Il documentario su Tiziano Ferro (Prime Video) svela lati nascosti di uno dei cantautori italiani più apprezzati ma per capirlo davvero a fondo dobbiamo fare un passo indietro e partire dal messaggio che Tiziano Ferro stesso ha detto di voler lasciare, la sua dichiarazione di intenti.
In Ferro manca tanto, tantissimo; mancano tanti episodi chiave del suo percorso. Ferro è quanto di più incompleto ci sia sulla vita di Tiziano. Sì, è un documentario autobiografico – chiamatelo pure “film” se volete – ma non aspettatevi di trovarci dentro tutti i suoi 40 anni di vita (e quasi 20 di carriera). Sarebbe stato impossible raccontarli in poco più di un’ora.
Ferro non si pone l’obiettivo di essere un’opera completa su Tiziano, il cui obiettivo è sempre stato quello di raccontare solo alcuni capitoli a partire da un presente felice e sereno. E allora iniziamo proprio da qui: Tiziano Ferro è felice e ride come mai prima d’ora. Vederlo così, dopo averlo visto perennemente incaz*ato col mondo, è bello.
Ce ne siamo accorti con il ritorno in scena, al momento del rilascio dell’album Accetto Miracoli, e oggi Tiziano ci spiega i passi che lo hanno portato a raggiungere l’agognata serenità e ci sprona a fare lo stesso: il lieto fine esiste, basta volerlo; possiamo cambiare la nostra vita, ma solo rimboccandoci le maniche.
Si racconta a cuore aperto e ripercorre alcuni dei momenti più difficili, ma non tutti, forse solo quei drammi che possiamo considerare affrontati e risolti. Mancano sicuramente le tante polemiche che nel corso degli anni lo hanno travolto, polemiche che lo hanno portato a crescere e, in alcuni casi, a intervenire pubblicamente invitando alla tolleranza e condannando le offese di ogni tipo. Ne è un esempio il monologo a Che Tempo Che Fa contro il bullismo.
Ferro è un’opera che si riferisce ad un pubblico generalista, quello che Tiziano Ferro non l’ha mai seguito con particolare attenzione: fornisce quelle informazioni salienti ma incisive, utili a spiegare, sommariamente, chi sia Tiziano Ferro davvero. Non dimentichiamoci che è una produzione Prime Video e il pubblico di Prime Video cerca esattamente questo.
Ferro si rivolge anche ai fan storici, però, ma in modo completamente diverso. A loro dà qualche spiegazione. Hai presente quando Tiziano Ferro ti sembrava perennemente scaz*ato e incaz*ato con tutti, quando sembrava essere un condannato a morte nonostante i dischi di platino? Bene, c’è una spiegazione. Ferro motiva anche sua “allergia” all’Italia e il bisogno di cercare all’estero il suo angolo perfetto per vivere da persona “normale”.
Mancano dettagli e particolari, non aspettateveli nel documentario su Tiziano Ferro. Forse è giusto che restino appannaggio esclusivo di chi quei momenti li ha vissuti personalmente. Mi sarebbe piaciuto però trovarci le reazioni dei genitori nell’apprendere delle sue dipendenze perché spesso è questo che allontana dall’ammissione del problema: il giudizio degli altri, intesi come le persone che ci stanno più a cuore. Probabilmente, però, Tiziano ai genitori lo ha raccontato soltanto dopo, come del resto avrei fatto io; l’ipotesi è che lo abbia confidato solo in seguito, per questo non si sofferma sul loro supporto.
Autonomo e indipendente economicamente sin dai 20 anni, dai suoi esordi Tiziano ha abbandonato il “nido” familiare, un po’ per necessità lavorative un po’ per bisogno vitale. Ha vissuto a Londra, in Sud America, a Milano e poi negli Stati Uniti e la lontananza fisica dai suoi affetti è stato sicuramente ciò che lo ha spinto a non coinvolgerli troppo nei suoi problemi oltre ad una tendenza caratteriale. Ma la mia amica Barbara mi chiede: “Possibile che nessuno se ne sia accorto? Lui non ne ha parlato spontaneamente ma possibile che nessuno della famiglia si sia accorto del suo malessere?”
La risposta è: Sì, è possibile. Ed è un’attitudine che comprendo e condivido, purtroppo, quella di “voler fare tutto da soli”, di prendere in autonomia la decisione di iniziare un percorso di terapia, fidandosi solo di persone legate al segreto professionale. Questo quindi è anche il racconto di chi ce l’ha fatta, a fare pace con se stesso, senza aspettare di essere salvato dagli altri. A salvarsi da soli ci vuole coraggio ed è la parte più difficile del percorso: Tiziano ce lo ha raccontato nella nostra intervista.
In Ferro mancano canzoni e successi, volutamente: il documentario su Tiziano Ferro non voleva e non vuole avere carattere musicale, né autocelebrativo. Si tratta di una scelta, condivisibile o meno, ma in Ferro non troverete alcun riferimento al disco di diamante di Nessuno è Solo né all’ansia dei concerti negli stadi; non troverete duetti e collaborazioni e neanche riferimenti alle attività promozionali all’estero. C’è qualche immagine della promozione di Xdono in Italia, da TRL a Top Of The Pops, ma solo perché utile ai fini della narrazione.
Manca tutto ciò che sappiamo già a favore di ciò che non sappiamo, una scelta coerente. Non mancano le abitudini di Tiziano in America insieme ai frammenti della sua vita oltreoceano, una vita “normale” che oggi può godersi con suo marito Victor.
Dobbiamo intendere Ferro come una finestra aperta sulla vita (reale) di Tiziano. Parte dalla necessità di raccontare la sua storia a lieto fine ovvero la sua felicità di oggi, spiegando come l’ha raggiunta, come si è riappropriato della sua vita superando la sua stessa mancata accettazione. Gli sporadici e veloci riferimenti al percorso artistico sono presenti in quanto supportano il filo narrativo e danno la possibilità ai fan di curiosare nell’album di ricordi di Tiziano Ferro. Il passato è solo un flashback di cui Tiziano si serve per raccontare i momenti in cui stava male e quelli in cui ha deciso che i suoi demoni li avrebbe affrontati, per sconfiggerli una volta per tutte.
Avrebbe voluto intitolarlo “L’anagramma del mio nome” per dare l’idea dei pezzi sparsi che messi insieme costituiscono la sua vita ma c’era bisogno di un titolo che evitasse traduzioni nelle diverse versioni in lingua.
Ferro, però, suggerisce forse l’idea di un’opera completa. Per questo lo avrei chiamato semplicemente Tiziano Ferro – 40, perché è l’anno dei suoi 40 anni e della felicità finalmente raggiunta, del coronamento del suo sogno d’amore e del superamento di tanti problemi. E questo è ciò che voleva raccontare Tiziano, niente di più, mettendo la sua esperienza personale al servizio degli altri, ancora una volta.
“Qualcuno ti dirà “Pure io” e quel senso di identificazione è curativo”.