Si accende il dibattito sulla riapertura di stadi e scuole. I presidenti spingono per aprire gli stadi al 30 per cento della capienza. Gli scienziati sono, ovviamente divisi, sull’apertura degli stadi. Il Ministro Speranza proclama: “aprire le scuole è più importante che aprire gli stadi”.
Io credo che il proclama sugli stadi del ministro della Salute Speranza sia profondamente sbagliato. Credo che Speranza, il quale si proclama appassionato di calcio, sia tra coloro che lo ritengono il trastullo di pochi milionari viziati e privilegiati. E che pertanto possono continuare a trastullarsi anche con gli stadi chiusi. Al contrario delle scuole indispensabili per il futuro della nazione(leggi di più).
Speranza è profondamente in errore. Sbaglia a bloccare la riapertura degli stadi, i cui cancelli si sono aperti fino ad oggi soltanto a mille invitati. Gli stadi aperti sono importanti tanto e quanto le scuole aperte. Lo sport è agonismo, divertimento ma anche una delle più importanti aziende del Paese. Lo sport garantisce PIL e lavoro ad un milione di persone.
La stragrande maggioranza di questi lavoratori percepisce salari normalissimi a fronte di pochissimi superstipendiati. Con gli stadi chiusi questi lavoratori rischiano di restare senza alcuna remunerazione. Pensate soltanto alle centinaia di persone che lavorano in occasione di un evento sportivo: biglietteria, sicurezza, ristoro, trasporti, manutenzioni, animazione.
Voglio ricordare al Ministro Speranza, ed a tutti coloro che la pensano demagogicamente come lui, quanto l’Economia ed il Lavoro siano tutelati dalla Costituzione al pari della Salute e dell’Istruzione. “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” e gli stadi vuoti rappresentano un gravissimo vulnus a tale diritto.
Naturalmente non sostengo l’apertura indiscriminata degli stadi. Logico e prudente procedere con gradualità, controlli sistematici, rigidi protocolli comportamentali. Con il Covid-19 , anche negli stadi dovremo purtroppo convivere a lungo. Ed il Ministro Speranza deve trovare il giusto equilibrio senza stabilire classifiche e priorità infondate.