale ospedaliero che ogni giorno sono in prima linea “per mettersi in mezzo tra i pazienti e la morte e dire NON OGGI” Grazie.#DOCNelleTueMani #NonOggi pic.twitter.com/8AJES4J7kN
— DocNelleTueMani (@DocNelleTueMani) October 23, 2020
Il problema fondamentale di Doc – Nelle Tue Mani sta tutto qui, in una scrittura debole e poco creativa, che non ha guizzi se non quelli che sfociano nel melò, poco brillante nei dialoghi e piuttosto piatta nello sviluppo delle trame. E quando la scrittura è monocorde, di conseguenza, lo è anche la recitazione. L’intero cast è una copia sbiadita di quelli dei medical drama d’oltreoceano, incastrato in ruoli piuttosto standardizzati – la dottoressa giovane e ambiziosa che si innamora del suo superiore, il primario rude ma di talento, il medico sciupafemmine, quello truffatore, gli specializzandi in cerca di affermazione, la “figlia di” che cerca di smarcarsi dalla madre medico eccetera – che non riescono a dare anima e profondità alle storie, semplicemente perché queste non le hanno. Anche i casi medici, poi, sono la riproposizione ennesima di esempi già visti e rivisti di fronte ai quali l’empatia non scatta certo automatica.
E la stessa storia del protagonista Andrea Fanti, partita con ottime premesse a fronte di un evento enorme come la perdita di 12 anni di memoria, viene a trasformarsi nel corso della serie in quella dell’eroe incompreso, raggirato, sfruttato, che deve riscattarsi contando solo sulle sue forze. Un inno alla rinascita sì, ma fin troppo mellifluo. Come per il resto del cast, il protagonista Luca Argentero – che pure ha un viso eccezionalmente telegenico, uno sguardo magnetico e un sorriso che si fa perdonare parecchie mancanze – fatica a connettersi in profondità col personaggio, resta in superficie, e le sue espressioni facciali ripetitive, nonché il suo tono di voce sempre uguale, ne sono la prova.
- Piccioni, Pierdante (Author)
Nonostante gli ascolti realizzati, Doc – Nelle Tue Mani non regge il paragone con altre recenti produzioni Rai che hanno anche spopolato all’estero (su tutte, L’Amica Geniale). Ma proprio come ci insegna Boris è il prodotto perfetto per il pubblico di Rai1, che nonostante lo svecchiamento degli ultimi anni è ancora in gran parte adulto, popolare, tradizionalista, costantemente in cerca di quelli che Beppe Fiorello ha giustamente definito (pur in un tweet decisamente inelegante) “modelli narrativi rassicuranti“. Perché il trionfo della retorica – soprattutto in questo momento storico – resta l’investimento più sicuro.